L’idea della Chiesa nazionale ambrosiana

La posizione ufficiale del lombardesimo in materia di religione e spiritualità ormai la conosciamo, ed è l’etno-razionalismo; l’unione, cioè, di etnonazionalismo e razionalismo che rimette al centro di tutto sangue, suolo, spirito, in nome del bene più importante che abbiamo, la patria. Il lombardesimo crede fortemente nel valore della ragione, che è il faro dell’essere umano, segnatamente bianco, e lo coniuga con il nazionalismo etnico, ideologia guida lombardista, in un’Europa sempre più in balia di relativismo e progressismo. Pur condannando i concetti moderni di ateismo, laicità e secolarizzazione, il lombardista coerente ripudia la metafisica, specialmente se si tramuta in universalismo abramitico.

C’è però da dire che, in linea teorica, abbiamo pensato ad una forma di religiosità destinata a quanti, in Lombardia, aspirino ad una vita spirituale, e che potesse essere del tutto compatibile coi destini etno-razziali della nazione. Come lombardisti non siamo per forza di cose empi, e capiamo bene che possano esserci lombardi interessati alla dimensione non strettamente materiale dell’esistenza. Dal punto di vista sizziano questa esigenza non si pone perché Paolo è razionalista, realista, materialista nel giusto, ma chiaramente non siamo tutti uguali; per tale ragione lo stesso Sizzi ha individuato un tipo di spiritualità che risulti essere compatibile e tollerabile, nell’ottica völkisch, e quindi inscindibile dal vincolo biologico.

Ebbene tale nuova, rivoluzionaria, religione va sotto il nome di Chiesa nazionale ambrosiana. Nulla di cristiano o cattolico, nonostante il nome, bensì una trasmutazione gentile del cattolicesimo latino insubrico. In altre parole, un culto pagano che sublimi ed emendi dalla patina giudeo-cristiana gli elementi tollerabili della religione ambrosiana, eliminando ogni riferimento al mondo ebraico e scristianizzando la dottrina, lasciando così spazio all’eredità solare della tradizione religiosa milanese. Come sapete il rito ambrosiano, che è una variante del cattolicesimo latino, viene adottato storicamente in quella che è l’arcidiocesi di Milano, ma un tempo riguardava un territorio assai più esteso coincidente almeno con l’intera Padania geografica (il bacino del Po).

Le origini stesse del cattolicesimo ambrosiano vanno ricercate nei riti cristiani occidentali, latini, di matrice gallica (rito celtico e rito gallicano), che hanno non a caso assorbito elementi della spiritualità indigena celtica. Anzi, parrebbe che proprio dal culto ambrosiano derivino le liturgie altomedievali cosiddette gallicane, segno della preminenza del rito nostrano. Certo, stiamo parlando di Sant’Ambrogio, di Chiesa, di cristianesimo ma questa discussione non può assolutamente prescindere dalle radici, anche spirituali, galliche del territorio granlombardo. La spiritualità cristiana occidentale, cattolica, è certamente debitrice dell’esperienza religiosa cisalpina, anche se non tutti gli studiosi concordano sulle origini della liturgia ambrosiana.

Ciò che a noi interessa è la questione della trasmutazione pagana del rito ambrosiano, che chiamiamo ambrosiano per comodità e per radicamento storico dell’aggettivo. Non si tratta infatti di mantenere tale e quale il cattolicesimo insubrico, ma di trasformarlo in gentilità, cosicché sulla base autoctona pagana possa innestarsi l’elemento uranico confluito nel cattolicesimo, recuperandolo dalla distorsione biblica ed evangelica, dunque ebraica, e dalla depravazione universalista. Niente più scenari palestinesi, divinità giudaiche, messia desertici, morale mesopotamica, personaggi da presepe, ma solo accezione solare e, dunque, indoeuropea. Perché i nostri padri ariani rappresentano il modello da seguire, in materia di spiritualità. Per chi ha a cuore la questione, si capisce.

Tutto questo non è in contraddizione con l’etno-razionalismo, che resta la posizione ufficiale del lombardesimo. Paolo Sizzi è ateo ma capisce bene che il vuoto lasciato dal cattolicesimo, in terra lombarda, non possa essere colmato dalla spazzatura laicista di conio giacobino-massonico, progressista, ed è perciò necessario offrire una nuova via religiosa a quanti avvertono il bisogno di realizzarsi anche spiritualmente. Non più cristianesimo, cattolicesimo romano, ma gentilità, fondata sui veri culti tradizionali delle nostre terre. Il termine ‘Chiesa’ impiegato per definire la fede patriottica granlombarda non deve confonderci: non si allude più a Roma, ma ad una Chiesa come assemblea fraterna, etimologicamente parlando, che vada a designare il consesso dei credenti ambrosiani, cementato dal sangue lombardo. Il legame tra sacro ed etnia deve essere totale.

I culti tradizionali che contribuirebbero alla formazione del nuovo, rivoluzionario, credo sarebbero quelli preromani, soprattutto celtici, ma anche la religione gallo-romana che come la famiglia linguistica galloromanza è il frutto culturale dell’unione di mondo latino e mondo autoctono celtico. Infine va considerato anche l’apporto di superstrato germanico, nello specifico longobardo, per quanto il paganesimo (o etenismo, diremmo oggi) nordico sia stato presto abbandonato dai Longobardi calati nella valle del Po, in favore del cristianesimo, prima ariano poi cattolico. Anzi, una volta nella Cisalpina il culto dei padri era già quasi del tutto sopito, a livello ufficiale, sopravvivendo nelle credenze del popolo, più che della classe aristocratica.

Si tratterebbe, dunque, di modellare una religione fondamentalmente pagana grazie ai vari contributi spirituali degli antichi padri, contestualizzandola nell’oggi della Grande Lombardia, preservando la tradizione per come ci è giunta grazie al retaggio indogermanico, ariano, e preservando magari quei pochi elementi tollerabili del cattolicesimo ambrosiano. Tollerabili perché indigeni. Evidente come la Chiesa abbia assorbito echi di origine pagana, trasformandoli in cattolici; ebbene, noi dobbiamo recuperarli e decantarli dalle scorie desertiche, dando loro nuova linfa vitale in chiave gentile. L’operazione, personalmente, mi intriga da un punto di vista culturale, non certo spirituale, visto che sono ateo e non votato alla ricerca di un qualcosa che ritengo non esista (il trascendente).

