
Nel periodo attorno alla metà di febbraio, solitamente, o comunque a cavallo tra inverno e primavera, cade il Carnevale; etimologicamente vale ‘levare, togliere la carne’ prima della Quaresima, che inizia con il Mercoledì delle ceneri, nei Paesi cattolici. Le sue radici sono assai antiche, basti pensare alle Dionisie greche e ai Saturnali romani, e sta a rappresentare un rinnovamento simbolico, un rovesciamento dell’ordine, lo scherzo e la dissolutezza, e da un punto di vista più profondo e spirituale il bisogno di rigenerazione mediante abolizione del tempo e passaggio dal caos alla cosmogonia. Ma dopo questo clima orgiastico, l’ordine viene ripristinato. Il mascheramento tipico del Carnevale assume, allora, un significato apotropaico, in cui chi indossa una maschera acquisisce le caratteristiche soprannaturali dell’essere rappresentato (basti pensare ad Arlecchino e alle sue origini infere, e al culto degli avi): il passaggio da inverno a primavera incarnato dal tempo carnascialesco segna un transito aperto tra il mondo dei morti e quello dei vivi, simboleggiato altresì dall’energia riconquistata dalla terra, che si risveglia dal torpore invernale, e dal buio delle giornate brevi.
Il Carnevale ha il suo culmine nel giovedì grasso e nel martedì grasso, che sono gli ultimi prima della Quaresima; l’etimo, appunto, risale all’usanza del banchetto d’addio alla carne consumato la sera del martedì grasso, giorno prima del mercoledì delle Ceneri che sancisce l’inizio del periodo quaresimale. La maschera diventa la protagonista assoluta dei rituali e delle orge carnevaleschi, maschera che, però, nel teatro greco e romano ricopre un ruolo fondamentale, che è quello catartico: osservandola, deridendola, compatendola, ci si liberava di quegli aspetti presenti, in misura maggiore o minore, in tutti noi. Questo profilo si vede bene in una maschera come Arlecchino, figura antichissima caratterizzata da meschinità , bassi appetiti, stolidezza. Esso ha rimandi greci, italico-romani, germanici e romanzi, persino etruschi se pensiamo a phersu, la ‘maschera’, da cui l’italiano persona, e soprattutto personaggio (in latino significa parimenti ‘maschera’, nella sua accezione iniziale), dotato per giunta di vestito a scacchi, o maculato. Arlecchino è il simbolo del Carnevale “italiano” (cioè padano), per quanto figura tradizionalmente associata alla sola Bergamasca, tramite gli zanni lombardo-veneti e i poveri facchini delle valli orobiche che cercavano fortuna a Venezia, come scaricatori di porto.




