Per prima cosa un piccolo sunto dell’evoluzione umana, particolarmente riguardo agli europei:
- 2,5 milioni di anni fa: comparsa dell’Homo habilis in Africa.
- 2 milioni di anni fa: comparsa dell’Homo erectus in Africa.
- 600.000 anni fa: comparsa dell’Homo heidelbergensis in Europa.
- 200.000 anni fa: comparsa dell’Homo neanderthalensis in Europa.
- 200.000 anni fa: comparsa dell’Homo sapiens in Africa.
- Oltre 100.000 anni fa: teoria Out of Africa – L’Homo sapiens esce dall’Africa giungendo in Medio Oriente.
- 50.000 anni fa: L’uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens sapiens) compare in Europa (Cro-Magnon) via Eurasia > Paleolitico superiore.
- 12000 avanti Cristo: compare l’uomo anatomicamente moderno europoide diverso dal cromagnonoide, detto convenzionalmente aurignacoide o capelloide, in Medio Oriente e Nordafrica > Mesolitico.
- 7000 avanti Cristo: diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento dal Medio Oriente > Neolitico.
- 5500 avanti Cristo: nascita della cultura kurganita, protoindoeuropea > Calcolitico (Età del rame).
- 3500 avanti Cristo: Età del bronzo.
- 1200 avanti Cristo: Età del ferro.
Il vocabolo ‘razza’ non è nulla di perverso, criminale e sbagliato. Nonostante gli sforzi per invalidarne l’utilizzo, tale termine conserva la sua scientificità e il suo valore in campo biologico e tassonomico del regno animale. E l’uomo cos’è se non un animale?
Al netto dell’uso politico che ambo le fazioni (razzisti ed antirazzisti) possono farne, ‘razza’ indica, come da dizionario, un complesso di individui appartenenti alla stessa specie, che si distinguono per uno o più caratteri comuni, trasmissibili ai discendenti; per estensione, significa anche famiglia, discendenza, tipo. Ora, volete forse negare le differenze che distinguono le classiche suddivisioni razziali della specie umana (sapiens)? E sottolineo specie, visto che si ama tanto confondere le acque dicendo ‘razza umana’, quando invece è la specie ad essere umana, ossia unica. Tutti gli uomini appartengono al genere umano e alla specie sapiens (ossia all’uomo moderno), ma non appartengono certo ad un’unica razza, che non è un concetto ideologico suprematista e discriminatorio, parlandone in termini scientifici, biologici e anche etnici.
Ad ogni modo, al posto di ‘razza’ (che per certi versi assorbe l’accezione etnica, ossia anche culturale e spirituale, nell’uso comune), si potrebbe tranquillamente parlare di ‘sottospecie’, che volendo è anche più scientifico (sottospecie della specie sapiens).
La razza è un insieme di caratteristiche che si possono, appunto, trasmettere e che sono il risultato dell’eredità genetica, dell’adattamento all’ambiente, di dieta e salute e della selezione sessuale. Chiaro che nessuna razza umana sia magicamente calata dal cielo così come appare, ma sia il frutto della differenziazione geografica, e della separazione plurimillenaria dei continenti, e di differenti processi evolutivi fisici, ed è anche chiaro che le razze possano mischiarsi perché gli uomini appartengono alla medesima specie. Questo, però, non nega il concetto di razza, e nemmeno ne inflaziona l’uso. Basta solo togliersi dalla testa gli stereotipi nazisti, razzisti e suprematisti all’americana, ma anche il non meno pernicioso antirazzismo, che è sottoprodotto pseudo-culturale dell’antifascismo postbellico.
Qualcuno dice che parlare di razze non ha senso perché ce ne possono essere 10 come 1000. Errato: bisogna solo saper distinguere la razza dalla sottorazza e dalle sue varianti fenotipiche regionali, e in questo ci vengono in soccorso l’antropologia fisica e la genetica delle popolazioni. Oltretutto, non va ignorato il possibile contributo di specie arcaiche – come il Neanderthal in Europa – che andrebbe a distinguere ulteriormente i grandi raggruppamenti umani razziali.
Tradizionalmente le razze umane sono tre, sbrigativamente basate sulla pigmentazione della cute: caucasoide, mongoloide, negroide con varie sfumature. Diciamo che, per essere più precisi, le razze umane sono cinque: caucasoide/europoide, mongoloide, amerindioide/indianoide, negroide (congoide + capoide) e australoide con delle ben note ibridazioni. Sono cinque (sei con i capoidi) perché non il pigmento bensì cranio, ossatura, dimensioni fisiche, tratti somatici e morfologici distinguono innanzitutto le varie razze, e pure il timbro di voce, l’odore, gli ormoni. Poi viene certamente il colore. E la genetica, oggi basilare.
A noi interessa, in particolar modo, la subspecies (o razza, appunto) caucasoide, ma non mancheremo di fornire un quadro generale sulla tassonomia razziale umana. Innanzitutto, perché usiamo –oide? Perché, come sappiamo, i caucasoidi (o europoidi) sono eterogenei e al loro interno possono essere da subito isolate le seguenti sub-spp.: europide (gruppo europeo), tauride (gruppo anatolico-caucasico), orientalide (gruppo semitico), irano-afganide (gruppo dell’Altopiano iranico), indide (gruppo indiano). Ci sarebbe anche un gruppo camitico, che va dal Nordafrica al Corno d’Africa, e culmina nel tipo etiopide, il cui statuto è comunque, oggi, ibrido (caucaso-negroide).
La sottospecie caucasoide è caratterizzata da naso stretto, bocca piccola, angolo facciale di 100-90°, ortognatismo, arcata sopraccigliare sporgente, soglia nasale appuntita, zigomi recedenti, cavità nasali a forma di goccia, occhio orizzontale, capelli ondulati dal liscio al ricciuto a sezione ovale (cimotrichi) e pigmentazione cutanea limitata.
Ora ci soffermeremo sulla sub-subspecies che più ci interessa da vicino, che è quella europide. Al suo interno vi sono diversi tipi fisici, fenotipi, che qui esporremo; sono in continuità con gli altri caucasoidi ma l’europeizzazione li ha diversificati, non solo a livello di colorazione. La genetica ha giocato, come è ovvio che sia, un ruolo fondamentale, per quanto il fenotipo non necessariamente coincida col genotipo. Logicamente si parla di differenze meno palesi di quelle che intercorrono con le altre sottospecie/razze.
I principali profili fenotipici europidi sono i seguenti:
Mediterranide – Versione europea del tipo orientalide (semitico). Dolicocefalo, cranio piccolo e basso, viso allungato e stretto, ortognato, naso leptorrino, tratti somatici regolari e delicati, medio-bassa statura, corporatura gracile, pigmentazione scura. Diffusione: penisola iberica, Italia meridionale, Grecia, isole mediterranee, Nordafrica, Asia Minore (ovviamente, in questi due ultimi casi, con pigmento più scuro e spesso incrociato con altro). Nella versione atlanto-mediterranide (Europa sudoccidentale) e pontide (Europa sudorientale), questo tipo è più alto, robusto, chiaro e dai tratti progressivi.


