40) Tutela della biodiversità

Il sistema capitalista e consumista ha portato alla distruzione di importanti ecosistemi e alla perdita di significativi elementi di biodiversità. In particolare, è fondamentale l’implementazione di un piano efficace per il controllo e l’eradicazione delle specie aliene invasive e per prevenirne ulteriori introduzioni. Altresì necessario un aumento delle aree destinate alla natura selvaggia con la reintroduzione di fauna indigena e scomparsa come bisonti, castori, alci ecc. Il bioma temperato della Grande Lombardia va preservato dall’alterazione dovuta all’immissione di elementi floreali e faunistici alloctoni, cosa che del resto va di pari passo con la tutela dell’elemento etnico e nazionale granlombardo. Il dato esotico rischia di snaturare il vero aspetto ambientale e paesaggistico della Cisalpina, il che è assurdo soprattutto pensando a come le specie aliene siano spesso il frutto di sciocche mode e tendenze esotiche, per stare “al passo” coi tempi. Non pensiamo mai abbastanza a quanto tutto ciò sia deleterio e irresponsabile, poiché distruggere la naturale biodiversità di un luogo implica una gravissima perdita e un’irrazionale gestione del territorio, che non può essere laboratorio per folli esperimenti globalisti.

È indispensabile difendere la nostra terra, che sta subendo quotidianamente un furto insostenibile di preziosissimo suolo per occuparlo con residenze, centri commerciali, capannoni e discariche al punto che in moltissime regioni d’Europa, come già è stato detto, i terreni agricoli non sono sufficienti ad alimentarne gli abitanti. Diventa quindi imperativa la lotta per il salvataggio della biodiversità, che è la più grande ricchezza che possiamo ereditare alle nostre future generazioni di adulti, anche perché profondamente intrecciata con l’ecosostenibilità, l’ambientalismo assennato, l’econazionalismo e la salvaguardia dell’identità territoriale della nazione cisalpina. Non è retorica “xenofoba”, trasportata nel contesto ambientale, ma semplice buonsenso, un ingrediente fondamentale che ormai manca patologicamente nella contemporanea società occidentale. E infatti è la ragione a spingere noi lombardisti alla preservazione a 360° degli aspetti identitari genuini padano-alpini, in un mondo che calpesta e vilipende sistematicamente tutto quello che è frutto di natura e tradizione.

39) Gestione faunistica

Basta ai ricatti degli irrazionali animalisti che impediscono di aggiornare una legge sulla caccia anacronistica. In un ambiente completamente naturale la fauna selvatica si autoregola, ma in ambienti fortemente antropizzati, dove le coltivazioni agricole consentono alle popolazioni di ungulati di esplodere, è necessario intervenire con un opportuno contenimento faunistico. Sì al controllo dei grandi predatori quando perdono il timore dell’uomo o arrecano troppi danni agli allevatori. Nondimeno, occorrono salvataggio e tutela della biodiversità tramite il monitoraggio e l’eradicazione delle specie aliene dannose e l’aumento delle aree destinate alla natura selvaggia. Il sistema capitalista e la società dei consumi hanno portato alla distruzione di importanti ecosistemi e di significativi elementi di biodiversità. Il bioma temperato della Grande Lombardia va preservato dall’imbastardimento esotico di flora e fauna, così come da meticciato e società multirazziale, con tutte le loro ricadute negative su eco- ed etno-sostenibilità. Abbiamo infatti già visto come il peso dell’immigrazione risulti fatale per l’equilibrio, anche ambientale, della nostra società.

