18 marzo (2020): il ricordo delle vittime del Covid-19

Monumentale di Bergamo

I sud-italiani in fuga da Milano, e che cantavano e strimpellavano dai balconi durante il confinamento; le politiche e le restrizioni del governo giallo-rosso di Giuseppe Conte, dal predominante carattere ausonico, che si faceva beffe della Padania ferita, colpita al cuore; l’abnorme numero di necrologi della stampa locale; il lugubre corteo dei mezzi dell’esercito tricolore in quel di Borgo Palazzo, a Bergamo, sede dell’antica corte regia franco-longobarda; i militari russi che sanificavano gli ospizi delle valli orobiche e bresciane, bandiere moscovite al vento… Sono già passati 5 anni dal fosco periodo in cui infuriò il coronavirus, morbo cinese d’importazione globalista, segnando profondamente la memoria della nostra gente. Bergamo, Brescia, Crema, Cremona, Lodi, Piacenza, le città più flagellate dal contagio, in un’emergenza sanitaria spacciata per “nazionale” (in senso italiano) che riguardava fondamentalmente il cuore della Cisalpina. Tutti ricordiamo quella terribile fase della storia recente padana, e per quanto media, politica, multinazionali, enti mondialisti e alta finanza ci abbiano marciato, strumentalizzando il dolore della gente per imporre misure draconiane a uso e consumo del sistema, è indubbio che in quel marzo del 2020 si sia registrata un’altissima mortalità in certe aree, rispetto agli anni precedenti. Sirene spiegate, campane a morto, onoranze funebri prostrate non furono di certo un’invenzione.

La generazione dei nostri vecchi è stata messa a durissima prova dagli eventi di quel periodo, e moltissime famiglie, ad esempio, dell’orobica Val Seriana hanno pianto uno o più cari che se ne sono andati, in situazioni drammaticamente complicate e compromesse dai rigidi protocolli sanitari (taluni mettono sotto accusa la condotta stessa del personale sanitario, vedi intubazione). Molto inchiostro complottista è stato versato, a cominciare dai mesti convogli militari che dagli ospedali bergamaschi partivano alla volta di altri forni crematori granlombardi, per via del collasso di quello cittadino, per poi giungere alle campagne vaccinali e alla natura del vaccino stesso, approntato per contrastare il covid, ma per chi non è addetto ai lavori il rischio di avventurarsi in sentieri alternativi comporta impantanarsi in tesi ridicole. Resta il fatto, è chiaro, che lo status quo abbia usato il pretesto della crisi per aumentare il controllo delle persone spaventandole, restringere le libertà individuali, discriminare chi, legittimamente, ha rifiutato di vaccinarsi, il tutto per portare quattrini nelle casse dei soliti noti. Andavano tutelate le fasce più deboli e gli anziani, come nel caso della prevenzione anti-influenzale, ma si è preferito coartare, in maniera sotterranea, con provvedimenti dispotici benedetti dalle alte sfere. Trasformando il coronavirus nella peste bubbonica. Oggi, ricordare chi morì tra inverno e primavera del 2020, nel fulcro della nazione lombarda, è doveroso e sacrosanto, come ogni altro evento luttuoso che ha interessato la nostra comunità, con un avvertimento: il benessere materiale e spirituale dei lombardi passa per la libertà da Roma, dall’Unione Europea e dal sistema-mondo.

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