Nordide – Versione nordica del tipo mediterranide. Mesocefalo, cranio grande e di altezza media, viso allungato e stretto, ortognato, mento forte, naso leptorrino, tratti somatici regolari e taglienti, alta statura, corporatura snella, pigmentazione chiara. Diffusione: Nord Europa, nelle varianti celtica (occidentale), Hallstatt (centrale), cordata (orientale). In quest’ultimo caso il tipo sarà dolico-ipsicefalo e dalla corporatura più robusta (affiliato agli invasori indoeuropei della Cultura della ceramica cordata-ascia da combattimento).

Cromagnonoide/paleo-europide – Sopravvissuto del Paleolitico superiore. Dolicocefalo, cranio possente e medio-alto, viso largo, basso e squadrato, mento forte, naso mesorrino, tratti somatici arcaici, statura molto alta, corporatura massiccia, pigmentazione solitamente chiara. Diffusione: nella versione dalo-falide soprattutto Germania centrosettentrionale e Scandinavia, nella versione Brünn, invece, isole britanniche. Esiste anche una varietà cromagnonoide protoindoeuropea, orientale, denominata kurganoide/balto-cromagnonoide. Tipi di ispirazione cromagnonoide, alterati e ridotti, si possono trovare in tutta Europa.

Alpinide – Cromagnonoide fortemente ridotto e fetalizzato di area alpina; esiste anche un ramo alpinoide afroasiatico. Brachicefalo, cranio tondo e basso, viso largo e tondeggiante, mento debole, naso mesorrino, tratti somatici infantili, statura medio-bassa, corporatura tozza, pigmentazione intermedia. Diffusione: Alpi ed Europa centrale, anche alterato da elementi nordidi (sub-nordide), baltidi (goride) o cromagnonoidi (Borreby).

