Contro globalismo e universalismo

In un momento storico in cui vilipendere le vere patrie è divenuto quasi un dovere morale, la sfida del lombardesimo è quella di dare voce ad una nazione storica come la Lombardia, che per quanto dormiente ha tutte le carte in regola per potersi battere per la propria autodeterminazione, nel solco dei principi völkisch di sangue, suolo, spirito. Il nostro nemico mortale, oltre al patriottismo di cartapesta all’italiana, è certamente il sistema-mondo, dunque la globalizzazione, ma anche la mentalità universalistica portata avanti da dottrine nefaste come lo stesso cristianesimo. Sradicare il sentimento identitario di una comunità, in nome delle ammucchiate pluraliste ed ecumeniche, è un crimine e un tradimento nei confronti della collettività autoctona.

Per quanto mondialismo e universalismo, tecnicamente, non siano la stessa cosa, resta il fatto che la loro natura parta dal medesimo presupposto: che gli uomini siano tutti uguali e fratelli, senza razza, che la terra non sia di nessuno perché i popoli indigeni sono soltanto di passaggio e che al di sopra di tutto si collochi un dio o un demone assolutista a cui tutti gli esseri debbano obbedienza, senza alzare la testa e ribellarsi. Il semplice, apparentemente innocuo concetto di umanità, a ben vedere, è intriso di retorica e ipocrisia egualitarie, fatto apposta per turlupinare le genti europidi, bianche, direttamente a casa loro. A tutto vantaggio dello status quo.

Non possiamo permetterci di alimentare l’auto-genocidio lombardo contribuendo alla narrazione globalista, sacrificando così la verità assoluta del sangue sull’altare del moloc internazionalista ed unipolare (ma anche multipolare, se questo comporta un’ottica terzomondista): noi dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per giungere alla vittoria e alla salvazione della Lombardia, e per farlo occorre sconfiggere ogni velenosa menzogna figlia dei principi giacobini e rivoluzionari. I fratelli dei lombardi sono soltanto i lombardi medesimi, non c’è fesseria da Libro Cuore che tenga.

Ogni ideologia che promuova uguaglianza e fratellanza in un’ottica umanitaria, antifascista e antirazzista va condannata e respinta, perché è proprio così che si affossano i destini della nazione e, dunque, che ci si suicida. Non lasciamoci infinocchiare dalla propaganda di regime – tricolore, euro-stellata o atlantista che sia -, o da quei culti, religiosi o meno, che puntano tutto sull’annientamento di razza, etnia, nazione, patria, comunità per poter plasmare quel vomitevole omogeneizzato variopinto funzionale all’alta finanza, e ai suoi pescecani. L’identità cisalpina è un patrimonio inestimabile e insostituibile, perché la Lombardia vale infinitamente di più di qualsivoglia “paradiso”. La nostra terra viene prima di ogni cosa, ovviamente intesa non come “banale” paesaggio ma come comunità di popolo.

E allora, se stigmatizziamo globalizzazione e sistema-mondo in quanto espressione patologica di quell’unipolarismo all’americana che mira a tramutare il pianeta, a partire dall’Europa, in una gigantesca fogna multirazziale e cosmopolita, così dobbiamo condannare l’universalismo greco-romano e/o giudeo-cristiano, perché non esiste alcun ente sovrannaturale posto al di sopra dei nostri crani e perché la fratellanza tra uomini e donne di ogni dove è soltanto un parto malato di chi è nato per odiare e combattere sangue, suolo e spirito, dunque la natura e la civiltà. Il tutto, molto banalmente, per asservire le genti migliori a quella volgarità democratica che, dopotutto, non è altro che uno squallido tributo alla mediocrità imperante nell’odierno Occidente apolide.