La deforestazione, la conversione agricola, l’industrializzazione (con conseguente folle inquinamento) e anche i cambiamenti climatici della Pianura Padana hanno grandemente ridotto la biodiversità floreale e faunistica soprattutto della Lombardia etnica, in particolare la seconda; tra le specie endemiche del bacino padano rimaste meritano menzione i pesci di fiume e lago, come alborelle, barbi canini e padani, lasche, savette, triotti, vaironi, cobiti italiani, ghiozzi padani e la famosa trota marmorata, e un anfibio come la rana di Lataste. Sulle montagne lombarde, tuttavia, si possono ancora trovare lupi, orsi, stambecchi, cervi, caprioli, camosci, cinghiali, lepri, volpi, tassi, ermellini, marmotte, scoiattoli, martore, galli cedroni, sebbene in taluni casi siano stati reintrodotti. Il quadro si completa estendendo lo sguardo all’intera Cisalpina, dove reperiamo anche la vipera walser, il geotritone di Strinati e di Ambrosi, la salamandra (di Lanza e una variante alpina) e soprattutto altri pesci di fiume e lago, quali il ghiozzetto dei fontanili, il carpione del Garda e alcuni tipi di cobite. Sì a caccia e pesca, ma con raziocinio e contro ogni forma di illegalità.

38) Valorizzazione del patrimonio forestale

Troppe foreste delle nostre montagne versano in stato di totale abbandono, lasciando marcire quantità immense di legname che potrebbe invece essere valorizzato sul nostro territorio al posto delle economiche importazioni dal terzo mondo. Bisogna quindi ripristinare una filiera del legno locale con la predisposizione di adeguati incentivi alla selvicoltura autoctona e opportuni dazi alle importazioni dall’estero. Fra l’altro, sarebbe anche il caso di recuperare lo statuto primigenio del bioma lombardo, continentale della foresta temperata, che prevede boschi planiziali a querco-carpineto (farnie, carpini bianchi, frassini, aceri campestri e olmi) in pianura, rovere e roverella sulle Prealpi, assieme al faggio, peccio e larice sulle Alpi. Purtroppo la riconversione agricola, il disboscamento e l’introduzione di specie alloctone (come robinie, ailanti, oleandri, palme) hanno minato le fondamenta del nostro naturale bioma, imbastardendo la flora locale. È davvero un peccato, perché l’estinzione delle specie arboree autoctone comporta una grave perdita di identità paesaggistica, che oggi sopravvive in alcuni scorci come il Bosco Fontana (Mantova) o il Bosco della Mesola (Ferrara).

Certamente, recuperare la dimensione primeva della natura e del paesaggio lombardi comporterebbe un ritrovato contatto da parte dell’uomo lombardo con il territorio, per quanto attualmente sia stravolto dalla globalizzazione. Riprendersi la montagna, le colline, le campagne, i laghi e fiumi, i contadi delle nostre città vorrebbe dire attuare una palingenesi ambientale oggi più che mai necessaria, se davvero vogliamo tornare alla radice delle cose e ri-educare i nostri figli, sempre più corrotti dalla temperie consumistica moderna. Le foreste sono un patrimonio che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti, anche per smetterla una volta per tutte di violentare Prealpi e Alpi, scatenando oltretutto il dissesto idrogeologico e la nota fragilità di alcune delle nostre terre. Difendere l’ambiente significa difendere il nostro futuro, poiché sangue, suolo e spirito sono strettamente interrelati, e non può esserci un domani senza che la sacralità della triade identitaria cardine venga preservata. È un impegno di tutti e per tutti, e l’econazionalismo lo afferma perentoriamente da decenni; anche per questo il lombardesimo unisce l’afflato völkisch, etnicista, all’ambientalismo assennato: eco- ed etno-sostenibilità vanno di pari passo, soprattutto nella Grande Lombardia.

37) Sostenibilità agricola

L’attuale agricoltura convenzionale industriale basata sulla disponibilità a basso costo dei combustibili fossili, sulle lavorazioni intensive, sul depauperamento della fertilità dei suoli, sull’abuso di pesticidi non sarà più sostenibile a breve. Bisogna dunque implementare un sistema agricolo basato sui principi della permacultura che consenta una produzione di cibi genuini e a basso impatto ambientale, garantendo inoltre i migliori parametri di benessere animale. La permacultura (cultura/coltura permanente, perenne), per chi non lo sapesse, riguarda tutte le connessioni tra uomo, cultura e natura, col fine di recuperare la dimensione più intima dell’essere umano grazie anche ad un’agricoltura rinnovata e ad una nuova etica ambientale, che chiaramente noi lombardisti conciliamo con l’etnonazionalismo. Resilienza, prosperità ed equilibrio degli ecosistemi, con un approccio razionale e scientifico che coniughi mirabilmente sangue e suolo, elevando lo spirito radioso indoeuropeo. La permacultura brama un ecosistema agricolo completo, passando per contadinato e allevamento, abbandonando tutti quei mezzi distruttivi che pervertono l’assennato dominio dell’uomo sulla natura. Un dominio costruttivo, volto a controllare e sfruttare senza degenerare nella devastazione dell’ambiente e del paesaggio.