Calendario liturgico, festività, uso del greco e del latino, gerarchia ecclesiastica, culto dei santi e delle madonne (che sovente sono figure pagane), trasvalutazione europide di fatti culturali semitici, credo trinitario, dualismo tra bene e male, la solarità del Cristo, figure angeliche e demoniche, la simbologia della croce sono tutte caratteristiche di origine pagana cristianizzate da Roma (e la stessa centralità dell’Urbe è una ripresa della religio antica). Perciò questi elementi potrebbero in qualche modo venir preservati, immettendoli direttamente nella fede della Chiesa nazionale ambrosiana, a sua volta trasvalutata dall’ethos ariano. Per ‘ariano’ intendo indoeuropeo, ma c’è da dire che anche l’arianesimo longobardo era interessante, in quanto forma di culto patriottico e nazionalista, contrapposto alle mene ecumeniche papaline.

I tratti solari del cattolicesimo sono d’altra parte il frutto del retaggio indoeuropeo, i preti non si sono inventati nulla: la divinità uranica del Diespiter celeste (il Dio Padre della luce diurna), la vita oltremondana dei morti in sedi celesti, l’aspirazione al cielo delle anime liberate dal corpo grazie all’incinerazione (ove il fuoco assume un valore sacrale non solo di purificazione ma anche di culto degli antenati), il valore della luce contro le tenebre, la società patriarcale, la monogamia, i legami eterosessuali depongono a favore di una religione cattolica profondamente debitrice della gentilità. Ma il cattolicesimo ha distorto e pervertito il paganesimo, storpiandolo con tutto il ciarpame desertico di Bibbia e Vangelo, e con una morale plebea e volgare che inevitabilmente si tramuta in egualitarismo, umanitarismo, terzomondismo, andando a braccetto con il regime dello status quo.

La Chiesa nazionale ambrosiana, che allo stato attuale delle cose è una mera idea, sarebbe il trionfo della vera identità e della vera tradizione, e il trionfo di Milano, della vera Milano, sulla Roma corrotta figlia del marasma imperiale. La capitale granlombarda era già stata sede del santuario di mezzo (da cui il toponimo) celtico, luogo sacro federale dei Galli cisalpini, ed è legittimo che ambisca ad un rinnovato ruolo anche in chiave spirituale. Milano è la patria del Tredesin de marz, l’equinozio di primavera meneghino, ricorrenza cristianizzata ma dalle ovvie radici pagane; sarebbe interessante, infatti, che il simbolo dell’ambrosianesimo fosse la pietra forata dei tredici raggi, detta di San Barnaba, un’antica mola di epoca gallica reimpiegata in senso cristiano. O in alternativa il noto Sole delle Alpi, un emblema radioso che dai Celto-Liguri passò ai Gallo-Romani e ai Longobardi.

Nazione

La nazione consiste in quell’insieme di popoli coesi e omogenei che si riconoscono comunità grazie a vincoli etnici, linguistici, culturali, storici, territoriali, identitari e direi anche antropogenetici. La comunità nazionale si edifica su sangue, suolo e spirito e si riconosce nel binomio di identità e tradizione grazie al quale è possibile marcare una distanza netta dalle nazioni artificiali, dopotutto meri stati, come l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna, il Belgio, il Regno Unito. A differenza di queste, la Grande Lombardia è invece una vera nazione, che può tranquillamente riconoscersi negli ideali patriottici ed etnicisti che ci portano a parlare di comunità cisalpina; non per caso, esiste un’etnia lombarda, che si fa poi gruppo etnoculturale granlombardo allargandosi all’intero scenario padano-alpino. La Lombardia etnica, e cioè il cuore völkisch della Padania, è il bacino idrografico del Po, il territorio in cui si concretizza al meglio l’idea di patria lombarda. Ma l’intero ambito cisalpino costituisce la cornice storica della nostra nazione, ed è senza alcun dubbio una delle precipue aree etnonazionali del continente.

Viceversa, l’Italia intesa come Repubblica Italiana non può essere chiamata nazione perché popolazione artificiale composta da genti disparate senza alcun legame etnico, culturale, storico. Non bastano romanità, cattolicesimo e lingua fiorentina per poter trattare di nazione italiana dalle Alpi alla Sicilia, senza scadere nel ridicolo: la prima e il secondo sono un retaggio condiviso da mezza Europa, la terza è l’idioma della città di Firenze, elevato a lingua franca di un territorio del tutto eterogeneo che, non a caso, parla un italiano declinato in senso regionale. Appellarsi retoricamente all’Italia augustea non ha alcun senso, perché l’Italia romana non era certo una nazione, ma un semplice organismo burocratico divenuto poi provincia come tutte le altre. L’Italia esiste, ed è la penisola, il centro-sud (con Corsica, Sicilia e Malta); il resto è italianità di cartapesta, che non ha alcun concreto riscontro nella storia dei popoli settentrionali e sardi ingabbiati dalla RI. La nazione, dunque, si fonda su di un razionale spirito di appartenenza, che sussiste nella Padania, ma non tra questa e Lampedusa.

Unione Europea, negazione dell’Europa

Noi lombardisti crediamo fortemente e fermamente nel concetto di Europa, declinandolo in accezione euro-siberiana: uno sterminato impero europide, bianco, che vada dalla Galizia iberica a Vladivostok, riunendo tutte le vere nazioni del continente. Al contempo, però, siamo risolutamente contrari all’Unione Europea, che a ben vedere è la negazione della nostra gloriosa, plurimillenaria civiltà. Un’accozzaglia di stati le cui radici affondano nell’Illuminismo e nel 1789 e che si pone dunque come nemica mortale dei valori e dei principi dell’etnonazionalismo, a tutto vantaggio del mondialismo plasmato dagli Stati Uniti. Non a caso, cosa sarebbe l’Unione Europea se non una triste filiale dell’unipolarismo americano, e uno scendiletto della Nato?

In un settentrione del pianeta dominato dagli Usa ad ovest e dalla Federazione Russa ad est, ecco che la caricatura stellata dell’Europa si erge a ridicolo baluardo di pastafrolla degli ideali antifascisti, stritolato dai due giganti mondiali che incarnano, ciascuno a loro modo, propaggini del globalismo: l’America è il globalismo occidentale con tutti i suoi veleni modernisti, la Russia un mondialismo eurasiatico nostalgico dell’Unione Sovietica, del tutto privo di mordente etno-razziale. L’Ue nel mezzo, baraccone di matrice giacobino-massonica e, appunto, antifascista e antirazzista che ha sostituito la fortezza Europa, conquistata e occupata in pianta stabile, dal 1945, dagli americani. Il settore europeo orientale era invece sotto il tallone dei sovietici, e oggi è decisamente più patriottico dell’ovest, meno compromesso.

