23 dicembre (2024): la nascita di Nazione Lombarda

Nazione Lombarda

Il 23 dicembre 2024, in pieno periodo solstiziale d’inverno, nasceva in quel di Bergamo l’associazione politica (e culturale) Nazione Lombarda. Fondata per mano di dieci lombardisti, fra cui Paolo Sizzi, Adalbert Roncari, Alessandro Cavalli, Andrea Rinaldi e Filippo Ferrari, essa è l’approdo definitivo del lombardesimo militante, dopo le esperienze del Movimento Nazionalista Lombardo (2011) e di Grande Lombardia (2013). L’obiettivo fondamentale è l’affrancamento del sentimento identitario, comunitario e nazionale della vera Lombardia, etnica e storica, che come ormai sapete abbraccia l’intero spazio geografico cisalpino, unendo l’istanza del nazionalismo völkisch a quella dell’indipendentismo. Nel nome dell’autoaffermazione della nostra autentica, unica nazione, quella lombarda, ci battiamo per divenire, nel nostro piccolo, un punto di riferimento patriottico all’interno del panorama alpino-padano, liquidando i residui perniciosi del fallimentare fenomeno leghista, con tutte le sue banalizzazioni e inflazioni. Va da sé che il campo d’azione privilegiato sia, anzitutto, quello culturale, ma con una visione del mondo politica e ideologica ben chiara e perentoria, che ci parla di etnonazionalismo, di panlombardismo e di europeismo confederale e imperiale (l’Euro-Siberia).

NL vuole essere il coronamento della dottrina lombardista, lanciata da Paolo Sizzi e Adalbert Roncari nel lontano 2009 (ma principiata nel 2006 grazie alla presa di coscienza dell’Orobico), che già a partire dalla denominazione metta in chiaro che i lombardi sono soltanto tali e che la loro vera patria coincide con la Grande Lombardia, che è poi la vera Lombarda. La natura dell’associazione è politico-culturale ma allo stato dell’arte non siamo interessati a competizioni elettorali, candidature e poltrone: l’intento è sempre quello di poter attuare una rivoluzione che cominci, in primis, dall’acculturazione perché sentiamo tutta la necessità di dover liberare, come punto di partenza, le menti dei nostri connazionali, prima di intraprendere un vero e proprio discorso politico inteso in qualità di partecipazione attiva alla vita della res publica. Umiltà, piedi per terra e buonsenso, strutturandosi sulla rete e come movimento d’opinione, per poter costruire, senza bruciare le tappe, un serio progetto identitario che, ovviamente, si immetta nel solco dell’indipendentismo. Ma, si capisce: a contare più di tutto, ecco l’etnonazionalismo, altrimenti l’indipendenza diventa una chimera priva di solide fondamenta. Con nel cuore il Bisson visconteo, emblema del popolo granlombardo combattente, e lo Swastika camuno, simbolo radioso del lombardesimo.

13 dicembre: Santa Lucia (festa dell’Orobia)

Lux/Lucina/Lucia

Il 13 di dicembre cade il ricordo della dea Lucina, cristianizzata in Santa Lucia da Siracusa. In questo periodo dell’anno, oggi pre-solstiziale, per via di un’antica sfasatura del calendario giuliano, veniva celebrato il solstizio d’inverno (che coincideva con il giorno 13 del decimo mese), richiamando alla memoria antichissime figure femminili portatrici di luce (e che danno alla luce), raffigurate oggi da un personaggio cristiano come la santa siciliana. Facile intravvedere, sotto la patina cristiana della martire siracusana (peraltro cara anche al settentrione scandinavo), le matrone e dee pagane associate alla luce solstiziale che rinasce col sole del 21-22 dicembre, ma correlate anche al parto, al dare alla luce delle nuove vite (la notte dalle cui viscere ri-nasce la luminosità). Ecco, quindi, che la dea etrusco-romana Lucina (per certi versi, Hera e Giunone) diventa la Lucia della Chiesa, e assieme alla luce si fa anche portatrice di doni per i più piccoli, seguendo in questo pure la tradizione dei Lares familiares, degli spiriti degli avi che ancor oggi recano doni notturni ai bambini nell’Italia etnica. Ma la dea della “notte più lunga” dell’anno, che è quella solstiziale, è pure, a maggior ragione, Angerona, colei che assiste nelle angustie (anche del parto, in questo caso del Sole bambino), che i Romani celebravano proprio il 21 dicembre. Altre divinità femminili consimili, celebrate in dicembre, sono Diana-Ecate, Epona/Rigantona, Iside, Opi, Acca Larenzia.