Tutto questo, come abbiamo detto, riguarda anche la cultura, non solo la coltura, proprio perché un’etica seriamente ambientalista (direi econazionalista) si concretizza anche mediante i sacri principi dell’identitarismo etnico, e dunque del comunitarismo. Il nesso tra agricoltura, allevamento, ecosistema, paesaggio antropizzato (sangue e suolo) e dottrina è fondamentale, e permette di comprendere come non possa esistere sangue senza suolo, ma pure suolo – antropizzato – senza sangue. Del resto, lo spirito sorge da questo importantissimo connubio e ribadisce che, soprattutto oggi, l’uomo debba riscoprire e promuovere econazionalismo, ruralismo e comunitarismo. Recuperare la dimensione genuina dell’essere umano, a stretto contatto con la natura, consente di invertire la rotta e di abbracciare eco- ed etno-sostenibilità, staccandosi una volta per tutte dall’abbraccio mortale del sistema capitalista, fonte di ogni guaio che grava sulle spalle dell’Occidente. La sostenibilità agricola, per il tramite della permacultura, deve essere di cruciale importanza, nell’ottica lombardista, perché solo rendendo l’habitat davvero vivibile, salubre, equilibrato e stabile si può garantire alle nuove generazioni un futuro il più possibile roseo.

36) Autarchia e sovranità alimentare

La scarsità di cibo sarà una delle maggiori sfide del futuro. Per questo sono necessarie misure volte a garantire l’autarchia alimentare quali il blocco immediato del consumo di suolo agricolo (l’agrifotovoltaico va fatto sui tetti, non su terreni vergini!) e l’incentivazione alla resilienza delle produzioni agricole. Servono dunque provvedimenti mirati alla tutela dell’agricoltura tramite il citato blocco del consumo di suolo, il ritorno ad un’agricoltura naturale – sostenibile nel tempo – e il raggiungimento di un’autarchia alimentare almeno dell’80%. Va garantito cibo sano e sicuro per noi e i nostri figli, senza compromessi, puntando su chilometro zero e biologico (a patto che non sia sciocca moda per borghesi alternativi). Anche la zootecnia deve sbarazzarsi dei metodi industriali ed intensivi dell’allevamento tradizionale, ne va della nostra salute. Lo sviluppo delle masse urbane comporta un’inevitabile alienazione dalla natura portando l’uomo a sviluppare assurde astrazioni che lo fanno credere un essere estraneo alla natura e alle sue leggi. Per evitare di superare il punto di non ritorno è fondamentale invertire la rotta e cessare di alimentare il circolo vizioso a cui il capitalismo dà vita.

Il grande capitale è, infatti, il nostro peggior problema, poiché sta alla base di ogni guaio contemporaneo; parlando di natura, ambiente e paesaggio è il responsabile dell’industrializzazione selvaggia, dell’inquinamento, della cementificazione, della deforestazione e del disboscamento e dell’inurbamento incontrollato. Il maligno concetto di crescita, ovviamente illimitata, ha appestato le menti degli occidentali, e lo si vede benissimo nella stessa valle del Po, dove dilaga lo smog e l’aria si fa insalubre. Per non parlare delle acque. Tutto questo ha ovvie ricadute sull’agricoltura e l’allevamento, e dunque sulla qualità del cibo, in uno scenario che avrebbe grandemente bisogno di una palingenesi anche sotto il profilo delle politiche agricole e ambientali. Il medesimo concetto di autarchia è fondamentale: lo sterminato spazio euro-siberiano è la culla ideale di un ritrovato preservazionismo, grazie al quale sia possibile fronteggiare le minacce dei nemici della razza europide e promuovere un concetto salutare di sviluppo, che tenga conto di etno- ed eco-sostenibilità. Per avere sufficiente peso geopolitico e autarchia sulle materie prime, fondamentali per ottenere i componenti per le tecnologie di produzione dell’energia, il progetto dell’Euro-Siberia è più che mai attuale, e basilare.

