L’identità rappresenta la cifra fondamentale del nazionalismo etnico, e del patriottismo animato da sangue, suolo, spirito. Identità nazionale, etnica, razziale ma anche culturale, linguistica, storica e territoriale, e direi pure sessuale, poiché o si è maschi o si è femmine, null’altro. L’identitarismo völkisch e tradizionalista è l’antidoto ai veleni del mondialismo, del relativismo, del progressismo, che danno vita a identità fittizie per soppiantare quelle vere, e cioè i baluardi a cui si appellano i veri patrioti; nel mondo contemporaneo, soprattutto in Occidente, lo spirito di appartenenza e il sentimento comunitario vengono criminalizzati, a tutto vantaggio di quegli sciagurati concetti politico-ideologici che stanno alla base del declino dell’Europa. Finte nazioni, finte tradizioni religiose, finte famiglie etnoculturali, finti generi sessuali, orientamenti sessuali deviati – fomentati dallo status quo -, tutto fa brodo quando si tratta di annientare la vera identità e la vera tradizione, un po’ come la liquidazione dei diritti sociali del popolo, attuata dalla sinistra contemporanea, in favore di quelli farseschi definiti “civili”.
Il profilo identitario di un popolo, di una nazione, è un fatto molto serio, e la sua riscoperta è viatico per un percorso etnonazionalista che conduca all’autoaffermazione e alla libertà, come nel caso della Grande Lombardia. Una comunità etnica e nazionale reale, non artificiale in stile italiano, ha bisogno di una solida e razionale identità storica, in cui i membri si riconoscano simili, fratelli, grazie a vincoli biologici (antropologici e genetici) e culturali (ad esempio linguistici), contrapposti alla retorica patriottarda degli stati-apparato ottocenteschi, di matrice giacobino-massonica. E la tradizione, posta a guardia dell’etica indoeuropea patriarcale, eterosessuale, monogama, si fa garante dell’ordine naturale delle cose attraverso il quale la nazione, la comunità e la famiglia possono fortificarsi e sopravvivere, di fronte ai rovesci del mondialismo. È importante che il concetto di identità, benedetto dalla natura, sia sempre contemplato e rispettato, altrimenti si lascia spazio a quelle nefande derive che hanno preso piede grazie agli orrori del 1789, e che oggi travolgono i valori più sacri in cui l’uomo può credere.

Non capisco perché c’è lai su con la rivoluzione francese?
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È molto semplice: la Rivoluzione francese ha partorito la Francia moderna, quindi l’Italia e tutte le altre finte nazioni dell’Europa e del mondo. Vero, il concetto moderno di nazione nasce col 1789, ma di che tipo di nazione si tratta? Dello Stato, non di una comunità etnonazionale. Per di più, come entità statuale, ispirata ai dettami genocidi di libertà, uguaglianza e fratellanza intesi su di una scala globale, universale, a totale detrimento della razza bianca e delle sue etnie. E la Rivoluzione francese prende le mosse dall’Illuminismo che, da una parte, ha giustamente condannato l’oscurantismo cattolico ma, dall’altra, ha dato la stura al cosmopolitismo, al progressismo e al relativismo, e ad un anticristianesimo per nulla identitario. Insomma, tutto quello che è giacobino, massonico, rivoluzionario in senso francese è inaccettabile, mentre si deve fare riferimento a sangue e suolo, binomio nato dal Romanticismo e corroborato dai movimenti völkisch.
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