Santa Lucia, patrona della vista (non certo per caso), è invece festeggiata, l’abbiamo detto, come portatrice notturna di doni in groppa all’asinello (figura folclorica che riprende il modello dei defunti di casa che, la notte, passano lasciando dolciumi e balocchi per i bambini, e consumando frugali pasti preparati dai medesimi), soprattutto nell’attuale Lombardia orientale e padana, e in altri territori granlombardi come Emilia e Veneto occidentale, ma pure Trentino e Friuli. Proprio per tale motivo, la ricorrenza decembrina è alquanto sentita in queste zone, specie tra Bergamo e Brescia, e può essere inquadrata in qualità di festa della cosiddetta Orobia/Lombardia transpadana orientale. Ad una simile mitologica figura cristianizzata potremmo affiancare quella della valchiria Gambara, la mitica madre dei Longobardi (vedi antico alto-tedesco *gambar ‘audace’), per alcuni studiosi riflesso di una sacerdotessa della dea Freja, il cui matronimico ha dato… alla luce un noto toponimo bresciano, da cui il nome di un casato nobiliare. Terre come quelle di Bergamo, Brescia, Trento e Verona furono, altresì, sensibilmente occupate da arimanni longobardi che posero così le basi per i ducati più forti e turbolenti (assieme a quello friulano) della Langobardia Maior. E la figura luminosa della dea-santa Lux/Lucina/Lucia è molto amata anche in Isvezia, patria ancestrale degli antichi Winnili, secondo l’epos tramandatoci da Paolo Diacono. 

7 dicembre: il ricordo di Belloveso e Ducario (festa di Milano)

Scrofa semilanuta di Milano

Il 7 dicembre Milano festeggia il suo patrono, Sant’Ambrogio, vescovo e teologo della Chiesa cattolica. 7 dicembre perché? Perché in tale data (nel 374) venne consacrato vescovo della capitale lombarda, secondo la tradizione. Non posso però escludere che questa ricorrenza “copra”, come al solito, una più radicata tradizione di origine celtica (dunque pagana), magari legata al periodo dell’Avvento, che a sua volta usurpa una fase cruciale dell’anno, quella a ridosso del solstizio d’inverno del 21-22 dicembre. L’Avvento risente dei Saturnalia romani, in quanto periodo di preparazione, tra il serio e il faceto, al Natale (del Cristo, ma in origine del Sole Invitto), e lo stesso calendario liturgico ambrosiano ricalca le antiche tradizioni, tanto da essere, secondo alcuni studiosi, alla base del rito gallicano o, forse meglio, una versione romanizzata del primo (perciò del rito occidentale ispano-gallico e celtico). Siccome il 7 di dicembre è la festa patronale di Milano, la celebrazione di Milano, trovo ideale ricordare due figure autenticamente “meneghine”, in senso antico, ancorché scoloranti nella leggenda: Belloveso e Ducario. Due veri e sensati patroni laici della capitale lombarda. Ambrogio, peraltro, non era nemmeno milanese, ma un Romano di estrazione senatoria, nativo di Treviri (Renania-Palatinato, Germania occidentale, vecchia Gallia Belgica).

Belloveso, mitico condottiero gallico, è ricordato come il fondatore leggendario di Milano, giunto nel cuore della Pianura Padana partendo dal bacino del Rodano (tribù dei Bituriges). Egli avrebbe gettato le basi di Mediolanum riconoscendo un segno divino nella visione di una scrofa (semilanuta) di cinghiale e del biancospino; l’animale in questione è il precipuo totem dei Celti, mentre il biancospino è pianta consacrata alla dea Belisama, la Minerva dei Celti (secondo l’interpretazione romana). Questa la leggenda: la realtà più plausibile è che Milano esistesse prima delle invasioni galliche, dunque già dall’epoca golasecchiana, come santuario centrale delle varie tribù insubriche; successivamente altri gruppi gallici calarono in terra cisalpina, riconoscendo negli Insubri gente della medesima stirpe, assimilandone così il nome. Ducario è invece il mitico primo cittadino di Milano, insubre, cavaliere che prese parte alla battaglia del Trasimeno (24 giugno 217 a.e.v.), dove Annibale e i suoi alleati, tra cui gli Insubri appunto, sconfissero i Romani. In quello scontro, Ducario assalì e uccise, decapitandolo, il console Gaio Flaminio Nepote, il vincitore dei Galli Cisalpini che creò l’omonima provincia e sconfisse gli Insubres a Casteggio nel 222 a.e.v., vendicando la sua gente e i guerrieri celti massacrati.

