Noi lombardisti abbiamo particolarmente a cuore le sorti ambientali della terra granlombarda, poiché comprendiamo appieno quanto sia importante coniugare l’istanza etnicista con quella ecologista. Tuttavia, non ci uniamo al coro dei pecoroni “verdi”, degli ambientalisti da salotto e dei guitti stile Greta Thunberg, perché questa gente ha completamente in non cale il carattere etno-razziale dei popoli europei, e propone una difesa della natura su basi progressiste e antifasciste. Senza mordente etnonazionalista, l’ambientalismo si riduce ad una inutile pagliacciata, come dimostrano ampiamente i personaggi pubblici che fanno gli ecologisti, a parole, soltanto per alimentare una sciocca moda occidentale che è figlia del pensiero liberal.
Proprio per questo motivo il lombardista crede fermamente nell’unione di sangue e suolo e, dunque, nella necessità di far procedere l’ambientalismo sugli stessi binari dell’identitarismo etnico. In tal modo propugniamo l’econazionalismo, che è il patriottismo conciliato con l’ecologismo, dacché non è pensabile difendere il suolo senza difendere il sangue. A che giova battersi per la tutela dell’habitat se ci si dimentica del popolo indigeno che lo abita? O forse vale solo per gli indios? I cosiddetti verdi condannano cementificazione, industrializzazione selvaggia, deforestazione, inquinamento, avvelenamento dell’aria senza capire che ignorare la portata del problema migratorio e della sovrappopolazione è semplicemente demenziale, oltre che miope e pericoloso. I selvaggi ritmi riproduttivi degli altri continenti, e la conseguente invasione dell’Europa, stanno alla base degli sfracelli che esperiamo quotidianamente.
Diventa sterile occuparsi soltanto di flora e fauna, e paesaggio, ignorando clamorosamente i destini della nazione. Se riteniamo dannosa l’introduzione di specie alloctone, che va a scapito di quelle autoctone, perché sorvolare sulla portata esiziale dei flussi migratori, essendo peraltro di massa? L’Europa è stata investita da un’alluvione di popoli del terzo mondo, che va a peggiorare un quadro già reso problematico dalle nefaste ricadute del culto del progresso e dal pazzesco calo demografico europide. Gli sciagurati credono che accogliere allogeni sia una soluzione alle nostre grane, quando in realtà è soltanto un modo imbecille di aumentarle a dismisura.
Sembra che solo le genti del sud del mondo abbiano il diritto all’autodeterminazione, alla difesa etnica, alla preservazione delle proprie caratteristiche biologiche e culturali. Gli europei paiono condannati inesorabilmente all’estinzione, e guai a ribellarsi: razzismo, nazismo, fascismo, suprematismo sono le tipiche accuse rivolte al continente, qualora avesse sussulti d’orgoglio tesi a preservare l’autoctono patrimonio antropologico. E nemmeno si parla di colonialismo, badate bene, ma di salvaguardia delle nostre terre. Però si sa, l’Europa è destinata al tramonto e al tracollo: da culla della civiltà , viene oggi ridotta a centrale del male discriminatorio. Figuratevi, poi, se il discorso etno-razziale si allarga a quello relativo a sesso, orientamento sessuale, capacità psicofisiche…
Il maschio bianco eterosessuale, “cis” e abile, peggio ancora se cristiano o gentile, è stato la colonna portante della civilizzazione occidentale. Nell’età contemporanea, invece, è assurto a nemico pubblico numero uno dei “diversi”, e di tutto quel ciarpame che viene definito “woke”. Allo stesso modo, l’ambientalismo viene privato della salutare fierezza identitaria, che consente di tutelare l’ambiente assieme al popolo indigeno, castrando l’orgoglio patriottico. Un baluardo, questo, contro ogni tipo di barbarie globalista, non a caso demonizzato e criminalizzato da tutti coloro che si genuflettono di fronte al sistema-mondo. L’econazionalismo è la soluzione alle questioni ambientaliste, in quanto schierato dalla parte di sangue e suolo e avversario mortale delle flatulenze socialdemocratiche e liberali, che appestano l’aere, invece di bonificare e sanare.
