Tutte le lingue parlate nella Grande Lombardia meritano adeguata tutela e promozione su base locale ma, per semplificare la comunicazione e la burocrazia tra tutti i granlombardi, la soluzione migliore a livello nazionale è eleggere il milanese classico volgare emendato a lingua ufficiale della nostra nazione, per via della sua purezza e della vicinanza all’archetipo padano. No a esperanto in tredicesimi, koinè senza storia, caos dialettale e minestroni multilinguistici alla svizzera (cioè di una patria inesistente). Ne consegue una de-italianizzazione linguistica della Grande Lombardia, attuata mediante il graduale abbandono del fiorentino letterario (l’italiano) e il recupero di ortografia, vocabolario, nomi, cognomi, toponimi originali, nel quadro di una rinnovata lombardizzazione del territorio nazionale. Scuola e università, a supporto di famiglia e comunità, avranno il compito di educare i giovani lombardi all’amore per le lingue della Lombardia, e all’apprendimento del meneghino, assieme alla riscoperta della nostra cultura e della nostra letteratura. L’ipotesi della koinè potrebbe essere valutata soltanto se fondata sul milanese classico volgare emendato, e animata da una spontanea presa di coscienza dei lombardofoni, come progetto di rivitalizzazione della lingua lombarda.
Capiamoci: ad oggi non esiste una lingua lombarda¹, bensì una famiglia linguistica lombarda, che è il gallo-italico, formata dalle diverse lingue lombarde (soprattutto come manifestazione culturale e spirituale della Lombardia etnica). Un tempo esisteva un’unità linguistica lombarda, popolare, che accomunava tutte le contrade padano-alpine, poi spezzata dall’affermarsi, sul continente, del veneziano e dalla diluizione toscaneggiante dei volgari cisalpini, fenomeni che hanno isolato il ladino (romancio, ladino in senso stretto, friulano). Il milanese è il principe degli idiomi lombardi, grazie alla natura linguistica centrale ed incontaminata dell’insubrico e, naturalmente, grazie al prestigio degli autori meneghini, alla codificazione e alla copiosa letteratura. È, insomma, la miglior espressione del mondo galloromanzo cisalpino, detto con il massimo rispetto per gli altri parlari: restante insubrico, orobico, emiliano, piemontese, romagnolo (la famiglia gallo-italica), ma anche ligure, veneto, retoromanzo. Ribadiamo che tutti gli idiomi cisalpini sono degni di salvaguardia ed impiego a livello locale, cantonale, ma serve unità, pure per quanto concerne la loquela, ed è per questo che noi lombardisti optiamo per la favella ambrosiana, assurta al rango di lombardo ufficiale.
¹ Nel Medioevo è esistita una koinè lombarda, padana, ma come volgare illustre, detto anche semplicemente scripta.