L’idea di una confederazione europea, l’Euro-Siberia, è seducente e il lombardesimo la sostiene senza indugio. Una confederazione di nazioni, di popoli, non un’unione di stati senza capo né coda, il cui collante è rappresentato dalla decadenza consumistica, capitalistica e liberal-democratica dell’Occidente a trazione statunitense. L’Unione Europea è un organismo ostile al nazionalismo etnico, al razzialismo, alla sovranità delle vere nazioni d’Europa, e infatti si edifica sul sodalizio degli stati-apparato partoriti dalla temperie ottocentesca. Degli enti completamente privi di spina dorsale etnonazionale, parodie delle realtà identitarie continentali, quelle sì meritevoli di dignità patriottica.

Francia, Germania, Italia, Spagna, Belgio, Regno Unito (un tempo), finte nazioni che ficcano nel medesimo calderone multietnico e cosmopolitico genti disparate, tiranneggiate in nome di un europeismo di cartapesta che nulla ha a che vedere con il genuino concetto di civiltà europea, figlia del mondo indoeuropeo. L’immagine di Europa che Bruxelles proietta è un’immagine distorta, malata, corrotta, viziata dal culto pel denaro, appiattita sulla linea della tecnocrazia, svuotata completamente di identità e tradizione dal demone mondialista, che aleggia sul continente bianco da quasi 80 anni. I cenci blu che garriscono nei nostri cieli sono il segno della cattività globalista degli europei, una beffa all’indirizzo delle reali radici che ci caratterizzano (o caratterizzavano, purtroppo).

E l’Unione Europea non rappresenta affatto l’Europa, e non solo perché non include ogni landa europide; l’Unione Europea è soltanto una congrega economica, monetaria, bancaria, finanziaria, mercatistica che non ha alcun bisogno di nazioni, ma di stati che siano servi, fondamentalmente, di Francia e Germania. Francia e Germania, i principali cani da guardia dello status quo, pilastri della Nato, colonie americane, culle di virulento antifascismo e progressismo. Il lombardesimo è nemico di questo europeismo degradato e degradante, degno erede del Settecento rivoluzionario, e auspica la completa rottamazione della banda del Benelux, affinché sulle sue macerie possa edificarsi il tanto agognato consorzio confederale euro-siberiano.

Lombardesimo e ateismo

Come sapete, l’ideologia lombardista teorizza il cosiddetto etno-razionalismo, e cioè un salutare razionalismo unito all’etnonazionalismo. Promuove, dunque, una visione del mondo razionale, scientifica, realista, che vada al di là della metafisica e non si impantani con le religioni, soprattutto abramitiche. L’etno-razionalismo è a suo modo ateo, ma prende le distanze dall’accezione corrente di ateismo che è frutto di una secolarizzazione e di un laicismo di matrice giacobino-massonica e progressista. Il lombardesimo elabora una filosofia laica e francamente atea, essendo profondamente innamorato della natura e della scienza, ma allo stesso tempo difende lo spirito, ovviamente inteso non come qualcosa di trascendentale bensì come basilare elemento umanistico che dà linfa vitale al sangue e al suolo.

Le posizioni di Paolo Sizzi e Adalbert Roncari, i due camerati storici lombardisti, sono attestate sulla linea di un ateismo-agnosticismo che rifiuti e condanni il monoteismo mediorientale, prodotto estraneo alle vere radici – gentili – d’Europa, e che sviluppi un robusto buonsenso identitario e tradizionalista rispettoso della ragione. Essa deve essere il faro dell’uomo, in particolar modo bianco, e ogni zavorra oscurantista e superstiziosa va senz’altro rigettata. Sizzi e Roncari, pur essendo decisamente razionalisti, riconoscono comunque la legittimità di un filone cultuale pagano, espressione della spiritualità europea, e ne promuovono la riscoperta come mezzo culturale utile alla causa del lombardesimo.

Pertanto vi sono due forme di ateismo: una classica, frutto dell’Illuminismo, che si batte non solo per l’empietà ma soprattutto per la difesa di una squallida visione delle cose di taglio liberal (o libertaria), con tutte le ricadute negative del caso (omofilia, femminismo, materialismo zoologico, anarco-individualismo, antifascismo, egualitarismo, cosmopolitismo), e una per così dire innovativa, legata all’etno-razionalismo. Quest’ultima, certo rispettosa della scienza ma non degli eccessi scientisti (perciò del dispotismo dell’attuale comunità scientifica), evita lo strascico di spazzatura progressista perché mette bene in chiaro che la negazione dell’esistenza di divinità non deve assolutamente mischiarsi al ciarpame “giacobino”. Un ateismo, dunque, identitario e votato alla salvaguardia di ciò che esiste per davvero: sangue, suolo, spirito.

Potremmo anche dire, tranquillamente, che la visione lombardista è essenzialmente materialista, ma anche in questo caso non di un materialismo animalesco, proiettato verso consumismo ed edonismo, poiché si tratterebbe del riconoscimento di un mondo materiale reale, concreto, presente ai nostri sensi e alla nostra esperienza umana, scevro di afflati spirituali ma anche di affabulazioni illuministiche. Non crediamo in Dio, nell’anima, nell’aldilà, nella metafisica e nel mondo astratto delle idee ma non per questo assecondiamo i bassi appetiti anarcoidi della moderna mentalità occidentale. Del resto, non sta scritto da nessuna parte che per essere seri tradizionalisti serva essere credenti.

Non abbiamo, infatti, alcun bisogno di deità, chiese e religioni per sposare una visione del mondo identitaria e tradizionalista, virile e patriarcale, conservatrice nel giusto ed eroica, anzi, una metafisica soprattutto universalistica rischierebbe soltanto di banalizzare la vocazione patriottica dell’etno-razionalismo, che riconosce la nazione sopra ad ogni cosa. Siamo dell’idea che la religione sia soltanto un ingombro inutile, sottoprodotto dell’ignoranza, della miseria, della superstizione e oggi legata ad una morale untuosa che nel caso della Chiesa vira pericolosamente verso mondialismo, terzomondismo e universalismo apolide. Nondimeno distinguiamo, dai credi semitici, la gentilità che per via del suo intimo legame con l’Europa rappresenta una forma di culto per davvero tradizionale.

