Il lombardesimo crede fortemente nell’unità della nazione cisalpina, dal Monviso al Nevoso, dal Gottardo al Cimone. Esso ha un’ottica etnonazionalista e portando avanti l’ideale indipendentista ritiene che i popoli della Grande Lombardia non debbano disperdere le proprie energie fomentando campanilismi e regionalismi. È chiaro che all’interno della Padania vi siano identità secolari a cui le genti sono particolarmente legate, ma oggi dobbiamo cercare di unire gli sforzi ed esaltare quanto ci unisce, nel nome dei nostri padri celti, gallo-romani, longobardi, lombardi medievali. Siamo tutti lombardi, anche al di fuori dello spazio etnico del bacino padano, e ogni plaga granlombarda rappresenta una parte fondamentale della nostra nazione.
Il leghismo, negli anni ’90 del secolo scorso, ha proposto a più riprese diversi modelli di decentramento, senza mettere realmente in discussione l’impianto romano della Repubblica Italiana. Vero, nella fase secessionista sembrava di essere di fronte ad una svolta ma se pensiamo a come il tutto si sia poi sgonfiato, venendo riassorbito dal centrodestra berlusconiano, capiamo bene che il celodurismo bossiano sia stato soltanto una farsa propagandistica, anche se alla Lega Nord possiamo riconoscere il merito di aver posto, seppur confusamente, una questione “padana”. Secessionismo, federalismo, autonomismo, devolution… Le varie tappe della lotta, reale o presunta, al centralismo italiano hanno proposto delle soluzioni politiche sempre mirate al libertarismo, anche in seno alla Padania.
Bisogna partire dal presupposto che con Roma non si deve scendere a patti, e la Lega fece questo errore, finendo triturata e assimilata dall’organismo italico, in tutto e per tutto. Un partito schiettamente cisalpino deve badare alla Padania, non all’Italia, e quindi battersi sul proprio territorio. Ma già la soluzione secessionista fu una sceneggiata, e partiva da un’idea mendace: secessione è una parte che si stacca da un ente ritenuto unitario, dunque una parte di una nazione, mentre la Grande Lombardia non è affatto il nord dell’Italia. Si deve dunque parlare di indipendenza, non di secessione, perché si tratta di liberarsi da Roma e dall’Italia, entità forestiere.
Reputo, altresì, l’autonomismo inutile, perché nessuna realtà padano-alpina merita autonomie rispetto alle proprie sorelle, altrimenti si scatenerebbero poco proficue liti e inimicizie. Noi lombardisti crediamo in un modello cantonale, blandamente federale su alcuni punti, che sia l’ossatura amministrativa di una repubblica presidenziale unita, etnonazionale, comunitaria, senza più enti regionali espressione di identità fasulle. La vera identità è quella panlombarda, che poggia sugli orgogli comunali di origine medievale, e che si fa espressione concreta delle nostre radici: liguri, reto-etrusche, celtiche, venetiche, galliche, gallo-romane, longobarde.
Federalismo? Solo se inteso come una forma mitigata che conceda delle blande autonomie su taluni argomenti, all’interno della realtà cantonale. Niente più regioni, come detto. Soprattutto niente soluzioni alla svizzera, perché la Confederazione Elvetica non è una nazione, mentre la Grande Lombardia sì. Il credo lombardista è più favorevole ad una soluzione centralista, che federalista, perché quest’ultima diverrebbe dispersiva, mentre la nostra nazione ha bisogno di unità , coesione, forza. Non si tratterebbe più della multietnica Italia. Di sicuro, anche per tale ragione, il lombardesimo si distacca dal leghismo, poiché decisamente etnonazionalista e votato all’esaltazione razionale di sangue, suolo, spirito, a partire dalla Lombardia etnica. Lombardia etnica che è il fulcro naturale, il cuore, della nazione grande-lombarda.
