La sonorizzazione

Nel precedente articolo sulla lombardofonia, abbiamo parlato della palatalizzazione, uno dei peculiari tratti, antichi e moderni, che accomunano il troncone cisalpino della Gallo-Romània a quello transalpino; un fenomeno che oggi sopravvive, in particolare, nel ladino allargato, il retoromanzo. Un altro elemento basilare che lega l’ambito linguistico lombardo, in senso storico, al galloromanzo ristretto, che è quello d’oltralpe, è il fenomeno della sonorizzazione anteriore al 1200, un tratto che tradisce un’intima connessione fra cisalpino antico e antico francese, che non con il provenzale. Anche oggi possiamo trovare fenomeni di sonorizzazione nei nostri idiomi, basti pensare alla lenizione delle consonanti occlusive sorde intervocaliche, del latino, oppure alla pronuncia della s intervocalica in lemmi italiani come casa, rosa o cercasi, per quanto concerne l’italiano regionale lombardo. Nel primo caso, la sonorizzazione viene seguita dalla fase fricativa e poi dal dileguo, che è logica conseguenza dell’indebolimento delle occlusive intervocaliche latine.

La s intervocalica sonora, assieme alle consonanti scempie (degeminate), è una delle più classiche caratteristiche dell’italiano regionale cisalpino, che è una versione della lingua tetto alterata dal nostrano strato dialettale, specie a livello fonetico e lessicale. L’italiano regionale “settentrionale” non va, ovviamente, confuso con le lingue indigene, poiché quest’ultime non sono certo una corruzione del fiorentino letterario standard, come qualche frescone vorrebbe far credere; i vari dialetti del lombardo non discendono dal toscano ma sono il prodotto indigeno del latino volgare parlato in Padania, alterato dal sostrato celtico e dal superstrato germanico, segnatamente longobardo. L’isoglossa Massa-Senigallia separa la Romània occidentale da quella orientale, e il galloromanzo cisalpino dal vero e proprio italo-romanzo, grazie alla stessa dicotomia Lombardia ∼ Italia in materia di sonorizzazione. D’altra parte, come hanno intuito vari studiosi (dal Bec al Pellegrini, da Hull a Pfister), gli stretti rapporti linguistici, frutto del comune ambito etnico gallo-romano e germanico, fra il troncone transalpino e quello cisalpino dell’antica Gallia si protraggono oltre il secolo XI.