L’ateismo lombardista, per quanto non sia militante e fondamentale (la religione, dopotutto, è un fatto secondario, nella nostra ottica), assume perciò le caratteristiche scientifiche di un razionalismo leale con l’etica solare dei nostri padri indoeuropei, e desideroso di risolvere gli equivoci ingenerati dall’ateismo classico, appunto, che è sottoprodotto della temperie illuministica e giacobina. Una miscredenza che, oltretutto, finisce per combaciare coi deliri della coerenza evangelica. Teniamo in non cale i philosophes, disprezziamo la Rivoluzione francese e le sue conseguenze esiziali, e pur non ergendoci a difensori di trono e altare riconosciamo la bontà e la legittimità delle posizioni tradizionaliste, ancorché slegate da una fede religiosa.

Va da sé che il cattolicesimo e il cristianesimo in genere, come ebraismo e islam, siano qualcosa di estraneo al nostro continente, alieno dallo spirito pagano e ariano, ed è naturale dunque sviluppare una visuale razionalista incentrata su ciò che esiste, si manifesta e viene esperito ogni giorno della nostra vita e della vita dei nostri popoli. La religione è vecchiume superfluo, anacronismo che ci inchioda ad una mentalità servile, fanatica, levantina (si parla, naturalmente, di credo mediorientale) e ad un pensiero debole volto alla castrazione dello spirito eroico degli europei.

Non è certo un caso che la religiosità oggi prosperi presso le genti del terzo mondo, le vecchie, gli “ultimi”, e non lo si dica in termini di disprezzo classista – ci mancherebbe! – ma di condanna verso una spiritualità che esalta tutto ciò che sa di sconfitta, di fallimento, di anormalità e di diversità, ed è soprattutto il caso del cristianesimo. Le ovvie conseguenze di una simile morale sono la criminalizzazione del razzialismo, del nazionalismo, dell’etnicismo, il che rende il Vaticano conforme alle perverse logiche della modernità e del mondialismo. Fra l’altro, giusto per sopravvivere e non affondare nell’oceano dell’indifferenza dell’Occidente contemporaneo.

Non vorremmo sorgessero degli equivoci, comunque. Noi condanniamo la religione cristiana perché estranea all’Europa, semitica, anacronistica, debole, effeminata, serva, oscurantista – per quanto oggi schiava della contemporaneità, appunto per galleggiare – e non perché disprezzata da una gioventù massificata che non crede più in nulla. Noi ripudiamo l’ateismo e l’agnosticismo come elaborazioni della mentalità consumistica attaccata al denaro e al benessere, succube dei miti del successo, del progresso e dell’edonismo, e non vorremmo mai che il vuoto lasciato dal cattolicesimo venga colmato dal liquame della decadenza occidentale. Anche per questo sosteniamo a spada tratta l’etno-razionalismo, in qualità di laica forma di identitarismo scientifico e naturale chiamato a sconfiggere le tenebre del satanismo mondialista.

Insomma, non ci serve un dio, una religione, una metafisica per dirci identitari e tradizionalisti, ed essere critici nei confronti della spiritualità, segnatamente semitica, non significa abbracciare la spazzatura di una secolarizzazione figlia del 1789, e quindi  malata di egualitarismo. Certo, non vogliamo sottostare ad un assolutismo che ci veda schiavi di inesistenti dei, in balia del fantomatico peccato e bisognosi di riscatto e redenzione, perché inferiori esseri finiti, e non vogliamo mortificarci con un dogmatismo elaborato da intriganti per beffare e sottomettere gli ignoranti, sacrificando la nostra esistenza all’assurdità di una inesistente vita oltremondana. A questo proposito, il nostro tradizionalismo è differente: rispettoso dell’ethos indogermanico, a difesa di patriarcato, eterosessualità, monogamia, nemico di qualsiasi forma di perversione anti-identitaria ma al contempo proiettato in un futuro in cui scienza ed etnonazionalismo collaborino, sbarazzandosi finalmente di ogni fardello irrazionale ed incompatibile col vero spirito europeo.

Razza

Concetti come etnia, popolo e nazione non possono prescindere da quello basilare di razza, che rappresenta il fondamento biologico e antropologico delle diverse popolazioni umane. Anche l’uomo è un animale, pertanto non è possibile inquadrarlo senza accezione razziale, eziandio perché essa rappresenta una fiera opposizione al sistema-mondo e ai suoi disvalori miranti alla distruzione dell’identità delle vare nazioni, a partire da quelle europee. La razza consiste in quell’insieme di caratteri fisici e genetici che vengono trasmessi ai discendenti e che costituiscono le varie suddivisioni in cui l’umanità si rispecchia; ‘razza’ può anche essere sostituito dal termine ‘subspecies‘, ancor più scientifico, che rimarca la tassonomia dell’essere umano: genere, specie, sottospecie, sottorazza, fenotipo, etnia. Nel nostro caso si parlerà di razza caucasoide/europoide di ramo europide, che riguarda i cosiddetti bianchi, le popolazioni indigene dell’Europa. Secondo i tromboni del politicamente corretto la razza è soltanto un costrutto sociale e culturale: un concetto molto interessante, perché non pensavo che indice cefalico, angolo facciale, punti craniometrici e somatotipo fossero delle astrazioni nazifasciste…

Le razze esistono, e sono nate dalla separazione continentale, dall’adattamento climatico, dalla dieta e dalla selezione sessuale, nonché dall’eredità genetica e antropologica dei vari popoli della terra. Nulla di opinabile o di socioculturale, checché ne dicano gli antirazzisti, che del resto portano avanti una ben precisa agenda volta allo sradicamento e alla liquidazione della biodiversità, per favorire i truci disegni del sistema-mondo e del capitalismo. La scienza non asservita ci parla tranquillamente di diversificazione razziale, e basterebbe non avere ideologiche fette di salame sugli occhi per accorgersene e riconoscere che non esiste alcuna “razza umana”, bensì specie umana suddivisa in varie sottospecie (fondamentalmente 5-6). Razzismo? Nient’affatto, natura. È poi evidente che il concetto di razza possa anche, poeticamente, ammantarsi di peculiarità spirituali, intellettuali, caratteriali, psicologiche perché i popoli del pianeta non sono tutti uguali. Per fortuna, direi. Paradossalmente, il vero odio razziale è di coloro che disprezzano la diversità e vorrebbero annullarla nel meticciato, il tutto per favorire tristemente gli imperialismi antifascisti. Ma la verità non può essere cancellata, ed è per questo che pure l’uomo è caratterizzato razzialmente, con buona pace delle ideologie.

