Antropologia e identità: il caso cisalpino

L’antropologia fisica e la genetica delle popolazioni, dunque lo studio del profilo biologico e razziale di una o più etnie e nazioni, rappresentano un caposaldo nell’ottica identitaria del lombardesimo, poiché l’identità dei lombardi riguarda anche e soprattutto il sangue. Un aspetto etnico cisalpino esiste e sussiste pure in termini antropologici, per quanto oggi si faccia di tutto per ridurre il concetto di etnia a qualcosa di meramente culturale, e innocuo. Ma è logico come la definizione di un’appartenenza comunitaria venga determinata da ciò che siamo biologicamente, essendo animali fatti di carne, ossa e sangue. E, naturalmente, di ADN. Coltivare, perciò, scibile antropogenetico permette di conoscersi, conoscere gli altri e comprendere la più che legittima vocazione indipendentista della Grande Lombardia.

Chi sa di antropologia fisica e genetica, non può ignorare la realtà dei fatti, e cioè che la Cisalpina sia un mondo a sé, rispetto all’Italia etnica, segnatamente meridionale. È chiaro come la luce del sole che le differenze nette che passano tra noi cisalpini e gli italiani riguardino pure la natura etno-razziale, dunque biologica, dell’identità continentale e peninsulare-insulare, perché i nostri popoli sono figli di geografie, climi, latitudini, etnogenesi, storie, stratificazioni demiche affatto diversi. Fa sorridere che taluno ritenga le differenze “interne” frutto di mera cultura, o di cucina (sic!), quando la cosiddetta Italia è l’ambito più eterogeneo d’Europa.

L’aspetto fisico delle popolazioni a sud delle Alpi varia sensibilmente da area ad area: oltre alle, evidenti, diversità di pigmento (pelle, capelli, occhi, peluria), vanno prese anzitutto in considerazione quelle craniologiche e antropometriche, e infatti statura, massa corporea e dimensione del cranio differiscono palesemente da settentrione a meridione. Mentre in Padania si fanno sentire gli influssi continentali, centroeuropei, che vanno a caratterizzare ulteriormente (specie lungo l’arco alpino) una popolazione di base sudoccidentale affine a francesi meridionali e iberici, ma con una craniometria decisamente mitteleuropea-balcanica, nell’Italia etnica predomina l’elemento mediterraneo, spesso con una sfumatura “greca”.

Il nord, dove più e dove meno, presenta un profilo intermedio tra continente e Mediterraneo nordoccidentale, includendo per certi versi Toscana e Corsica (comunque parte settentrionale dell’Italia etnica) che si avvicinano alla Romagna, all’Emilia e alla Liguria. L’area mediana, caratterizzata da mare e Appennini, fonde il precipuo strato mediterranide con componenti alpinoidi e dinaroidi, scolorando in direzione meridionale, dove alcuni elementi arcaici si mescolano al principale dato antropologico del sud, che è ovviamente quello mediterraneo: l’Ausonia, con la Sicilia, è il luogo d’incontro fra le correnti ibero-insulari e quelle greco-anatoliche. Sardegna, come sempre, isolata, anche se da un punto di vista fenotipico ricorda molto la penisola iberica meridionale e il mezzogiorno italico.

Abbiamo poi la genetica, che non fa altro che consolidare l’aspetto identitario corroborato dall’antropometria, con una Cisalpina essenzialmente sudoccidentale, in pari con Francia meridionale e Iberia, tendente ai popoli alpini e dei Balcani settentrionali; una Toscana intermedia fra nord e centrosud, con la Corsica (che risente comunque di un input sardo); un’Italia etnica mediana e meridionale di carattere sudorientale, ai livelli dei greci, che si fa sudorientale estremo nel caso del mezzodì, portando i suoi indigeni a rassomigliare profondamente agli isolani ellenici, ai maltesi, agli ebrei europei e, negli individui borderline, ai ciprioti. Checché ne possano pensare i nordicisti meridionali, il marcato elemento levantino, antico e recente, è una limpida realtà dei territori a sud della Toscana.

Avrò modo di offrire una rassegna dettagliata circa la facies antropologica e genetica della moderna “Italia”, pubblicando diversi articoli in materia, ma a tutti coloro che hanno occhi per vedere (e leggere) è ovvio come gli italiani, dalle Alpi alla Sicilia, non siano reali, soprattutto in chiave etnica. Nessuno nega che esistano differenze interne nella Grande Lombardia – soprattutto pensando alla dicotomia Alpi-pianura – ma sono nulla al cospetto della drammatica eterogeneità della Repubblica Italiana. Drammatica non perché la ricchezza identitaria sia indecente, ma perché, automaticamente, liquida tutte le fole retoriche sui “fratelli” che esistono soltanto nella testa dei patrioti tricolorati, denunziando l’assurdità dell’unità risorgimentale e lo statuto artificiale della pseudo-nazione peninsulare.

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