
Il 21-22 dicembre (quest’anno 21) cade il solstizio d’inverno, giorno più breve dell’anno e Capodanno astronomico. In tale data, cruciale per la tradizione indoeuropea, i nostri avi celebravano i germi della rinascita del sole e il lento diradarsi delle oscurità invernali, in quello che è il massimo declino del re degli astri (nella notte più lunga dell’anno), accendendo grandi falò all’aperto caratterizzati dall’incendiarsi di ruote lignee solari, ornate con le nobili essenze delle foreste europee (come il vischio). Il fuoco è un elemento centrale, emblema di purificazione e di buon auspicio nella lotta contro le tenebre del male e le avversità della natura, così come il sole che vince il buio della notte. Un rito di passaggio questo, dal vecchio al nuovo, dalle oscurità alla luce, dalla notte – che pian piano perde terreno – al giorno e che sancisce il trionfo dell’astro precipuo celebrato pienamente il 25 di dicembre, nel Natale del Sole Invitto di romana memoria. È morendo che il sole può rinascere in un nuovo ciclo vitale. Non stupisce che questa fondamentale fase di transizione dell’anno sia da sempre celebrata dai popoli europei in onore dei loro principali dei antichi, come ad esempio Odino (vedi Yule), e che sia stata di conseguenza abbondantemente parassitata dai cristiani storpiando il significato del vero Natale, che viene reso possibile proprio dal solstizio d’inverno.
Il parto del “Sole Bambino” nel gelo invernale viene riproposto dai fedeli in Cristo, in chiave evangelica, col Bambin Gesù che nasce da Maria (la notte, la Grande Madre lunare e ctonia, anche Terra e Angerona) nella fredda nottata di Betlemme; il presepe è la trasposizione cattolica del larario romano, con tutto ciò che ne consegue in termini di commemorazione degli avi (e di Saturno). L’esistenza dell’uomo (indo)europeo è scandita dal naturale ciclo delle stagioni che segue la posizione di quello che, da sempre, è il nostro vitale punto di riferimento: il sole, appunto. La classica ruota solare ariana rappresenta icasticamente questo avvicendamento astronomico, e simboleggia degnamente la luminosa, virile, guerriera mentalità dei nostri padri, ossia di coloro che hanno plasmato il nostro continente rendendolo unico, grazie anche alla loro tensione spirituale verso l’alto, la perfezione, il divino (asse verticale) che si interseca col cammino terreno, con l’esperienza di vita quotidiana che diviene battaglia, dell’essere umano di stirpe arya (asse orizzontale). Ecco, quindi, da dove giunge la simbologia della croce cristiana… E con il solstizio d’inverno il cerchio si chiude… per riaprirsi, inaugurando un nuovo ciclo stagionale della vita.
