42) Trasporti

Sviluppo di moderni ed efficienti sistemi di trasporto pubblico basati sulla rete ferroviaria e ripristino della tipica rete lombarda di canali navigabili, per il rilancio del trasporto fluviale (anche dello stesso Po, che del resto è l’arteria vitale della Grande Lombardia). Argine al traffico su gomma e alla costruzione di dannose autostrade. Il settore aeronautico, come quello automobilistico, ha una resa energetica problematica, per via dei grandi costi. L’utilizzo dell’automobile come principale mezzo di trasporto nel lungo periodo non è sostenibile per i grandi costi energetici, appunto, che questo sistema richiede. Discorso ancora più marcato va destinato al settore aeronautico, come accennato, che ha una resa energetica ancora peggiore di quello automobilistico. Si dovrebbe quindi smettere di incentivare con fondi pubblici i produttori automobilistici e la costruzione di dannose autostrade puntando, viceversa, sullo sviluppo di efficienti e moderni sistemi di trasporto pubblico, ricordato in apertura. Dobbiamo anche considerare che il traffico su gomma, soprattutto di mezzi pesanti (sovente stranieri), ha ricadute alquanto negative sull’ambiente, e quindi sulla salute, ed è spessissimo causa di incidenti mortali.

Noi lombardisti non avversiamo lo sviluppo e il progresso (positivo), anche perché ricorriamo al trasporto pubblico, e privato, e usufruiamo di tutte le infrastrutture, ma va da sé che l’innovazione debba rispettare la natura, il popolo, la salute di uomo e animali (che sono fonte di cibo). Per tale ragione crediamo fermamente nel rilancio della navigazione del Po, dei suoi fiumi e dei suoi canali, come da tradizione, perché è una ricchezza straordinaria mai abbastanza sfruttata; il futuro deve essere all’insegna di una forma di sviluppo che sappia garantire risultati ed efficacia ma che al contempo non calpesti l’ambiente e chi lo abita, perché altrimenti non sarebbe più possibile sopravvivere. Innovazione e tradizione vanno di pari passo, nell’ottica di una Padania eco- ed etno-sostenibile dove la demografia sia certamente monitorata ma anche incentivata, qualora si tratti di famiglie autoctone. Come ormai sapete siamo per una popolazione massima sostenibile e, dunque, per una densità demografica massima sostenibile, al fine di garantire autarchia, benessere alimentare e superficie adeguata di aree selvagge destinate alla biodiversità. Le cifre sono al ribasso (tra i 5 e i 10 milioni di abitanti indigeni, più verso la prima stima) ma, d’altra parte, il rischio di alzare l’asticella è quello di dover mangiare solo polenta, pane e verdure, senza prodotti animali. Il che non sembra una bella vita…