Contro la Nato, tomba della sovranità europea

Il lombardesimo condanna il patto atlantico, la Nato, essendo la tomba della sovranità di ogni vera nazione europea. La Nato è sinonimo di cattività continentale nei confronti degli Stati Uniti, il giogo che vincola l’Europa al carro americano, ingannando peraltro noi europei con il tema dell’alleanza fittizia: non esiste alcuna alleanza tra noi e gli Usa, perché si tratta della nostra completa sudditanza, in favore dei gendarmi del globo e del loro malato unipolarismo. I sostenitori nostrani della Nato vorrebbero farci credere che le cose non stiano in questi termini ma, di fatto, dal 1945, il continente europeo è terra di conquista e occupazione a stelle e strisce.

Gli Usa ci trascinano nei loro conflitti in una posizione del tutto subordinata, il che rafforza l’idea di Occidente a trazione americana: un mondo marcio fondato sugli pseudo-valori consumistici, capitalistici, liberali dove il feticcio di una fasulla libertà viene eretto a moloc che non può finire in discussione. Da teorica alleanza difensiva nei riguardi dell’ex Unione Sovietica, ecco che la Nato ha assunto la dittatoriale portata di una congrega di guerrafondai, naturalmente capeggiati dagli americani e votati alla distruzione dell’Europa tradizionale che ogni identitario ha in mente, e che include la Russia. Perché anche la Russia è Europa, almeno fino agli Urali.

Noi lombardisti siamo a favore del disegno euro-siberiano, ormai è risaputo, e quindi condanniamo senza se e senza ma la fantomatica alleanza atlantica, che è poi il totale servaggio europeo a favore dei padroni statunitensi. La finta civiltà che la Nato vuole preservare è quella rappresentata dal pensiero liberale e liberal, e cioè la liquidazione dei principi identitari e tradizionali su cui si fonda l’Europa, la vecchia fortezza Europa. Tutto viene sottomesso al volere del grande capitale, del mercato, della società dei consumi che è poi quanto si nasconde dietro, ad esempio, le mascherate arcobaleno dei gay pride.

Sangue, suolo e spirito vengono così spazzati via dall’impero del nulla d’oltreoceano che grazie alla Nato, e pure all’Unione Europea, impone la nefasta volontà di Washington a scapito della sovranità europea, naturalmente a casa nostra. Il patto atlantico ci incatena al baraccone statunitense e ci costringe a seguire le guerre degli americani contro altri popoli europei: basti pensare a quanto subì la Serbia, o la stessa Russia. Capiamoci: la critica e la condanna della Nato non significa fedeltà a Mosca, o ad ogni altra realtà multipolare schierata contro gli Usa, ma è logico che il lombardesimo preferisca guardare ad est piuttosto che ad ovest.

Ad est, dove sorge il sole, si staglia la patria delle genti indoeuropee, da cui proviene la nostra vera civiltà. In quelle tormentate steppe fra Ucraina e Russia batte il cuore dell’Urheimat ariana, e non dobbiamo mai dimenticarci delle reali radici d’Europa. Pertanto, né Nato (e quindi Usa e Ue) né Federazione Russa contemporanea, che con la guida di Putin preferisce l’Asia all’Europa, sorvolando sulla natura multietnica e multirazziale dello stato russo. Infatti, la nostra posizione anti-atlantica non è un voler cambiare padrone, bensì un rimettere l’Europa al centro di tutto, un’Europa che include la Russia e che vuole abbracciare l’Euro-Siberia, liberandosi dalla democrazia yankee. Ma, si capisce, ogni popolo deve avere la propria sacrosanta sovranità, perché solo così si può davvero sconfiggere ogni forma di mondialismo.

Lombardesimo e islam

L’islam è il fratello minore di giudaismo e cristianesimo, anch’esso partorito dal deserto mediorientale e figlio di genti semitiche. È un’eresia del cristianesimo, che a sua volta è un’eresia del prisco ebraismo, e con le altre due religioni monoteistiche condivide il culto per un dio abramitico, che con l’Europa non c’entra alcunché. Ne risulta che la presenza islamica nel nostro continente è intollerabile, anche perché profondamente ancorata a decine di milioni di fedeli appartenenti al terzo mondo, dunque allogeni nel contesto europeo. Infatti, il problema più grave della religione musulmana non è il credo in sé – non poi così diverso dal cristianesimo – ma la zavorra migratoria che rappresenta.

È anche un problema culturale, certamente. La fede di Maometto è intrinsecamente legata al Medio Oriente e alle sue costumanze, pertanto è un corpo estraneo, in Europa, ancor più della religione di Cristo (che, un minimo, è europeizzata). L’importazione di usi, costumi, tradizioni e mentalità fondamentalmente arabi, per non parlare della cultura da sud del globo, non è compatibile con le nostre radici, il nostro spirito e la nostra identità, e teniamo bene a mente che prima di riferirlo all’islam lo indirizziamo a giudaismo e cristianesimo; il primo è un prodotto ebraico praticato da genti ebraiche, il secondo non ha accezione etnica ma è di matrice levantina e, per di più, a vocazione universalistica.

Mosè, Gesù e Maometto sono immigrati mediorientali da rispedire al mittente, per quanto il cristianesimo sia radicato in Europa da circa 2.000 anni. Vi sono certi ambienti, diciamo pure nazisteggianti, che strizzano l’occhio al musulmanesimo, visto come religione virile, guerriera, “cattiva”, contrapposta al giudeo-cristianesimo. Sebbene io non condivida la pacchiana islamofobia in stile Oriana Fallaci, Roberto Calderoli, Matteo Salvini, Geert Wilders o Michel Houellebecq, e dunque il disprezzo liberale e filo-giudaico (quindi filo-sionista) per Maometto, ritengo che la fede islamica vada espulsa dal nostro continente, assieme ai suoi credenti allogeni.