In evidenza

11 gennaio 2026: presentazione ufficiale di Nazione Lombarda

Nazione Lombarda

Fratelli lombardi, ci siamo. Soledì (domenica) 11 gennaio 2026, dalle ore 15.30 alle ore 18, presso la sala consiliare del Castello Visconteo di Abbiategrasso (Milano), andrà in scena la presentazione ufficiale al pubblico dell’associazione politico-culturale Nazione Lombarda, nata il 23 dicembre 2024, in pieno periodo solstiziale d’inverno, in quel di Bergamo. Fondata da 10 lombardisti, fra cui il Presidente Paolo Sizzi, il Segretario Adalbert Roncari e gli altri membri del Consiglio Alessandro Cavalli, Andrea Rinaldi e Filippo Ferrari, NL si propone di adoperarsi per l’affrancamento del sentimento identitario, comunitario e nazionale del popolo granlombardo, a partire dall’ambito culturale, ma con un’ovvia ottica politica nel solco dell’etnonazionalismo e dell’indipendentismo.

L’associazione è l’approdo definitivo del lombardesimo militante, dopo il Movimento Nazionalista Lombardo (2011) e Grande Lombardia (2013), il cui carattere è politico, al di là di questioni statutarie e burocratiche, in senso schiettamente dottrinale e ideologico: Nazione Lombarda è un soggetto che non intende, soprattutto ora, partecipare a competizioni elettorali e non è dunque interessato a voti, poltrone, cariche e prebende; ciò che ci prefiggiamo, nel nostro piccolo, è divenire inedito punto di riferimento nel panorama identitario padano-alpino, strutturandoci come movimento d’opinione che, a partire in special modo dalla rete, si batta per liberare la nazione storica lombarda dal giogo italiano e mondialista, cominciando da menti, coscienze e spiriti. Chiaramente con mezzi civili e democratici.

Inutile portare alle urne i lombardi se questi non sanno nemmeno di esserlo, credendosi di volta in volta italiani, “padani” alla leghista o cittadini del mondo, perché infatti urge in prima istanza acculturare, divulgare le tematiche care al lombardesimo e porre così le basi per una missionarietà fra connazionali, mirata a una sana ri-educazione identitaria e comunitaria. La Grande Lombardia, cioè la Lombardia storica che ingloba tutta quanta la Cisalpina, è sotto ogni punto di vista popolo, etnia e nazione, per quanto dormienti, ed è dunque necessario che i lombardisti promuovano a piene mani l’idea dell’autoaffermazione nazionale delle Lombardie.

NL, associazione politico-culturale plasmata dal pensiero dagli storici araldi del lombardesimo Paolo Sizzi e Adalbert Roncari, si presenterà come faro culturale, ideologico e metapolitico per tutti coloro che vogliono raccogliere la sfida lanciata dall’etnonazionalismo cisalpino, al netto di ogni buffonata di stampo bossiano, lanciando quelli che sono i nostri cavalli di battaglia di sempre: lombardesimo e panlombardismo, comunitarismo, razzialismo, tradizionalismo emendato dall’etno-razionalismo, ambientalismo coniugato all’etnonazionalismo ed europeismo völkisch in ottica euro-siberiana. L’esaltazione razionale di sangue, suolo e spirito è ciò che ci guida, contrastando la degenerazione contemporanea che passa tanto per i fasulli concetti di Italia, Lombardia ed Europa quanto per il relativismo che mira a distruggere i vincoli di solidarietà etnico-nazionale e comunitaria.

Per chi fosse, dunque, interessato a presenziare all’evento dell’11 gennaio 2026, l’appuntamento è alle 15:30 presso la sala consiliare del Castello Visconteo di Abbiategrasso, Milano, in una storica e prestigiosa cornice dalla quale è transitato un gran pezzo dell’identità plurisecolare d’Insubria e della Lombardia etnica. Nel segno dei Visconti, il cui emblema araldico, il Biscione, campeggia al centro del logotipo di Nazione Lombarda, in quanto simbolo etnonazionale del popolo granlombardo, assieme allo Swastika camuno che è l’insegna del lombardesimo. Quel giorno avremo anche modo di presentare, oltre al drappo dell’associazione, la nostra proprosta di bandiera e stemma nazionali e, ovviamente, il sito ufficiale di Nazione Lombarda.

Dal Monviso al Nevoso, dal Gottardo al Cimone

Salut Lombardia!

