45) Vera libertà della ricerca

La ricerca scientifica di base è un elemento imprescindibile per sostenere il miglioramento della conoscenza e della qualità della vita nel tempo. Essa deve essere adeguatamente finanziata e sostenuta, anche con incentivi che inducano i giovani a scegliere percorsi di studio scientifici. Tutto questo sarà però effimero finché la scienza non potrà finalmente esprimersi liberamente, essendo oggi costretta a seguire i diktat delle lobby di influenza mondialista, che non si fanno certo scrupoli nel ricattare gli scienziati per garantire la loro posizione di rendita e il perseguimento della loro agenda. Sono svariate le tematiche in cui detta legge, come oppressiva cappa di oscurantismo (ben poco razionale e scientifico!), il cosiddetto politicamente corretto, a cui il mondo accademico non si sottrae per pura convenienza: l’esistenza delle razze umane e delle loro differenze in termini anche biologici (che non è razzismo, peraltro), le differenze tra maschi e femmine, lo statuto dell’omosessualità e delle disforie di genere, l’ideologizzazione dello stesso concetto di genere, la correlazione tra razze e capacità logico-matematiche, la condizione dei disabili, la gestione delle pandemie e così via.

Chiunque esca dal conformistico percorso tracciato dal pensiero dominante, che è unico in Occidente, viene estromesso dalla comunità scientifica e stigmatizzato come reprobo (ed è già accaduto, anche in casi illustri), affinché soccomba di fronte all’omologazione antifascista e antirazzista che vige in campo accademico. Ormai si è passati da un estremo all’altro: se un tempo razzismo e suprematismo erano la regola, oggi siamo impelagati nell’esatto contrario, e guai a chi osa ribellarsi. Tant’è vero che esistono perfino leggi che sanzionano la libertà d’espressione, e dunque anche la libertà di una ricerca che sia svincolata dal volere dei più ricchi. Questo fa comprendere con che mondo, uno scienziato davvero libero, debba avere a che fare, e perché la stragrande maggioranza degli uomini di scienza sia standardizzata e obbedisca ai dettami che piovono dall’alto, pena la demonizzazione e la criminalizzazione che colpiscono chi esce dal gregge. Noi lombardisti siamo, dunque, a favore della piena libertà della ricerca scientifica, e di conseguenza alla condanna di tutto quel ciarpame pseudoscientifico che viene promosso dall’ideologia liberal e woke.

44) Aiuti di Stato

Aiuti mirati e ben congegnati destinati al settore secondario e terziario affinché siano assistite quelle aziende che decidono di abbandonare la prospettiva del mero profitto, e del “basta tirare avanti”, per agire in maniera eticamente responsabile, seguendo un percorso di continua innovazione nel segno della sostenibilità. Non è desiderabile, inoltre, lasciare carta bianca agli agenti economici; piuttosto occorre sviluppare una salda rete di alleanze europee che puntino al raggiungimento di una buona autarchia economica a livello continentale (senza rinunciare alla propria sovranità nazionale, ovviamente). Tutto questo è necessario e cruciale per sanare i numerosi casi di fallimento del mercato, sottraendo i destini di industrie, aziende, banche, enti, attività commerciali – soprattutto di importanza fondamentale per la nazione – alle grinfie della finanziocrazia apolide e internazionale. Non deve più sussistere una dittatura del libero mercato, e anche per questo siamo fortemente a favore di rilevanti misure protezionistiche, volte alla tutela del lavoro e dei lavoratori indigeni, ostaggio dei pescecani.

Da sempre contrari a liberalismo e liberismo, vediamo il concretizzarsi dell’ideale lombardista nelle politiche del comunitarismo, del socialismo nazionale, del protezionismo, ricorrendo a dazi e nazionalizzazione, e naturalmente ad un salutare isolazionismo nei riguardi dell’America, delle aggressive economie emergenti, del terzo/quarto mondo. Crediamo, viceversa, nel concetto di Euro-Siberia, come sterminato spazio intercontinentale destinato alla razza europide, alla sua vitalità, alla sua sopravvivenza e alla necessaria autarchia atta a consentire ai nostri popoli un salutare connubio di tradizione e innovazione nel rispetto dell’ambiente naturale. Lo Stato granlombardo avrebbe così la possibilità di assurgere a modello comunitarista, fondato sull’etnia cisalpina, contrapponendosi non solo alle realtà giacobino-massoniche ottocentesche come l’Italia ma anche agli agenti internazionalisti che puntano a distruggere identità, sovranità e autorità delle vere nazioni in nome dell’imperialismo unipolare americano (e di tutti i suoi reggicoda, dalla Ue alla Nato). E sia chiaro: ci opponiamo all’assistenzialismo, perché famiglie e giovani bisognosi vanno aiutati, ma in un percorso di responsabilizzazione e di autodeterminazione.