Esistono contrade europee, basti pensare ai Balcani, in cui l’islam ha attecchito storicamente, presentandosi oggi come rimasuglio di domini esotici (ottomani), e per quanto i fedeli siano indigeni d’Europa (i famosi musulmani dagli occhi azzurri) praticano un culto che è una spina levantina nel fianco del nostro continente, direi intollerabile. Se le chiese cattoliche od ortodosse possono essere accettate, più che altro in qualità di musei, sinagoghe e moschee, in Europa, sono un insulto alla nostra storia e alla nostra identità e andrebbero smantellate. La cultura maomettana non è compatibile con le nazioni europidi, e se ne sta dunque bene in altri lidi.

D’altra parte, riconosco tranquillamente che l’islam sappia essere un valido alleato contro il mondialismo giudeo-americano, soprattutto se si parla di musulmani sciiti, ma questo ha un senso laddove i popoli islamici in oggetto restino nella propria patria. In caso contrario essi diventano pedine manovrate dal sistema, e riversate in Europa per distruggere identità, tradizione, spirito. Sarebbe comunque bene comprendere che, a suo modo, anche il musulmanesimo è una forma di mondialismo, al pari del cristianesimo, del comunismo, del capitalismo e del multipolarismo dei BRICS, proprio perché ha aspirazioni universalistiche. Ciò è inaccettabile, specialmente qualora le scimitarre mirino alla conquista del continente europeo e all’assoggettamento e alla conversione degli europei.

Cosa già accaduta in Iberia, Sicilia, Balcani, Tracia, Cipro, Caucaso ma ricordiamoci di Poitiers, di Lepanto, di Vienna e di tutte quelle battaglie che hanno rappresentato una riconquista bianca, di casa propria, contro degli invasori alloctoni, perché ribadiamo che il peggior problema islamico è, appunto, la natura esotica dei suoi credenti. Sarebbe infatti sterile sparare a zero su Maometto per questioni meramente religiose, dal momento che l’Europa è stata cristianizzata, perciò i nostri strali si appuntano in particolare sulla questione etnica e razziale. Poi, chiaramente, anche culturale. Lo spirito arabo ha concepito una religione araba ed è assurdo volerla trasporre in chiave europea. Non si può essere giudeo-cristiani ed europei allo stesso tempo, e non si può esserlo nemmeno con il maomettismo.

Le simpatie “identitarie” per le sottane del “profeta” sono, dunque, francamente patetiche, anche perché l’islam è roba da terzo mondo. La stessa critica e condanna riguarda cristianesimo e, soprattutto, giudaismo e se lombardi ed europei anelano ad una vita spirituale possono tranquillamente riscoprirla grazie ad un rinnovato fervore gentile, in linea con le radici e le origini delle nostre terre. Il fascino per l’islam è assurdo: la virilità, il piglio guerriero, il patriarcato, la lotta contro il modernismo e la secolarizzazione progressista (con tutto quello che ne consegue, vedi ad esempio il femminismo) sono mirabilmente incarnati dalla tradizione indoeuropea, ed è proprio ai padri ariani che dobbiamo guardare.

A volte, chi ammira l’islam lo fa perché disgustato da un cattolicesimo all’acqua di rose che imbarca acqua da tutte la parti, poiché finalmente coerente con la sua natura evangelica. Il cristianesimo propone una mentalità debole, schiava, effeminata, remissiva, perdente, direi masochistica e lo si vede anche nella tipologia di martiri che la religione cristiana propone: gente che si lascia umiliare e ammazzare, come lo stesso Gesù. L’islam, invece, è aggressivo, conquistatore, fanatico e offre figure di martiri completamente diverse da quelle del cristianesimo, come lo stesso fondamentalismo dimostra.

Anche per tali ragioni, in certe frange dell’estrema destra nostrana, esiste una certa fascinazione per Maometto e il suo culto, visti come antidoto al mondialismo, al laicismo ateo dell’Illuminismo e alla sovversione valoriale incarnata dal feticcio del consumismo e dell’edonismo occidentali. Ma, ribadisco, non abbiamo nessun bisogno dell’islam per ritrovare patriarcato, piglio guerriero e virile, mentalità da eroi e padroni, vocazione allo spirito uranico e solare: basta guardare, nuovamente e con rinnovato entusiasmo, al mondo indoeuropeo, che sta alla base della civiltà europea ed è l’artefice della nostra natura. Peraltro, sarebbe esilarante ripudiare il cristianesimo per fiondarsi tra le braccia di una religione di semiti, camiti, negri e meticci.

Lasciamo perdere il monoteismo abramitico, signori, sia esso giudeo-cristiano o islamico, in quanto prodotto mediorientale, faccenda per levantini, non per europei. La posizione del lombardesimo è di condanna nei confronti delle religioni abramitiche, perché la riscoperta identitaria e tradizionale deve passare per i veri culti europei, che sono quelli ariani, fermo restando che l’etno-razionalismo è la visione lombardista predominante in materia di spirito. Ciò non toglie che la religione possa avere un posto, nella dottrina etnonazionalista cisalpina, e per questa ragione la pista conduce alla Chiesa nazionale ambrosiana. Ma avremo modo di riparlarne.

Popolo

Riconoscendo la Grande Lombardia come una nazione caratterizzata da peculiare identità, non possiamo che parlare del popolo, e cioè dell’insieme di genti lombarde che costituiscono la base d’appoggio fondamentale del concetto di nazione. Un popolo, frutto dell’unione di più popolazioni, consiste in tutta una serie di caratteristiche identitarie, tradizionali, etniche, linguistiche, culturali e antropologiche che ci portano, giustamente, ad argomentare di un’entità coesa al suo interno e contraddistinta da una forte unità comunitaria. Il popolo, pertanto, viene a coincidere con l’etnia, la nazione, la comunità, e l’auspicio lombardista è quello di affrancare la popolazione lombarda inserendola in un quadro etnonazionale che sappia rappresentare al meglio tutti i popoli d’Europa, rigettando gli stati-apparato, come la stessa Repubblica Italiana. Perché è proprio il popolo, dunque la nazione, a legittimare uno stato, non viceversa, ed è logico che senza fondamenta popolari e nazionali qualsiasi ente statuale appaia privo di linfa vitale, mero organismo burocratico dai risvolti tirannici.