35) Educazione ambientale, ecologica e rurale

L’alienazione dei moderni uomini di città sta creando una massa di morti viventi completamente estraniati dalla realtà biologica. Il contatto con l’ambiente rurale permette di ritrovare la dimensione naturale dell’uomo, promuovendo la riscoperta di valori e virtù oggi dimenticati per far spazio al feticcio di un finto progresso. L’uomo ha plasmato la cultura e la civiltà ma non è un essere estraneo alla natura e alle sue leggi. Solamente la vita in un ambiente rurale consente il contatto diretto e costante con la natura stessa, necessario per l’acquisizione delle virtù di ragionevolezza, stabilità emotiva, onore, virilità, autostima, coraggio e integrità morale. Per fare ciò è indispensabile difendere la nostra terra, che sta subendo quotidianamente un furto insostenibile di preziosissimo suolo per occuparlo con nuove residenze per immigrati, centri commerciali, capannoni e discariche al punto che in moltissime regioni d’Europa i terreni agricoli non sono sufficienti ad alimentarne gli abitanti. Inoltre, la moderna agricoltura convenzionale basata sull’uso di sostanze di sintesi sta distruggendo la fertilità naturale del suolo agricolo compromettendo quindi la sicurezza alimentare delle future generazioni.

Servono eco- ed etno-sostenibilità, per combattere l’estraniazione delle masse urbane, il cui sviluppo ipertrofico è nemico del paesaggio lombardo incontaminato. Fondamentale è la lotta alla sovrappopolazione, una delle peggiori piaghe della Grande Lombardia. La densità demografica della nazione lombarda è di circa 220 ab./km², un altissimo sovrappopolamento, con esiziali ricadute su comunità e ambiente; situazione ancor più drammatica se consideriamo la Lombardia etnica, basti pensare alla spaventosa densità dell’attuale Regione Lombardia, 418,85 ab./km²! I milioni di allogeni dilagati nel territorio cisalpino hanno drasticamente peggiorato un quadro già di per sé (in talune aree) problematico. Altresì, nell’ultimo secolo, la cementificazione selvaggia, l’inquinamento da terzo mondo, la bomba demografica alloctona e l’avanzata dilagante di specie aliene dannose stanno trasformando il paradiso che tanto amarono i nostri avi in una sorta di immensa fogna maleodorante. Diventa quindi imperativa la lotta per il salvataggio della biodiversità, che è la più grande ricchezza che possiamo ereditare alle nuove generazioni.

34) Educazione ad un corretto stile di vita

Salvaguardia della salubrità del proprio ambiente, dell’alimentazione e dello stile di vita, presupposto alla base della salute di ogni persona, controllabile dall’individuo stesso: cruciale importanza va data all’opera di educazione e sensibilizzazione di tutta la popolazione, col fine di far comprendere ai membri della comunità nazionale che sono i principali responsabili del proprio stato di salute (a tutto vantaggio, così, anche della sanità pubblica). Dovrebbe essere poi palese che, in quanto persone razionali, siamo fermamente contrari all’uso e alla legalizzazione delle droghe pesanti e leggere (tabacco incluso) nonché all’abuso di alcol. Educare ad un corretto stile di vita è anzitutto compito della famiglia e della comunità, ma poi anche della scuola, del mondo del lavoro, dello Stato stesso. La Grande Lombardia, purtroppo, è inserita nel mondo occidentale, il che comporta l’adozione di usi e costumi, e mode, spesso e volentieri contrari al buonsenso e ad una condotta sana, a partire dalla propria dieta.

