Possiamo non dirci cristiani?

In diversi articoli ho espresso approfonditamente la visione lombardista in materia di religione e di cristianesimo, ma credo non sia peregrino riprendere la questione nello spazio del mercoledì sera. Il lombardesimo critica e condanna la fede in Cristo, giustamente ritenuta un corpo estraneo nel contesto europeo, e ne prende le distanze anche per via della sua concezione del mondo: universalismo, fratellanza globale, umanitarismo, egualitarismo, anti-particolarismo sono tutti quanti principi inconciliabili con la visione völkisch e proprio per tale ragione riteniamo indesiderabile la preservazione della spiritualità giudeo-cristiana. Perché, fra l’altro, c’è anche questo piccolo particolare: il cristianesimo è emanazione del giudaismo. Puerile negarlo.

Alla luce dell’estraneità della suddetta religione nei confronti della più intima essenza del nostro continente, che è indoeuropea, ci poniamo il seguente interrogativo: possiamo non dirci cristiani? La risposta del lombardesimo a tale quesito è del tutto affermativa, dacché pur avendo un’Europa cristianizzata quasi da 2.000 anni resta il fatto incontrovertibile che la storia della civiltà patria si sia evoluta nonostante il cristianesimo, che ha certo monopolizzato e polarizzato le energie, le forze e le risorse degli europei per diversi secoli ma che non ha potuto sopprimere la solarità ariana del continente bianco. La civiltà europide non è cristiana, è indoeuropea, e la religione di Cristo si è potuta insinuare in Europa parassitando, abitando, la stessa gentilità.

Sì, perché se ci pensate il cristianesimo ha assorbito, pervertendoli, svariati elementi culturali e spirituali di matrice pagana, non da ultimo il pensiero filosofico greco, e sulle ali della romanità imperiale è assurto a nuovo assolutismo, senza perdere le proprie radici semitiche. La nostra cultura, è vero, risente del cristianesimo, ed è innegabile che la tradizione dei padri sia stata pure cristiana; bisogna essere onesti, anche alla luce del patrimonio letterario, artistico, morale che ha permeato, e in parte permea ancora, la mentalità europea. Ma nonostante questo non va perso di vista il fatto che senza Indoeuropei, senza Grecia e senza Roma, senza la spiritualità celtica e le spade germaniche o slave lo stesso cristianesimo, cattolico, ortodosso o protestante che sia, non sussisterebbe.

Epperò si tratta, appunto, di un pervertimento delle vitali energie europidi, che nascono pagane, non giudeo-cristiane, e per quanto lo stesso concetto di Europa si associ storicamente a quello della fede in Cristo non si può negare che l’evangelizzazione abbia rappresentato una forza estranea al continente, un prodotto d’importazione di origine mediorientale, ancorché paludato di nobili vesti indogermaniche, concepito da ebrei ellenizzati, e da loro esportato nel cuore dell’Impero romano, e da lì al resto delle plaghe bianche. Inutile e patetico negare l’evidenza, pena contorsioni e salti mortali francamente ridicoli, sebbene animati spesso da buone intenzioni e da elucubrazioni non del tutto campate per aria.

L’Europa incarna un mondo e un concetto troppo sacri per venire insozzati dalla cultura semitica. Se siamo ciò che siamo lo dobbiamo ai padri indoeuropei, alla civiltà dell’antica Grecia, alla romanizzazione (quella positiva, non l’imbastardimento levantineggiante), e dal punto di vista cisalpino al sangue e allo spirito di Liguri, Celti, Etruschi, Reti, Veneti, senza dimenticare l’apporto germanico medievale, primariamente longobardo. Certo, siamo stati cristianizzati, e la tradizione pagana è stata soppiantata – sopravvivendo sotterraneamente – da quella delle sottane pretesche, ma badate bene che il cristianesimo, specie cattolico e ortodosso, ha potuto farsi largo in Europa associandosi alle radici gentili, per sedurre gli indigeni. Sicché la Chiesa ha prosperato per secoli sfruttando il sostrato pagano, e grazie ad esso è rimasta a galla, fra una bufera e l’altra. D’altronde, il cristianesimo è un parassitismo di schemi, modelli e retroterra che cristiani, cioè diversamente giudaici, non sono, e se gli levate l’afflato indoeuropeo il castello crollerebbe.

Da qui il tentativo disperato degli identitari cristiani – che sotto sotto si vergognano della propria fede, altrimenti abbraccerebbero senz’altro la matrice giudaica e levantina, e il Vangelo, abbandonando stucchevoli autoconvincimenti razzistici – di conciliare l’essenza dell’europeismo (etnoculturale) con l’eresia ebraica di Gesù, ma, come ripeto spesso, se devo tollerare il cattolicesimo, oggi peraltro ridotto a costola del mondialismo, per via di echi pagani, faccio prima a recuperare in toto il paganesimo, genuina ed originale espressione dei veri culti tradizionali d’Europa. La gentilità è sepolta, ufficialmente, da circa 2.000 anni? La si può tranquillamente ripristinare. La religione, dopotutto, è fatto secondario, nonché mero prodotto dell’immaginazione umana, non vale la pena lambiccarsi il cervello per essa. Il punto fondamentale è che può essere tollerata e promossa solo ed esclusivamente se non si tramuta in una zavorra antinazionale, come nel caso del cristianesimo.