Multipolarismo, ma senza terzomondismo

Il lombardista crede fortemente nel tema dell’Euro-Siberia, che dovrebbe essere il futuro della razza europide e delle nazioni indigene del nostro continente. Una grande famiglia imperiale, confederale, che abbracci tutti i territori bianchi originari, nel segno dell’identitarismo völkisch e dell’autoaffermazione dei legittimi popoli, come il granlombardo. Il disegno euro-siberiano è l’unico progetto serio e razionale per salvare la nostra civiltà, sopravvivendo al sistema-mondo, contrastando efficacemente gli altri potentati e riuscendo ad imporsi, a casa propria, nel nome di un’autarchia continentale. Sganciarsi dal carrozzone funebre atlanto-americano è di vitale importanza, poiché l’unipolarismo a trazione statunitense è la tomba dell’Europa, Russia compresa (che appartiene quanto noi alla civiltà bianca ed europea).

Alla luce di ciò parlare di multipolarismo, nel rispetto della sovranità di ciascuna popolazione, è sacrosanto, a patto che tale discorso non prenda una piega terzomondista – in stile BRICS – e non verta sulla legittimità di nazioni del tutto fasulle, alla africana, con confini tirati giù col righello, nessuna seria entità etnica e nazionale a fare da collante e, dunque, nessun tipo di giustificazione identitaria e storica. Stiamo parlando di realtà come quelle del Sudamerica, dell’Africa sub-sahariana appunto, ma anche di realtà del cosiddetto primo mondo, con gli Usa in testa. Oggi si affermano questi sterminati contenitori statali di popoli disparati, in cui il sangue non conta più nulla e la cui potenza è espressione di una demografia impetuosa, di una macchina militare possente e di un apparato economico estremamente aggressivo.

L’Europa corre il rischio di venire stritolata, da questi potentati globalisti, ed occorre infatti che si stabiliscano rapporti camerateschi con la Russia – fino agli Urali, Europa – affinché si edifichi un novello impero confederale che sappia difendere con le unghie e con i denti l’inestimabile patrimonio etnico, culturale, civile, storico, spirituale delle nostre terre, mortalmente minacciate dall’auto-genocidio totale e dalla dissoluzione operata dall’immigrazione allogena di massa, dalla società multirazziale e dal meticciato.

La Russia putiniana, un colosso patriottico tra i nani liberal occidentali, ha il difetto di non avere coscienza razziale e di indugiare troppo nel cosmopolitismo, in nome di un imperialismo dal retrogusto sovietico che in un modo o nell’altro calpesta le radici degli europei. Chiaro, non condividiamo la demonizzazione di Vladimir ma nemmeno il culto idolatrico di taluni settori nostrani, perché resta il fatto che la nazione moscovita contemporanea sia troppo impelagata in un eurasiatismo privo di seri connotati razziali e giustificato dalla geopolitica anti-occidentale. Il massacro in Ucraina, terra sorella di quella russa (se non russa prima ancora della Russia), perpetrato anche grazie ad ascari caucasici, turchi e mongolidi, è il fallimento totale della solidarietà fra genti europee, messe le une contro le altre dai soliti…

Come lombardisti abbiamo il dovere, anzitutto, di lottare per l’autodeterminazione del nostro popolo, in un’ottica indipendentista, impegnandosi in primis per affrancarne il sentimento identitario e proteggerlo dall’estinzione (in casa propria). Assieme a ciò, va portata avanti la meritoria battaglia contro il sistema-mondo, contro la galassia antifascista e il relativismo eradicatore che distrugge nazione, comunità e famiglia. Parallelamente, la camicia plumbea ha il compito di diffondere la teoria euro-siberiana, con l’obiettivo di rottamare la tragicomica Ue e di abbandonare, finalmente, il baraccone a stelle e strisce. Prima viene la Grande Lombardia, e in seconda istanza la vera Europa. Un’Europa che va dalla Galizia a Vladivostok e che può risorgere soltanto mediante il sacrale consorzio di tutti i popoli europidi, in nome delle nostre radici ariane, steppiche. Volgiamo lo sguardo ad Est, dove tutto cominciò.