Il soggetto obbligatorio

La Gallo-Romània, o Romània settentrionale, che riguarda fondamentalmente i territori storici della Gallia Transalpina e Cisalpina, è costituita dal galloromanzo transalpino (che è quello in senso stretto) e dal cisalpino, che a sua volta comprende gli impropriamente detti gallo-italico e retoromanzo (cioè il ladino in senso lato). Uno degli elementi fondamentali che accomuna tutti questi territori, da un punto di vista linguistico, è la comparsa del soggetto obbligatorio, unito alla marcatura del nominativo (declinazione bicasuale storica) con la presenza del partitivo. D’altra parte, l’antica comunanza del cisalpino, come la stessa koinè padana (la scripta medievale), ci parlano di convergenze alla stregua di fascio di dialetti entro una lega sovraordinata, per dirla con le parole di Alberto Zamboni. Il sostrato celtico comune alle Gallie, che perdura romanamente sin nel tardo antico cisalpino legittimando la nostra identità gallica latinizzata, connette Francia e Padania intimamente ben oltre il 1000, per ragioni linguistiche e politiche, assieme a quelle etniche. È il linguista d’oltralpe Bec a parlarci di galloromanzo cisalpino, riconoscendo le differenze di idioma in qualità di derivazioni dai sostrati etnici.

Tra i fenomeni innovatori che conducono alla genesi del galloromanzo abbiamo, come detto, l’uso obbligatorio del soggetto, che risulta pronominalizzato: da qui il personale clitico, cioè senza accento e posizione fissa (prima o dopo il verbo), per via della caduta delle finali nella coniugazione dei verbi. Il pronome, del resto, viene reso ridondante perché reduplicato, anche nel caso del soggetto espletivo (pleonastico) dei verbi impersonali. E ricordiamo che la forma tonica dei personali soggetto deriva dalle forme oblique me e te, che hanno sostituito ego e tu, un fatto che può essere ascritto alle forme dell’accusativo (me, te) o del dativo (mihi, tibi) latini, ma anche al riemergere delle abitudini linguistiche dei popoli preromani della Padania, in particolar modo celtici. Sarà interessante notare, con il compianto padanista Sergio Salvi, che nelle lingue celtiche sopravvissute io si dice mi/me, proprio come nelle varie plaghe della Cisalpina e che, pure in etrusco, io si dice mi. Da qui l’ipotesi del linguista toscano secondo cui i nostri antenati potrebbero aver confuso il pronome oggetto dei Latini con il loro pronome soggetto, usato prima e dopo la romanizzazione.