Prole

I figli sono la benedizione di ogni unione eterosessuale tra uomo e donna, frutto della paternità e della maternità. Sono la prosecuzione della stirpe, dunque il futuro della nostra nazione, e oggi come non mai c’è bisogno di ridare vigore alla demografia granlombarda, dissanguata dalla denatalità, dall’immigrazione e dal culto di consumismo ed edonismo che isterilisce il grembo delle donne occidentali, azzoppando peraltro la virilità. Non è vero che non si fanno più figli perché mancano le risorse: non si fanno più figli perché mancano drammaticamente i valori, e non a caso le relazioni sono sempre più liquide ed instabili, usa e getta, con matrimoni che si sfasciano dopo pochissimo tempo grazie anche alla santificazione del divorzio, sdoganato e normalizzato da una società auto-genocida. La gente non ha più pazienza, non ha voglia di fare sacrifici, non vuole rinunciare al soddisfacimento del proprio ego in favore della creazione di una famiglia, vista ormai come un ingombro e una scocciatura. E questo mentre il terzo mondo e gli allogeni che da lì provengono continuano a sfornare marmocchi con ritmi selvaggi, senza preoccuparsi delle fisime occidentali.

Paghiamo lo scotto della sedicente emancipazione sessuale femminile: il sistema ha convinto le donne che possono giocare al dongiovanni in gonnella fino a 40 anni e oltre, con ricadute tragiche in termini di natalità. Chiaramente si parla di femmine europee, non immigrate, dato che l’allogeno non rinuncerebbe per nulla al mondo alla propria tradizione, ai propri usi e costumi, alla propria religione. In un Occidente dove gli uomini vengono demonizzati e castrati e le donne messe sul piedistallo solo perché donne, in nome del cancro femminista, ecco che le culle sono sempre più vuote e le pance sempre più piene, con la razza bianca che continua inesorabilmente a scavarsi la fossa da sola. Lo chiamano progresso, sviluppo, benessere, ma non è altro che la tomba di un’Europa vieppiù decrepita e pronta ad essere completamente sostituita dalle “risorse” alloctone. Per questo occorre recuperare il senso comunitario e la solidarietà etnonazionale, affinché le nostre terre abbiano un domani roseo, invertendo la rotta di un continente che appare destinato ad inabissarsi, sommerso dallo tsunami migratorio e dalle pulsioni suicide figlie della società capitalista dei consumi.

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