Il lombardesimo persegue un’idea economica che si colloca nella dottrina – perfezionata – della terza via, prendendo le distanze tanto dal sistema capitalista e liberale, tipico della decadenza occidentale, quanto dai vieti sottoprodotti del socialismo marxista, che puzzano di cosmopolitismo semitico. Parliamo di dottrina perfezionata per il semplice fatto che noi non si indugia nel socialismo nazionale, “rossobruno”, che può risultare logoro ed equivoco, bensì perché al socialismo preferiamo senza ombra di dubbio il concetto di comunitarismo, oggi basilare. Il culto razionale di sangue, suolo, spirito viene prima di ogni cosa e deve ispirare ogni campo dello scibile politico umano, dunque anche la dottrina economica. Il rischio dell’ideologia socialista convenzionale è quello di ridursi alla sterile lotta di classe, ancorché edulcorata dall’istanza nazionalista, mentre è evidente che il lombardesimo ponga enfasi sulla lotta identitaria ed etno-razzialista, senza per questo rivestirsi di ambigui connotati suprematisti. Sociali e nazionali? Certamente, ma in un’ottica non più neofascista o neonazista (caricatura di quelle originali), o nazi-maoista, perché sublimata in maniera inedita dal comunitarismo di stampo lombardista. Oltretutto espressione di un ambientalismo, o meglio econazionalismo, privo di strascichi liberal.
Lo Stato deve essere al servizio della patria, della comunità, poiché sono proprio quest’ultime a legittimarlo, a renderlo idoneo a rappresentare degnamente il popolo. In caso contrario, lo sapete, si otterrebbe un baraccone apolide all’italiana, non per nulla funzionale all’agenda europeista, atlantista e mondialista. E un organismo statuale degno di questo appellativo deve essere uno strumento che subordini il mercato al benessere della nazione, e che dunque non tramuti il capitale in un feticcio a cui tutto vada sacrificato; il lombardesimo crede nel protezionismo, nel corporativismo, nella nazionalizzazione della grande industria strategica, ma senza erigere una statolatria che rischia di spedire nel tritacarne l’identità in nome di un’idea di socialismo avulsa da sangue e suolo. Il dirigismo sta bene nella misura in cui il controllo dello Stato sia volto al vero progresso e al vero sviluppo della popolazione, mettendo economia e finanze a tutto vantaggio della patria. Pertanto, non occorrono bandiere rosse e deliri comunisti fuori tempo massimo, ma politiche economiche che rendano grande la Lombardia sfruttando le nostre indubbie, ancestrali, qualità. Al netto, si capisce, dello sciagurato culto del fatturato che è la cagione prima del nostrano tracollo etnico e nazionale.