5 dicembre (1746): la rivolta del Balilla (festa del Genovesato/Liguria)

Il Balilla

Il 5 dicembre è la festa di Genova (e della Liguria contemporanea, che è poi Genovesato), poiché ricorre la memoria del 5 dicembre 1746, data della rivolta cittadina iniziata dal Balilla, contro gli occupanti austriaci. Tale sommossa culminò con la cacciata degli asburgici dal capoluogo ligure, e fu una rivolta del popolo, anche dei suoi strati più umili, essendosi gli aristocratici facilmente piegati alla volontà austriaca di conquista della città. Secondo la tradizione, ad iniziare la riscossa di Genova fu Giovan Battista Perasso detto Balilla, il ragazzo di Portoria (quartiere genovese) passato alla storia col suo leggendario soprannome, il cui significato dovrebbe essere ‘pallina’, appellativo riferito a bambini e adolescenti liguri. Altro suo epiteto era il curioso “Mangiamerda”, nonché “Beccione”, che se ho ben capito, in vernacolo, significa ‘scopatore’. Questo giovane, scagliando un sasso contro la truppa austriaca che, con arroganza, pretendeva che i popolani genovesi levassero dal fango un suo pesante cannone (poi usato contro di loro), diede il La alla rivolta, terminata vittoriosamente.

«Che l’inse?» ossia «La comincio io?» è il celebre grido in genovese con cui il Balilla aprì le ostilità contro gli austriaci occupanti, aizzando la folla. La ribellione va contestualizzata nel più ampio scenario della guerra di successione austriaca (1740-1748), dove le più grandi potenze europee erano coalizzate contro l’Arciducato d’Austria; la Repubblica di Genova, per mantenere la propria neutralità, si schierò dalla parte di Francia e Spagna, il che portò all’invasione austriaca della capitale del Genovesato. L’identità del Balilla non è chiarissima, come è ovvio che sia, perché ammantata di mistero e di mito, sebbene tradizionalmente sia attribuita al suddetto Giovan Battista Perasso di Portoria (nato e morto a Genova, 1735-1781). Rimane, comunque, la figura del giovanissimo patriota ligure settecentesco – al netto della retorica risorgimentale e fascista – che dà il via alla riscossa popolare nei confronti di un esercito d’occupazione straniero, e poco importa se questo fosse asburgico anziché franco-spagnuolo. E in questo senso il Balilla è simbolo identitario della Genova e della Liguria resistenti, che può esser ancor oggi d’esempio, pensando alle drammatiche vicende postbelliche vissute da quelle terre, come dal resto della Cisalpina occidentale, in termini di colonizzazione e immigrazione.

5 dicembre: Cernunnos, patrono di Lombardia (festa dello Swastika camuno)

Cernunnos

Il 5 di dicembre, a mio avviso, potrebbe essere giorno dedicato a Cernunnos, patrono gentile di Lombardia, il cui teonimo pare riconnettersi ai lemmi gallici carnon o cernon, ‘corno’, ricorrenti in etnonimi di tribù celtiche (come i Carni del Friuli); cosicché, Cernunnos, è etimologicamente ‘divinità maschile cornuta’. Il dio era lo spirito divinizzato degli animali maschi cornuti, soprattutto dei cervi, e rappresentava la forza selvaggia, maschia e indomita delle foreste, della natura, degli animali come i cervidi, della virilità e della fecondità e successivamente, in un certo senso, anche della resistenza europea anticristiana. Non a caso Cernunnos, ma anche il romano Fauno, erano figure sincretiche associate nel Medioevo, dai pretacci, al demonio, grazie alla classica iconografia del diavolo come essere cornuto, deforme, barbuto e con tanto di zoccoli da ungulato ai piedi e coda animalesca. Il 5 dicembre, altresì, ricorrevano i Faunalia romani dedicati alla divinità della natura, Fauno appunto, analoga al dio alpino-celtico; un motivo suggestivo che potrebbe testimoniare l’arcaica fratellanza celto-latina, indoeuropea occidentale nella sua culla continentale, con la figura sacra romana che ricalca, in parte, le caratteristiche del satiro greco. Tornando a Cernunnos, è d’uopo rammentare come il suo culto fosse molto praticato nell’antica Camunia, il che ci riporta allo Swastika graffito di quell’area, simbolo solare e astrale ariano divenuto emblema del lombardesimo.

