Per l’indipendenza della Grande Lombardia

Qualcuno mi chiedeva un commento circa il primo sì all’autonomia differenziata, recentemente passato al Senato; si attende ora il voto alla Camera. E, già qui, stiamo parlando di apparati dell’entità italiana. L’ennesima trovata propagandistica della Lega, dopo secessione, devolution, federalismo solidale, sembra riscuotere successo anche presso alcuni indipendentisti lombardi, che vedono in essa un tentativo di disgregazione della compagine tricolore, forse dimentichi dei trascorsi “padani”. Ben sapendo che ogni iniziativa volta a fiaccare – seriamente – il nazionalismo e l’unionismo italiani va accolta positivamente, resta però il fatto che la Lega (ex) Nord è membro di un governo capeggiato dalla destra italianista, che farebbe di tutto per ostacolare un razionale identitarismo cisalpino. Ma, allo stesso tempo, la medesima Lega a trazione salviniana ha in non cale il nazionalismo etnico panlombardo, digiuna com’è di principi völkisch, e forse ci si scorda che il declino leghista comincia proprio col secessionista (a parole) Bossi. Mica col “capitano”, che è stata la logica conseguenza dei fallimenti del genio di Cassano Magnago. Non è la prima volta che via Bellerio propone soluzioni volte al decentramento, ma al di là del loro successo o meno sorge un interrogativo: i leghisti hanno a cuore l’identità nazionale padano-alpina o soltanto i danari? La sensazione è che nemmeno sappiano dove stia di casa la prima, zavorrati come sono di retorica patriottarda da Libro Cuore.

L’autonomia riguarda le regioni create da Roma, come la stessa “Lombardia”, e cioè vuoti contenitori privi di vera connotazione etnoculturale, non a caso targati tricolore. Qui bisogna capire che non abbiamo bisogno di autonomismi, regionalismi, campanilismi che spezzano l’unità etnonazionale della Grande Lombardia – peraltro motivati, appunto, da questioni fiscali – bensì di coesione, unione, spirito comunitario che vadano oltre il dato economico, per quanto importante. Non esistono regioni settentrionali (nord di cosa, oltretutto?), esiste la Lombardia etnica e storica, che abbraccia l’intera Padania. I pannicelli caldi leghisti li lascio a chi ormai, da decenni, è parte integrante del sistema italiano e delle sue disfunzioni, perché la Lega è ascaro di quello che simpaticamente chiamo fascio-terronismo. Non aspettatevi nulla di buono da chi, per sopravvivere, ha imparato il mestiere del romanissimo voltagabbana, perché sarà sempre schierato con il mortale avversario della libertà cisalpina. L’autonomia differenziata sarà anche un colpo al centralismo italico, che tanto irrita i progressisti e i patrioti ausonici (ma, dopotutto, è il solito teatrino alla romana), ma alla (vera) Lombardia serve ben altro, e solo il lombardesimo può assicurarglielo. Che poi, il problema non è il centralismo romano: è Roma, e dunque l’Italia. Vera identità, vera tradizione, vero nazionalismo in nome delle nostre radici e dei nostri padri, di questo abbisogniamo. Ché del regionalismo tricolore, dei baracconi politico-amministrativi plasmati da Roma, del cialtronesco autonomismo governativo il lombardista non sa che farsene.