43) Efficienza pubblica

Raggiungimento di una soddisfacente efficacia ed efficienza dei servizi erogati dallo Stato, archiviando una volta per tutte la fallimentare esperienza della Repubblica Italiana; per usare una battuta, Roma impone tasse “svedesi” in cambio di servizi “albanesi”, martoriando le finanze dei lombardi per poi beffarli con un terziario modellato sulle disfunzioni dell’Italia etnica. L’importanza di un’industria sana e robusta in un’economia moderna è fuori discussione, così come è ineccepibile che anche i servizi debbano essere efficaci ed efficienti. Tuttavia, l’evidenza empirica ci insegna che non è desiderabile lasciare carta bianca agli agenti economici. Noi insistiamo molto sulla necessità di voltare finalmente pagina, ponendo termine alla disavventura tricolore della Lombardia. Questo perché granlombardi e italiani (e sardi) sono popoli diversissimi ed incompatibili, che non possono coabitare armoniosamente sotto lo stesso tetto politico, e infatti lo Stato italiano ha inanellato tutta una serie di disastri che testimoniano l’inanità dell’unità pseudo-italica. Tempo di riconoscerlo e di agire di conseguenza, garantendo la libertà e la sovranità alle genti cisalpine.

Chiaramente, la Lombardia è figlia di una civiltà differente, rispetto all’Italia propriamente detta, ed è di certo una nazione retta, virtuosa, ordinata, plasmata da secoli di buongoverno preunitario e da potentati espressione del popolo lombardo. Innaturale tenerla forzatamente collegata ad un mondo agli antipodi, quello puramente mediterraneo (con sfumature spesso levantine), anche perché la Padania gravita, da sempre, attorno all’Europa centrale, piuttosto che a Roma. Ciò non significa che siamo francesi e/o tedeschi di serie B, ma che siamo il naturale tramite fra Mitteleuropa e sud continentale, discendenti di popoli antichi del tutto diversi se raffrontati alle realtà etniche italiche. Questo va detto non per razzismo o discriminazione, ma perché amiamo la verità e riconosciamo, di conseguenza, che il destino di lombardi e italiani non deve più procedere di pari passo, pena gli sfracelli che accompagnano l’Italia politica contemporanea da quando è nata. Riconoscere, con serenità, che le nostre strade devono separarsi è segno di maturità, serietà e razionalità, con la consapevolezza che gli stessi atavici problemi della penisola (quella vera) possono essere risolti staccandosi dal cordone ombelicale padano-alpino. La storia parla chiaro.

42) Trasporti

Sviluppo di moderni ed efficienti sistemi di trasporto pubblico basati sulla rete ferroviaria e ripristino della tipica rete lombarda di canali navigabili, per il rilancio del trasporto fluviale (anche dello stesso Po, che del resto è l’arteria vitale della Grande Lombardia). Argine al traffico su gomma e alla costruzione di dannose autostrade. Il settore aeronautico, come quello automobilistico, ha una resa energetica problematica, per via dei grandi costi. L’utilizzo dell’automobile come principale mezzo di trasporto nel lungo periodo non è sostenibile per i grandi costi energetici, appunto, che questo sistema richiede. Discorso ancora più marcato va destinato al settore aeronautico, come accennato, che ha una resa energetica ancora peggiore di quello automobilistico. Si dovrebbe quindi smettere di incentivare con fondi pubblici i produttori automobilistici e la costruzione di dannose autostrade puntando, viceversa, sullo sviluppo di efficienti e moderni sistemi di trasporto pubblico, ricordato in apertura. Dobbiamo anche considerare che il traffico su gomma, soprattutto di mezzi pesanti (sovente stranieri), ha ricadute alquanto negative sull’ambiente, e quindi sulla salute, ed è spessissimo causa di incidenti mortali.