Baltide – Cromagnonoide ridotto e fetalizzato boreale. Brachicefalo, cranio piatto e basso, viso largo, mento debole, naso mesorrino, tratti somatici infantili, statura medio-bassa, corporatura tozza, pigmentazione chiara. Diffusione: Paesi baltici, Fennoscandia, Lapponia, Russia, anche ibridato con elementi lappoidi (ossia dagli influssi mongoloidi).

Dinaride – Versione europea del tipo tauride (anatolico-caucasico) con aggiuntiva commistione cromagnonoide. Brachicefalo, cranio piatto e alto, viso allungato, mento aguzzo, naso leptorrino e convesso, tratti somatici spigolosi, statura molto alta, corporatura ossuta, pigmentazione intermedia. Diffusione: penisola balcanica, Carpazi e Alpi Orientali, a volte alterato da elementi nordidi (noridi).

Riassumendo, ecco una cartina esplicativa sulla diffusione dei tipi fisici europidi:

Una precisazione: il verde scuro atlantide, in questa mappa, allude agli atlanto-mediterranidi depigmentati dell’Europa occidentale, non tanto ai tipi intermedi dell’Europa centromeridionale e orientale (nordo-mediterranidi e nordo-pontidi). Non è una carta precisissima, infatti non distingue i mediterranidi europidi dai mediterranoidi caucasoidi e non rende l’idea delle differenti qualità mediterranidi che separano l’Europa sudoccidentale e centromeridionale (Lombardia inclusa) da quella sudorientale (Italia inclusa), sottostimando l’apporto tauride (più armenoide che dinaride) proprio nel meridione italiano.
Alleghiamo, inoltre, tre mappe antropologiche di Carleton Coon (da cui anche le tavole craniologiche suesposte). Indice cefalico europeo:

Statura media europea (mappa del 1939, precisiamo):

Pigmentazione di capelli e occhi in Europa:

C’è poi la parte sulla genetica delle popolazioni, che non può essere scissa dall’analisi antropologica fisica.
La genetica ci aiuta a collegare il nostro aspetto fenotipico a quello genotipico, che come sappiamo non sempre coincidono.
L’ADN autosomico determina il fenotipo, ma ci sono anche aspetti ambientali, alimentari, evolutivi, selettivi che hanno portato nel tempo ad una modificazione del nostro aspetto, nonostante la base di partenza sia quella dei nostri avi.
Già Cavalli-Sforza osservava come, rispetto agli altri popoli, gli europei fossero geneticamente omogenei:

Da un punto di vista autosomico, ossia se vogliamo etno-geografico, basato sui geni non sessuali, la posizione dei vari popoli europei è la seguente:






Qui interessa soprattutto la situazione “italiana”, esemplificata in particolare dalle ultime due PCA. Come potete notare anche, e soprattutto, la genetica mostra l’inesistenza di un unico gruppo etnico/nazionale italiano dalle Alpi alla Sicilia, con il settentrione della Repubblica Italiana (solitamente rappresentato dal campione accademico bergamasco) che segue l’andamento dell’Europa occidentale (Iberia, Francia meridionale, popoli alpini) e il meridione che finisce accanto ai popoli sudorientali periferici (maltesi, cretesi ed isolani greci, ciprioti ed ebrei “europei”), il cui statuto è una sorta di ibridismo euro-levantino, per lo più antico ma anche recente; Toscana equidistante da Bergamo e mediani, con quest’ultimi più vicini al sud che al nord. Sardegna, come risaputo, isolata e Corsica a metà strada fra Liguria e Toscana, con un discreto influsso di tipo sardo.
Tra Cisalpina e Italia etnica esiste una vera e propria frattura biologica che si fa baratro considerando il sud. Il famigerato cline “italiano” è un mito, sussiste solo una sovrapposizione tra Toscana e Romagna. Ma i toscani sono geneticamente distinti da Umbria, Marche, Lazio.
Quel che distanzia drasticamente l’ambito padano-alpino dalla penisola è tanto antico quanto recente: un Neolitico differente (continentale e arricchito da geni mesolitici al nord, mediterraneo orientale al centro-sud, non senza elementi mediorientali); movimenti anatolico-caucasici tra Rame e Ferro, via Balcani, nel meridione; colonizzazione greca al sud contrapposta al sostrato celtico del nord; flussi migratori levantini in epoca imperiale e post-imperiale a Roma e dintorni e nel mezzogiorno. I genetisti valutano anche l’impatto germanico medievale nelle Lombardie. Aggiungiamoci un residuo nordafricano in Sicilia, dovuto a Cartaginesi e Mori (influsso punico presente anche lungo le coste sarde meridionali). Ciò che più colpisce è come i campioni antichi etruschi (che non erano levantini bensì quasi indistinguibili dagli Italici) e latini ricordino il genoma cisalpino, mentre i Romani dell’Impero, pesantemente mediterranei orientali, siano in linea con i meridionali; lo stesso Lazio moderno è più vicino ai Micenei che ai Latini della Repubblica.
Altresì, nel settentrione della RI vi è maggior quota di geni mesolitici e steppici (recati dagli invasori indoeuropei), senza escludere un eventuale apporto longobardo. Se la cosa è evidente considerando il campione accademico (HGDP) bergamasco, figuriamoci se prendessimo in esame i territori prealpini e alpini occidentali e orientali. La Cisalpina/Lombardia non è solo la Pianura Padana… Il meridione dell’Italia etnica, invece, deve fare i conti con popoli quali Fenici, Punici, antichi Greci di ispirazione minoico-micenea (non continentali), immigrati levantini, Romani imperiali e Bizantini, Ebrei, Arabi, Saraceni. Il MENA, laggiù, è un dato di fatto incontrovertibile – anche se chiaramente non preponderante -, che si riflette sull’aspetto fenotipico.
A titolo informativo riportiamo questa nota mappa genetica “italiana” elaborata da Alberto Piazza e colleghi che mostra in maniera abbastanza eloquente le differenze esposte. Piuttosto annosa, ma indicativa:

Accomunare il cosiddetto nord al cosiddetto centrosud, in nome di un’italianità di cartapesta, è assurdo e ridicolo sotto svariati punti di vista, non da ultimo quello genetico. E non solo perché l’unità biologica ed etnica dei territori dell’attuale Stato italiano non sussiste, ma pure perché lo stesso concetto di “Europa meridionale” è sterminato e arbitrario: nel medesimo calderone mediterraneo finiscono galiziani, occitani, sardi, trentini, siciliani, croati, albanesi, greci continentali, ciprioti e aschenaziti, il che è demenziale.
Riguardo le varie componenti geografiche autosomiche presenti nel nostro ADN, il Dodecad Project, seppure un po’ datato, offre interessanti spunti:

Si basa su alcuni campioni, anche “italiani” come potete vedere (il Bergamo sample è il campione accademico dei settentrionali, come detto), che danno un’idea sulle origini remote degli antenati delle popolazioni moderne. Potrebbero saltare all’occhio la componente West Asian (anatolico-caucasica) e quella SW Asian (mediorientale), ma si tratta fondamentalmente, perlomeno nel caso cisalpino, di arcaici sostrati neolitici e calcolitici entrati nell’Europa centromeridionale con l’espansione dell’agricoltura e della pastorizia. Fra l’altro, genti protoindoeuropee quali gli Yamnaya, i conquistatori steppici dell’Europa, presentavano una mistura di geni mesolitici euro-orientali (EHG) e caucasici (CHG), ed è probabile che il dato West Asian padano-alpino sia dovuto (anche) a loro.
Ecco ora uno studio di Lazaridis et al. 2014, in cui viene analizzata la componente caucasoide/europoide (in azzurro) di varie popolazioni del mondo:

Riguardo invece la linea paterna (ADN-Y) degli europei il quadro è questo:


La situazione è un poco confusa per l’Italia etnica – il che la dice lunga – e nella tabella sotto viene illustrata meglio. La linea R1b, ritenuta a torto non indoeuropea nella prima mappa, prevale, anche se di poco, pure al sud, con l’eccezione di Calabria, Sicilia orientale e Molise:
Ecco la tabella con le percentuali “regionali”, parimenti tratta da Eupedia:

Per quanto concerne invece la linea materna (ADN mitocondriale) degli europei ecco la situazione:

La fa da padrone l’aplogruppo H, originatosi 35.000 anni fa nel Vicino Oriente. Come è facile intuire le donne erano storicamente meno stanziali degli uomini, perché spesso mandate qua e là per sposarsi e vivere in villaggi o località diversi da quelli d’origine, e questa mobilità ha cagionato una maggior dispersione degli aplogruppi mitocondriali, che appaiono più variegati rispetto alle linee paterne, e difficilmente riconducibili a specifici gruppi etnici e/o popolazioni dell’antichità.
In questa tabella una situazione mitocondriale più definita, sempre per la Repubblica Italiana (fonte Eupedia):