E, d’altra parte, si può davvero parlare di popolo quando venga a sussistere quella fondamentale fisionomia identitaria figlia della stratificazione etnica, culturale, linguistica, che anche antropologia e genetica ci dicono scientificamente provata. Se esiste un popolo granlombardo è perché esso condivide dei tratti identitari peculiari che non si ritrovano altrove, assemblati nella maniera originale granlombarda, ed è per questo che il “popolo” italiano dalle Alpi alla Sicilia semplicemente sia artificiale, retorico. La Grande Lombardia – e, in modo speciale, la Lombardia etnica – oppone all’Italia statolatrica un quadro relativamente omogeneo che è prodotto delle vicende storiche delle nostre genti, le cui radici affondano nel passato celtico, gallo-romano, longobardo, tenendo certo in considerazione anche gli apporti minori di altri popoli antichi (minori in senso di unità nazionale, si capisce). E se possiamo, dunque, trattare di popolo cisalpino è grazie alla plurimillenaria famiglia che si pone a fondamento della comunità granlombarda, indispensabile al fine di inquadrare correttamente la genesi di una futura entità politica etnostatuale.

Mai con gli Stati Uniti

Il peggior nemico dell’Europa e della sua civiltà non è la Russia (che è Europa, ricordiamolo), non è la Cina, non è l’islam e nemmeno il comunismo (quello vecchio stampo, beninteso), per quanto possano rendersi esecrabili, bensì l’Occidente, massimamente incarnato dagli Stati Uniti d’America. Per Occidente si indica la decadenza contemporanea fatta di liberalismo e di progressismo, di capitalismo e di consumismo, di relativismo e di antifascismo, con tutto il suo strascico di imbarazzanti teorie liberal finalizzate alla distruzione di identità e tradizione. Oggi tale concetto di Occidente ingloba pure l’Europa modernista che, d’altra parte, è la sciagurata patria di Illuminismo e Rivoluzione francese.

L’America è la padrona dell’Europa ridotta ad Unione Europea, inquadrata anche nella Nato per aggravarne ulteriormente la cattività imperialista. Il continente è di tutti, di conseguenza, fuorché degli europei, e sono proprio gli europei rinnegati, gli americani, a tenere per il guinzaglio l’antica culla della civiltà, oggi ridotta a succursale dell’unipolarismo d’oltreoceano. Noi lombardisti crediamo fortemente nell’accezione tradizionale di Europa e ci addolora constatare come il nostro mondo, un tempo glorioso, sia un cumulo di macerie su cui banchettano i nemici di etnia, nazione e razza, per di più in nome di falsi ideali frutto del grande capitale apolide.

L’abbraccio mortale degli Usa ci ha resi imbelli, succubi, inerti, deboli e asserviti e tutto quello che non sta bene agli Stati Uniti non deve andare bene nemmeno nelle nostre terre. Abbiamo perso l’indipendenza, la sovranità e l’autorità, grazie anche a quella farsa dell’Ue che è caricatura del nostro continente; nemmeno si può parlare di alleanza, con gli americani, nonostante il patto atlantico sia definito tale, proprio perché a tutta evidenza riguarda la cattività europea a vantaggio solamente dei gendarmi del globo. Una fine davvero squallida per l’ex fortezza Europa, un fallimento di tutti noi e soprattutto di chi ci governa, indegnamente.

Per questo il lombardesimo non starà mai dalla parte degli americani, e di questa finta realtà “europea”, anche perché teorizza il progetto euro-siberiano, di una grande famiglia confederale, come già sapete, che dalla Galizia iberica vada a Vladivostok accomunando tutti i popoli e le (vere) nazioni europidi. Sarebbe il degno antidoto ai veleni dell’imperialismo atlanto-americano perché rappresenterebbe l’Europa genuina contro ogni altro dominio che miri alla sudditanza, alla dipendenza e all’impotenza delle nostre genti. Dobbiamo infatti guardare alla culla della civiltà indoeuropea, le steppe eurasiatiche, e rimettere al centro di tutto le nostre radici e i nostri destini, grazie ad una solida visione razzialista.

Con i vincitori dell’ultimo conflitto mondiale, sedicenti “liberatori”, non ci può essere più intesa, pure perché l’America è il trionfo del meticciato, dell’immigrazione, della società multirazziale, del servaggio verso gli intoccabili, ed è il sottoprodotto di quei corpi tossici espulsi dall’Europa secoli fa, sterminatori di nativi amerindi per conto dell’incubo protestante, apripista di ogni disvalore nordico. Meglio sarebbe stato se avessero vinto i Confederati, è chiaro, meglio ancora se nessuno avesse “scoperto” il nuovo mondo, ma oggi dobbiamo fare i conti con un moloc il cui impero del nulla fagocita uomini, donne, nazioni maciullandoli nel tritacarne cosmopolita. Mai con gli Stati Uniti, dunque, per quanto il cameratismo razziale europide di base non sia malvagio, ma il futuro, e la soluzione ad ogni nostro problema, si chiamano Euro-Siberia.

Lombardesimo e giudaismo

Se il lombardesimo assume un atteggiamento di critica e di condanna nei confronti del cristianesimo, anche cattolico, a maggior ragione prenderà le distanze con perentorietà dal giudaismo, tanto come espressione etnoculturale del popolo ebraico quanto come manifestazione religiosa, storica, dello stesso. Esiste infatti, teoricamente, una distinzione tra giudaismo ed ebraismo: se il primo riguarda la caratterizzazione etnoantropologica delle genti giudaiche, il secondo concerne cultura e soprattutto religiosità ebraiche, talché ‘giudeo’ è il vero e proprio etnonimo degli israeliti. Un etnonimo che ha anche valenza genetica, poiché i giudei, per quanto dispersi e raccogliticci, rappresentano una popolazione eterogenea ma dalla comune matrice semitica.

Come il cristianesimo, il giudaismo – e l’ebraismo – incarnano un corpo estraneo, in Europa e in Lombardia. L’origine levantina, mediorientale, degli ebrei li pone al di fuori del contesto europeo primigenio, soprattutto poiché giudaismo ed ebraismo si sovrappongono, ed è dunque difficile trovare dei convertiti gentili (in senso europide). L’ebraismo è una religione profondamente legata all’etnia giudaica per quanto, effettivamente, esistano delle eccezioni: si considerino, ad esempio, i falascia, gli ebrei etiopi, o su di un piano storico, i Cazari dell’Eurasia centrale. Ma, di norma, giudei ed ebrei sono la stessa cosa, sebbene nel tempo la diaspora abbia disperso i giudei primevi in svariate contrade del globo.

