48) Bioetica

Aborto consentito in casi di stupro (allogeno, in particolare), pericolo di vita della madre, anomalie gravi del feto. Eutanasia consentita nei casi irreversibili, laddove una vita normale sia compromessa e il malato sia terminale o in stato vegetativo. Serve una forma di razionalismo bioetico, rispettoso della sensibilità religiosa ed individuale ma dotato di robusto buonsenso, giustificato dalla lucidità scientifica. Siamo nettamente ostili ad una bioetica asservita al mercato e al capitalismo, che riduce la vita umana (surrogata e manipolata in laboratorio) ad oggetto di consumo e capriccio borghese; aborto ed eutanasia possono essere giustificati dal bene supremo, che è quello della comunità nazionale, e naturalmente da casi limite, ma in nessun modo devono venire sdoganati se impiegati per becero individualismo e se, dunque, non sono strettamente necessari e umanamente comprensibili. Viviamo in un mondo occidentale in cui ormai queste pratiche vengono servite sul comodino ed il confine tra aborto ed omicidio, ed eutanasia e suicidio è davvero molto labile. Noi siamo assolutamente contrari alla macelleria di laboratorio e, di conseguenza, a mezzi terapeutici piegati al volere del singolo scriteriato o, magari, di uno Stato che ha perso di vista l’etica.

Il razionalismo, che ispira la dottrina lombardista, implica che la vita vada vissuta se degna di essere vissuta. Qualcuno potrebbe chiederci chi decide quando essa sia degna o indegna; ebbene, la risposta più naturale è sempre quella dettata dal benessere comunitario, unito a quello dell’individuo: una vita è degna di essere vissuta quando non diviene un doloroso fardello per sé e gli altri, e quando non si trova a doversi misurare con una condizione irreversibile. Capiamoci, noi lombardisti non siamo a favore di soluzioni coatte, da parte dello Stato, ma sarebbe bene che l’entità statuale guidi, con la propria saggezza, le decisioni di una famiglia che si trovi alle prese con casi disperati. In questo senso la legalizzazione dell’eutanasia non sarebbe una bestemmia, perché ispirata al bene della collettività, ma anche al sollievo della famiglia e del malato. E lo stesso discorso vale per l’aborto: va legalizzato, e caldeggiato, quando non diviene strumento di scelleratezza anarco-individualista ma, al contrario, si fa pratica sanitaria razionale e votata al comunitarismo. Insomma, sì alla scienza (non allo scientismo), ma uno stentoreo no alle derive in stile radical-pannelliano e femminista.

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