Anche in “Italia” predomina nettamente l’aplogruppo H (H1, soprattutto). Bene ricordare che non gli aplogruppi ma l’ADN autosomico, non sessuale, determina il profilo etno-geografico dei singoli e delle popolazioni.
L’apporto genetico indoeuropeo alle terre padano-alpine e italiche può essere quantificato in base alla diffusione delle linee paterne R1b e R1a (e ad altre minori), ad alcuni aplogruppi mitocondriali e alla componente autosomica steppica (Yamnaya), forte nella Padania; invece, la commistione paleolitico-mesolitica dei cacciatori-raccoglitori europei occidentali (WHG) picca in Sardegna e nel settentrione della RI. Si parla, comunque, di contributi di peso inferiore rispetto a quello neolitico (EEF o ENF), anche perché gli indigeni cisalpini e peninsulari, preindoeuropei, risultarono preponderanti, soprattutto nel centrosud. Gli invasori ariani dell’Età dei metalli ci ereditarono la loro linea paterna grazie alla propria forza, inclusa quella riproduttiva; nelle valli bergamasche l’aplogruppo R1b raggiunge oltre l’80%, crollando al 26% in Calabria (stime di Grugni et al. 2018 e Tofanelli et al. 2016). L’R1b “italiano” è prevalentemente U152 (italo-celtico).
Fisicamente, e geneticamente, il picco indoeuropeo in Europa si riscontra nel Nord, in particolar modo ad oriente, grazie alla presenza di fenotipi nordidi, cromagnonoidi e cordati. Ne approfittiamo per ricordare che gli Ariani non sono una creazione hitleriana ma popoli storici parlanti lingue indoeuropee che, partendo dall’area kurganita delle steppe ponto-caspiche, nell’attuale Russia, diffusero la loro cultura, ma anche fenotipo e genotipo: Anatolici (tra cui gli Ittiti), Illiri (da cui, si pensa, l’ethnos albanese), Traci, Daci, Macedoni, Peoni, Balti, Slavi, Germani, Celti, Veneti, Italici (da cui i Latini), Lusitani, Frigi, Armeni, Elleni, Iranici, Indo-Ari, Tocari. ‘Ariano’ deriva dal sanscrito arya e significa ‘nobile, puro’, in riferimento a quelle élite di guerrieri delle steppe che invasero l’India e la conquistarono, sottomettendo i nativi adivasi e dravidici. Devoto ci segnala che tale termine era presente anche presso i Celti d’Irlanda, mentre un altro etnonimo assai popolare era quello portato dagli antichi Veneti (che avevano diversi omonimi in giro per l’Europa).
La Grande Lombardia è dunque un Paese antropologicamente alpinide, dinaride e (atlanto)mediterranide con influssi nordoidi e geneticamente in linea coi valori dell’Europa sudoccidentale (non senza influenza centro-europea, in particolare nell’area alpina). Per converso, l’Italia etnica (salvo la Toscana) si inserisce in un quadro mediterranide (segnatamente orientale), alpinoide e di ispirazione tauride (dinaro-armenoide), coerente con l’aspetto genetico periferico nel contesto dell’Europa sudorientale. Nel meridione si può anche riscontrare la presenza di soggetti estremi per il continente (il mediterranide orientale in parte lo è già) quali i succitati armenoidi, il fenotipo mediterranoide di transizione fra Europa e Nordafrica (saharide), qualche traccia orientalide in Sicilia ed elementi cappadocidi (mediterranoidi anatolici). La Sardegna, infine, è isolata e arcaica, assai affine geneticamente agli agricoltori del primo Neolitico ma con concreti lasciti mesolitici; da segnalare i fenotipi mediterranide classico (occidentale), alpino-mediterranide e il cosiddetto beride, variante mediterranoide contraddistinta da grezzi tratti paleo-europidi. Come si diceva più sopra nel sud della Sardegna esiste un apporto cartaginese.
Per chiudere la questione europide, ecco alcune interessanti mappe antropologiche tratte dalla celebre opera di Ridolfo Livi Antropometria militare, che mettono in evidenza le differenze fisiche degli “italiani”:









Si tratta di carte di fine ‘800, ma che risultano indicative anche per la situazione attuale, soprattutto perché precedenti all’emigrazione sud-italiana nella Cisalpina e nell’Italia settentrionale (Toscana), e allogena in tutto il territorio della Repubblica Italiana, in particolare sempre nelle Lombardie.