Avremo così, per ricordare i principali, gli aschenaziti, gli ebrei dell’Europa centro-orientale; i sefarditi, gli ebrei del Mediterraneo; i mizrahì, gli ebrei autoctoni del Medio Oriente; gli italkim, gli ebrei italiani; i romanioti, gli ebrei greci, e una galassia di altri raggruppamenti che rientrano più o meno nelle categorie principali. Ad esempio, i mizrahì, comprendono tutti gli ebrei dell’Asia sudoccidentale. I già citati falascia sono di religione ebraica ma di etnia etiope e costituiscono, infatti, la carne da cannone dell’esercito israeliano. Il noto razzismo ebraico non si limita agli “infedeli”. Nella maggior parte dei casi il concetto di giudeo ed ebreo coincide, nonostante che la dispersione abbia contribuito alla diversificazione dei ceppi, pertanto l’originale matrice semitica viene per lo più conservata.

Il lombardesimo ritiene l’ebraismo estraneo all’Europa e alla Lombardia, proprio come il cristianesimo, e l’islam. È un prodotto culturale mediorientale, rappresentato da genti levantine, e non può quindi conciliarsi con le nostre vere radici. Questo anche perché l’ebraismo, espressione religiosa e culturale del giudaismo, viene praticato da allogeni che mantengono un legame tenace tra etnia e religione. L’ebraismo è certamente meno universalista del cristianesimo, o dell’islam, e porta avanti, come è risaputo, una tradizione matrilineare che incarna l’identità ebraica in senso stretto. Noi sappiamo che queste, comunque sia, sono futilità religiose, poiché uno è ebreo/giudeo se ha sangue israelitico, paterno o materno che sia.

C’è da dire, peraltro, che per quanto gli ebrei siano ossessionati dal sangue, la diaspora li ha resi un popolo rimescolato, sparso in tutto il globo, e possono infatti contare anche su popoli convertiti extraeuropei, come gli stessi falascia. Un fenomeno che, storicamente, ha riguardato pure l’Europa orientale – si pensi ai subbotnik russi – tanto che in Israele il russo è una lingua molto parlata, grazie alla massiccia immigrazione, non solo giudaica, da Paesi dell’ex Unione Sovietica. Seppur, quindi, i giudei conservino una comune origine mediorientale, appaiono oggi suddivisi in diversi rami, come dimostrano anche antropologia e genetica.

La religione ebraica moderna, oltretutto, è cosa ben diversa dall’ebraismo della Bibbia, e dei tempi di Cristo. Si tratta infatti di una creazione medievale, conseguenza dello sviluppo del cristianesimo, che a suo modo è divenuto il “vero” ebraismo, il “vero” Israele. Il cristianesimo, stando a ciò che afferma la Chiesa, è la naturale continuazione del mosaismo, pertanto l’ebraismo odierno è soltanto una versione rattrappita di quello primigenio, confluito nella religione di Gesù di Nazareth. D’altra parte, di ebrei, oggi, ne esistono una ventina di milioni, mentre di cristiani circa 2 miliardi e mezzo.

Il dio degli ebrei è lo stesso dio dei cristiani e dei musulmani, talché cristianesimo e islam sono eresie dell’antico giudaismo (che a sua volta ha assorbito elementi da altre culture mediorientali, vedi antico Egitto). Il lombardesimo critica ferocemente il monoteismo abramitico poiché, dopotutto, alieno alla più intima essenza europea, che è certamente gentile. E il monoteismo abramitico è a suo modo un’anticipazione di mondialismo e cosmopolitismo, per via della scellerata vocazione universalista; l’ebraismo primigenio aveva nel proprio ADN tale slancio, ancorché solidamente ancorato all’etnia giudaica (il “popolo eletto”), concretizzatosi poi appieno col cristianesimo, che si ritiene il vero e nuovo Israele.

Perciò il cristianesimo è sottoprodotto giudaico, frutto di giudei e intriso di cultura giudaica, esportato da giudei e professante un credo incentrato sul dio giudaico, per quanto riproposto in modalità trinitaria. Senza ebrei non sarebbe esistito il cristianesimo, anche perché la missione (storica?) di Gesù di Nazareth non si è svolta presso Celti o Vichinghi, ed egli stesso è stato educato secondo i principi religiosi e culturali israelitici. Ebraismo, cristianesimo e islam sono prodotti della medesima temperie geografica, culturale ed etnica, incarnazione della tenebrosa religiosità semitica fatta di peccato, rinuncia di sé, mortificazioni, castighi, morte e inferni. E badate che il salutare ethos patriarcale non è invenzione ed esclusiva mediorientale, checché ne pensino i bigotti monoteisti, perché praticato anche dagli Indoeuropei, per di più declinato in versione schiettamente solare e uranica.

Quindi la tradizione europea è figlia del mondo ariano, e non ci servono le religioni abramitiche per difendere un’etica plasmata in antico dalle popolazioni indoeuropee, di cui siamo gli eredi, anche spiritualmente (con buona pace di chi farnetica di radici giudaico-cristiane d’Europa, di fratelli maggiori e di spiritualità semitica). Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Cristo e Maometto sono immigrati, nel contesto europeo, e vanno rispediti al mittente, nella consapevolezza di come gli elementi apparentemente seducenti del cristianesimo, segnatamente cattolico, non siano altro che reminiscenze pagane, parassitate dalla Chiesa di Roma. E se ci opponiamo al credo in Cristo, ci opponiamo alla sua originaria fonte, l’ebraismo, antico o moderno che sia.

Per concludere, una riflessione sull’entità sionista, Israele, comunque già sviluppata in scritti precedenti. Uno stato, certo, etnonazionalista, ma fondato sul giudaismo e sulla religione ebraica, e proprio per questo del tutto estraneo nei riguardi dei principi völkisch europei. Non siamo contrari alla presenza ebraica in Medio Oriente, anzi, tutti gli ebrei dovrebbero fare ritorno alla terra dei propri padri, ma chiaramente non abbiamo alcuna simpatia nei confronti degli occupanti politico-militari della Palestina, e non per delle pregiudiziali antisemite. La terra palestinese è provincia siriana, e alla Siria deve ritornare, smantellando Israele ma lasciando le genti giudaiche al loro posto. Il lombardesimo, infatti, non condanna il sionismo (anche perché non si impelaga con il terzomondismo), qualora si tratti di rimpatrio degli ebrei d’Europa nel Levante.