Noi lombardisti non avversiamo lo sviluppo e il progresso (positivo), anche perché ricorriamo al trasporto pubblico, e privato, e usufruiamo di tutte le infrastrutture, ma va da sé che l’innovazione debba rispettare la natura, il popolo, la salute di uomo e animali (che sono fonte di cibo). Per tale ragione crediamo fermamente nel rilancio della navigazione del Po, dei suoi fiumi e dei suoi canali, come da tradizione, perché è una ricchezza straordinaria mai abbastanza sfruttata; il futuro deve essere all’insegna di una forma di sviluppo che sappia garantire risultati ed efficacia ma che al contempo non calpesti l’ambiente e chi lo abita, perché altrimenti non sarebbe più possibile sopravvivere. Innovazione e tradizione vanno di pari passo, nell’ottica di una Padania eco- ed etno-sostenibile dove la demografia sia certamente monitorata ma anche incentivata, qualora si tratti di famiglie autoctone. Come ormai sapete siamo per una popolazione massima sostenibile e, dunque, per una densità demografica massima sostenibile, al fine di garantire autarchia, benessere alimentare e superficie adeguata di aree selvagge destinate alla biodiversità. Le cifre sono al ribasso (tra i 5 e i 10 milioni di abitanti indigeni, più verso la prima stima) ma, d’altra parte, il rischio di alzare l’asticella è quello di dover mangiare solo polenta, pane e verdure, senza prodotti animali. Il che non sembra una bella vita…

41) Energia

Combinazione di sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e sostenibili (non semplicemente alternative, come gli scisti bituminosi) e riduzione degli sprechi e delle inefficienze del consumo. No al nucleare a fissione e al ritorno al carbone: soluzioni effimere (vedi penuria di uranio) e dall’impatto ambientale devastante (vedi problema, tuttora irrisolto, della gestione delle scorie radioattive). Il superamento del picco di estrazione del petrolio, seguito dal picco di estrazione del gas naturale, saranno un problema concreto, negli anni a venire. Quest’ultima questione, cioè il superamento dei picchi di estrazione di petrolio e gas, per il momento potrebbe sembrare una problematica di poco momento, ai più, ma a breve rischia di divenire il principale problema che l’umanità dovrà affrontare, dando vita ad una crisi politica ed economica mai vista prima. La soluzione dell’energia nucleare, oltre che pericolosa, è poco concreta, poiché le riserve di uranio sono sufficienti giusto per qualche decennio. E l’ipotizzato ritorno al carbone, propugnato da alcuni soggetti squinternati, potrebbe sicuramente garantire energia per un secolo o due ma avrebbe un impatto ambientale, come ricordato, a dir poco devastante.

Qualcheduno potrebbe avere da ridire, obiettando che il ripudio del nucleare (di tanto in tanto si parla di nucleare ecologico e “pulito”, ma resta la grana delle scorie) ci farebbe dipendere dagli stranieri, come già accade alla Repubblica Italiana, ponendo una questione di sovranità energetica. Noi rispondiamo che, in teoria, col fotovoltaico, le biomasse e la riduzione della popolazione presente sul territorio granlombardo – mediante rimpatri degli allogeni e una decrescita ragionata, che ponga rimedio alla sovrappopolazione cisalpina senza, naturalmente, arrivare ad una drastica denatalità indigena – avremmo autarchia energetica; certamente, rimane il fatto che, attualmente, non abbiamo autarchia sulle materie prime o sui componenti per le tecnologie di produzione dell’energia. In questo senso conviene pensare, come già abbiamo più volte rammentato, all’Euro-Siberia, e cioè allo sterminato spazio intercontinentale destinato alla vitalità e alla prosperità della razza europide, che ci consentirebbe di avere sufficiente peso geopolitico e l’agognata sovranità autarchica sulle materie prime. Il tutto garantendo anche benessere alimentare e superficie adeguata di aree selvagge destinate alla biodiversità, ricchezza di cui abbiamo immensamente bisogno.