La deità cornuta in oggetto veniva adorata anche nelle Gallie, in Britannia e nella Padania in genere; non nasce celtica, ma reto-alpina, come figura sciamanica affine a molte altre del continente europeo. La sua iconografia più antica sembra essere quella rinvenuta tra le incisioni rupestri camune, guarda caso, e probabilmente è grazie ai contatti tra genti reto-liguri e celtiche hallstattiane che Cernunnos divenne famosissimo presso le tribù galliche storiche. La raffigurazione più nota, tuttavia, è quella del calderone di Gundestrup (Danimarca, in qualità di prodotto importato). Veniva rappresentato come un uomo adulto barbuto, con ramificate corna di cervo, attributi nobiliari gallici (la torque e borse di monete), compagnie animali (fiancheggiato da serpenti, ad esempio) e accostamenti alla caccia, essendo il cervo assai predato presso gli antichi popoli delle Alpi e celtici. È un dio legato al concetto di abbondanza sia come fecondità, rigoglio della natura, moltiplicazione di raccolto e beni naturali vari, prolificità di uomini e animali, sia come ricchezza materiale, di denari, risorse, beni e cibo. La sua grande carica sessuale lo tramuta in emblema di virilità e fecondità maschile, nonché signore degli animali e dell’attività venatoria; il contesto originale alpino (reto-camuno ed euganeo) lo rende, altresì, degno patrono della Lombardia, accanto alla papabile matrona, dea della luce e del fuoco, Belisama.

Dicembre – December

Ave, Sol!

Il mese di dicembre (December) deve il suo nome al fatto di essere stato, nell’antichità romana, il decimo dell’anno a partire da marzo, successivo a novembre. L’attuale dodicesimo mese del calendario era occasione di grandi celebrazioni sacre romane (ma non solo, si pensi allo Yule dei Germani), essendo il periodo dei riti dedicati al Sol Indiges (11 dicembre), divinità romana indigena personificazione del sole, il dies natalis di Tellus, dea della (madre) terra, i Saturnalia (17-23 dicembre) e il Natale del Sol Invictus (25 dicembre), deità orientale di matrice indoeuropea “importata” a Roma nel periodo tardo-imperiale. Vi erano altre importanti festività dedicate a divinità preposte all’abbondanza dei raccolti (Conso, Opi, lo stesso Saturno), al riposo sotterra delle sementi, e in senso lato al culto dei morti e all’oltretomba (Tellus, Acca Larenzia), e ad Angerona, associata sovente alle precedenti dee dell’abbondanza, ma ritenuta anche la figura tutelare segreta di Roma (in quanto dea del silenzio) e la figura sacra che apre il periodo solstiziale (e l’anno astronomico nuovo), ruolo questo che, in tempi moderni, è stato raccolto dalla sua trasposizione cristiana, Santa Lucia, debitrice anche della dea etrusca del parto Lucina. La Bona Dea, archetipica figura latina della Grande Madre, raccoglie tutte le caratteristiche delle deità femminili citate, così come quelle di Cerere, Cibele, la Mater Matuta etrusca e la dea Dia. Tutte figure, queste, che presiedevano ad un periodo cruciale dell’anno, quale il mese di dicembre, tempo segnato dal ciclo di morte e rinascita che culmina nel solstizio d’inverno.

Pur essendo un dio celebrato in estate (per le sue ovvie caratteristiche solari e luminose), vedo bene Apollo come incarnazione sacra del mese di dicembre, in quanto divinità identificata appunto con il sole, tanto da venir parassitata nella simbologia dal Cristo (i cui natali sono stati, non a caso, collocati al 25 dicembre), calco giudaico di Sol e di Apollo-Helios. Il grande protagonista di dicembre è, dunque, il sole, che col solstizio del 21-22 del mese rinasce vincendo le tenebre e il freddo, la fase di apparente morte della natura autunno-invernale, allungando lentamente la durata delle ore di luce a scapito di quelle di buio. Un altro tema dicembrino importante è rappresentato dal ricordo degli avi (culto dei Lares familiares, gli spiriti degli antenati defunti, nel più ampio contesto dei Saturnalia), con scambi di doni e presenti lasciati nel larario romano (da cui il presepe) per i bambini, dai familiari vivi. Del resto, Babbo Natale, prima di essere San Nicola, è Saturno medesimo, il vegliardo natalizio che reca doni ai piccini, e precristiana è la stessa tradizione dello scambio di doni come delle figure di santi che portano regali nella notte (Santa Lucia, San Nicola, Gesù Bambino, i Re Magi). Dicembre inizia con il sole nel segno astrologico del Sagittario e, dal 21 del mese (il solstizio d’inverno si celebra il 21 o 22), si conclude con il suo ingresso nel segno del Capricorno.