Per agevolare le esigenze dei territori è opportuna la suddivisione della Lombardia in entità amministrative superiori, quali i cantoni, e inferiori, quali i comuni. I cantoni sarebbero, a loro volta, suddivisi in distretti, con dei capoluoghi (tra cui, il principale, sarebbe quello cantonale). Mentre i cantoni rappresentano territori omogenei a livello geografico, etnico e linguistico – e aggiungerei, dunque, storico – i comuni rappresentano città o insiemi di paesi rurali accomunati da stesse necessità di gestione. No a cantoni-città di 10.000 abitanti e a comuni da 200 abitanti. Ricordiamo che la capitale amministrativa, economica e linguistica della Grande Lombardia sarebbe Milano, quella morale Pavia, e aggiungiamo che la suddivisione politica della nazione lombarda consterebbe di 14 cantoni della Lombardia etnica a cui ne vanno aggiunti altri 15 del restante territorio cisalpino, raggruppati in 9 regioni create per meri fini statistici e demografici. Le regioni in questione sarebbero: Transpadana occidentale (Insubria), Transpadana orientale (Orobia), Subalpina (Piemonte), Cispadana (Emilia fino al Panaro), Romagna, Liguria, Veneto, Rezia cisalpina (il Tirolo storico), Carnia e Istria.
La capitale (e capoluogo dell’omonimo cantone) Milano, ovviamente, necessita di palingenesi, rappresentata da una massiccia opera di ri-lombardizzazione. Gli altri capoluoghi cantonali dovrebbero essere i seguenti: per l’Insubria, oltre a Milano, Como, Novara, Locarno; per l’Orobia Brescia, Bergamo, Cremona, Sondrio; per il Piemonte Torino, Cuneo, Alessandria; per l’Emilia Parma, Modena, Piacenza; per la Romagna Bologna, Ravenna, Rimini; per la Liguria Genova, Nizza; per il Veneto Venezia, Vicenza, Verona, Belluno; per il Tirolo storico Trento e Bolzano; per Carnia e Istria Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone. Questi capoluoghi rappresentano altrettanti distretti, e sotto di sé ne hanno altri ancora, sicché i territori cantonali sono un insieme di città e paesi coesi da storia, identità cittadina e contadina (dunque comunale), lingua, geografia, cultura ed etnia. Siamo nettamente contrari al mantenimento di regioni e province all’italiana, perché spezzettano il continuum granlombardo/cisalpino e dissipano così l’orgoglio nazionale, fomentando sciocchi egoismi campanilistici, e cioè i regionalismi. Allo stesso modo, condanna di statuti speciali e autonomie regionali: la suddivisione cantonale sarebbe uno strumento blandamente federale, ma la nazione è solo una.
