La guerra è sempre una tragedia e non può venire concepita come una partita di calcio, dove chi non è coinvolto parteggia per l’uno o per l’altro dei contendenti, comodamente seduto in poltrona. La tentazione contraddistingue tutti gli “italiani”, che si dividono in fautori di Putin o in tifosi di Zelensky, ovviamente con riferimento alle ostilità d’Ucraina, principiate nel febbraio di due anni fa. Ma è meglio lasciar perdere le partigianerie, per concentrarsi su ciò che davvero rappresenta il conflitto tra Russie, vale a dire una sonora sconfitta per l’Europa e la sua civiltà. Una civiltà che, certo, si è costruita anche grazie alle guerre ma che nel 2024 dovrebbe riconsiderare la fratellanza tra europidi, nel solco del disegno euro-siberiano, che il lombardesimo ha molto a cuore.
I contemporanei conflitti fra popoli assai simili e compatibili, come russi e ucraini (membri della medesima famiglia rus’, slava orientale e steppica, assieme alla Bielorussia), non fanno il bene dell’Europa, bensì dei suoi nemici. Il sangue bianco che scorre a fiumi è il fallimento del progetto imperiale eurusso, che chiaramente contempla la Russia moscovita come parte integrante dell’Europa e della sua opera di civilizzazione. I russi sono europei, quanto ucraini e bielorussi, e per certi versi esiste una sola Russia, sino agli Urali, che affratella Mosca, Kiev e Minsk: un’unica grande nazione, che comunque sia abbisogna di una razionale suddivisione.
La guerra contrappone, dunque, due realtà similari, parlando del fulcro etnico; tuttavia, c’è da dire che la Federazione Russa comprende anche minoranze non europidi, il che comporta perdere di vista la natura schiettamente etnica del contesto moscovita. Lo si vede, del resto, anche in Ucraina, dove l’esercito russo manda in prima linea la carne da macello mongola e caucasica (buriati e iacuti nel primo caso, ceceni e daghestani nel secondo), peraltro responsabile di atrocità contro la popolazione indigena ucraina. E questo, certamente, depone a sfavore della Russia putiniana, che ha in non cale etnia e razza al punto di vedere nemici nei simili ruteni e amici nelle minoranze di quello sterminato impero che fa capo a Mosca.
Le responsabilità della guerra, ad ogni modo, non sono soltanto russe, poiché anche Kiev ha la sua colpevolezza. Una colpevolezza che riguarda il potere concentrato nelle mani della minoranza ebraica governativa, assieme al filo-americanismo e al filo-atlantismo, che hanno gettato l’Ucraina in pasto all’Occidente dei soliti noti, e quindi al sanguinoso conflitto. Vanno anche considerate le angherie esercitate sui territori più orientali dell’Ucraina ai danni dei russofoni, le quali rientrano nel perdurante conflitto del Donbass, cominciato nel 2014. Se dietro Kiev non ci fossero gli Usa e la Nato, con annessi e connessi, la solidarietà verso l’Ucraina sarebbe del tutto comprensibile, ma le cose stanno purtroppo diversamente. Fermo restando che la gente di quel Paese, al di là dei palazzi del potere, non ha colpe e vede i propri figli mandati al macello sulle ali della propaganda occidentale, in una guerra votata al logoramento e alla sconfitta, o alla stagnazione permanente.
Oltretutto, il settore più orientale dell’Ucraina, con la Crimea, è assai affine alla Russia, mentre la componente genuinamente rutena è rappresentata da aree come Galizia, Podolia, Polesia e Volinia, le più occidentali, che si proiettano verso l’area polacca e mitteleuropea. Ma, come lombardisti, non siamo per una spartizione dell’Ucraina moderna, che in quanto nazione indipendente può sussistere, al pari della stessa Bielorussia e della Russia moscovita. Siamo dalla parte del popolo inerme, che subisce le atrocità del conflitto, ma non abbiamo nessuna simpatia per la ciurma di Zelensky (considerando chi l’appoggia e da chi è composta). E in questo senso anche buona parte del nazionalismo ucraino, purtroppo, è compromesso, poiché, come sempre, il neonazismo strisciante è un pupazzo manovrato da chi dice di combattere. A parole, appunto.