Cibo spazzatura, tabacco, alcol, droghe, uniti ad una vita sedentaria e stressante in città tentacolari, inquinate e cementificate ossessivamente, mettono duramente a repentaglio la salute, soprattutto dei più giovani, che troppo spesso adottano mode e stili di vita distruttivi, ispirandosi alla Babilonia d’oltreoceano. Naturalmente è la persona medesima che dovrebbe condurre un’esistenza il più sana possibile, rinunciando al vizio e condannando tutto quello che avvelena corpo e mente, ma la comunità, rappresentata da uno Stato che sia degna espressione della nazione, ha il diritto e il dovere di ergersi a modello, soprattutto per educare i più giovani, ma anche per rieducare gli adulti dando il buon esempio. Bisogna capire che il vizio non ricade soltanto sul singolo ma anche sulla stessa popolazione, chiamata a pagare e rimetterci per colpa dell’individuo poco virtuoso. Adottare una vita sana è nell’interesse di tutti, e in questo senso non si tratta soltanto di cibo, alcol o sostanze ma pure di praticare attività fisica, recuperare il contatto con la natura e vivere esistenze virtuose ispirate ai valori e ai principi dell’etno-razionalismo lombardista.

6 novembre 2013 – 6 novembre 2023: buon decennale, Grande Lombardia

Oggi, 6 novembre 2023, l’associazione politica Grande Lombardia compie 10 anni. Fondata il 6 novembre 2013 in quel di Pavia, capitale morale granlombarda, da Paolo Sizzi, Adalbert Roncari, Achille Beltrami, Alessandro Poggi e Ludovic Colomba, è l’unico movimento etnonazionalista panlombardo mai esistito, in quanto espressione politico-ideologica del lombardesimo. Esso è l’etnonazionalismo lombardo, naturalmente comunitarista ed indipendentista, plasmato da Paolo Sizzi a partire dal 2006, e irrobustito nel 2009 grazie alla collaborazione con Adalbert Roncari; lontano dal leghismo, è un’ideologia rivoluzionaria che coniuga mirabilmente i dettami völkisch con quelli indipendentisti, non per teorizzare fantomatiche Padanie, bensì per affrancare il sentimento nazionale di una vera nazione storica, quale è la Grande Lombardia. E il movimento che ne porta il nome, Grande Lombardia appunto, è l’erede del Movimento Nazionalista Lombardo, nato nel 2011 e disciolto nel 2013, il cui campo privilegiato era rappresentato dalla Lombardia etnica, che è il fulcro padano-alpino della patria cisalpina. Ancor oggi, Grande Lombardia riconosce una sorta di primato identitario alla Lombardia etnica, ma senza trascurare i restanti territori granlombardi, anch’essi parte della nostra nazione storica.

In questi anni GL è stata poco attiva, anche perché nel frattempo Sizzi ne era uscito per tentare una conciliazione tra lombardesimo ed etnofederalismo italico. Col ritorno del Nostro alle sue posizioni etnonazionaliste e lombardiste di partenza, l’associazione – da lui idealmente mai abbandonata – ha ricevuto nuova linfa vitale. Novelle sfide ci attendono e per il solstizio d’inverno 2023, capodanno astronomico a poca distanza dalla data intermedia del decennale, grandi novità si prefigurano. L’impegno di Grande Lombardia è quello di affrancare il sentimento nazionale panlombardo, cercando di operare non solo sulla rete ma anche nel concreto, nella vita di tutti i giorni. Anche per questa ragione il disegno lombardista presuppone militanza sul territorio e proposte identitarie di alto profilo che coinvolgano tutti i lombardi, a partire dai più giovani. Vogliamo evitare smargiassate, ma certamente la volontà è quella di darsi da fare in maniera più tangibile, per quanto la nostra presenza su internet sia fondamentale. Ma dal ritrovato sodalizio fra Paolo Sizzi, Adalbert Roncari e altri, fra cui Alessandro Cavalli, la rinascita del lombardesimo militante è cosa fatta, perché Grande Lombardia è il vero punto di riferimento politico-ideologico e culturale nel panorama cisalpino e alla luce di ciò intendiamo scendere nuovamente in campo per il bene della nostra unica nazione, la Lombardia.

 

Dal Monviso al Nevoso, dal Gottardo al Cimone

 

Salut Lombardia!Â