Suddivisione cantonale della Grande Lombardia

Credo sia cosa utile e, si spera, gradita presentare la ripartizione amministrativa lombardista della Grande Lombardia indipendente, che come sapete segue criteri cantonali. Scenderemo nel dettaglio, allegando una cartina esplicativa, disegnata da Adalbert Roncari, ed elencando entità cantonali e loro distretti, con tanto di emblemi realizzati dallo stesso Roncari e da una militante, su indicazione di Paolo Sizzi, che qui ci limiteremo a descrivere. Vale la pena ricordare che, secondo il lombardesimo, il concetto di regione non sussiste più, se non per meri fini demografici e statistici, poiché fomite di regionalismi e poiché gli preferiamo, come detto, quello di cantone, sulla base delle vicende storiche delle città padane precipue e dei relativi comitati/contadi. Ma un criterio importante è dato anche dai confini naturali, specie idrografici, impiegati per conferire forma concreta alla suddivisione politica. Illustreremo per prime le entità amministrative della Lombardia etnica, che è il cuore della Lombardia storica, e via via tutte le altre.

Cartina cantonale della Grande Lombardia

Lombardia subalpina (Piemonte, in giallo):

  • Canton Turin (Taurasia), con i distretti di Torino (capoluogo), Ivrea, Pinerolo, Susa e Aosta;
  • Canton Coni (Bagiennia), con i distretti di Cuneo (capoluogo), Alba, Mondovì e Saluzzo;
  • Canton Lissandria (Ambronia), con i distretti di Alessandria (capoluogo), Asti e Acqui.

Lo stemma di Torino è la bandiera crociata con croce bianca in campo blu, orlata d’oro, risalente all’assedio francese del 1706; quello di Cuneo è l’insegna storica del Marchesato di Saluzzo, d’argento al capo d’azzurro; quello di Alessandria, parimenti, riprende il simbolo del Marchesato e del seguente Ducato del Monferrato, d’argento al capo di rosso.

Lombardia cispadana (Emilia, in rosso):

  • Canton Parma (Marizia Orientale), con i distretti di Parma (capoluogo), Fidenza e Fiorenzuola;
  • Canton Moddena (Boica Occidentale), con i distretti di Modena (capoluogo), Reggio e Carpi;
  • Canton Piasenza (Marizia Occidentale), con i distretti di Piacenza (capoluogo), Voghera e Tortona.

Lo stemma di Parma è la nota bandiera crociata, con croce blu in campo giallo; quello di Modena è il bipartito giallo-blu del comune omonimo; quello di Piacenza è il bipartito rosso-bianco del comune piacentino.

Lombardia transpadana occidentale (Insubria, in azzurro):

  • Canton Milan (Bassa Insubria), con i distretti di Milano (capitale della Lombardia e capoluogo), Busto Arsizio, Monza, Lodi e Pavia (capitale morale della Lombardia);
  • Canton Comm (Alta Insubria), con i distretti di Como (capoluogo), Lecco, Lugano e Varese;
  • Canton Noara (Lebecia), con i distretti di Novara (capoluogo), Vercelli, Biella, Varallo e Vigevano;
  • Canton Locarn (Leponzia), con i distretti di Locarno (capoluogo), Domodossola, Intra e Bellinzona.

Lo stemma di Milano è la Croce di San Giorgio, rossa in campo bianco; quello di Como lo scaccato bianco-rosso del Seprio; quello di Novara la Croce di San Giovanni Battista, bianca in campo rosso; quello di Locarno il bipartito rosso-blu del Ticino.

Lombardia transpadana orientale (Orobia lato sensu, in verde):

  • Canton Bressa (Alta Cenomania), con i distretti di Brescia (capoluogo), Rovato, Desenzano, Darfo e Riva;
  • Canton Bergom (Orobia), con i distretti di Bergamo (capoluogo), Crema, Clusone e Zogno;
  • Canton Cremona (Bassa Cenomania), con i distretti di Cremona (capoluogo), Mantova, Ghedi e Casalmaggiore;
  • Canton Sondri (Vennonezia), con i distretti di Sondrio (capoluogo), Tirano e Chiavenna.

Lo stemma di Brescia è il bipartito bianco-azzurro del comune omonimo; quello di Bergamo il bipartito d’oro e di rosso del municipio bergomense; quello di Cremona il fasciato bianco-rosso del comune cremonese; quello di Sondrio riprende il bianco e l’azzurro della bandiera comunale sondrasca, inquartandoli.

Veniamo ora ai restanti ambiti cantonali della Grande Lombardia, dopo aver passato in rassegna quelli della Lombardia etnica.

Lombardia genovese (Liguria, in marrone):

  • Canton Sgenoa (Ingaunia), con i distretti di Genova (capoluogo), Savona, Rapallo, La Spezia e Massa;
  • Canton Nizza (Intimilia), con i distretti di Nizza (capoluogo), Sanremo e Imperia.

L’insegna di Genova è la classica Croce di San Giorgio, orlata d’oro; quella di Nizza è un fasciato bianco-azzurro che riprende le onde presenti nel simbolo nizzardo (a partire da quello della Contea omonima), sotto all’aquila rossa e ai tre monti.

Lombardia romagnola (Romagne, in arancione):

  • Canton Bologna (Boica orientale), con i distretti di Bologna (capoluogo), Imola, Ferrara e Comacchio;
  • Canton Ravenna (Romagna), con i distretti di Ravenna (capoluogo), Cesena e Forlì;
  • Canton Rimin (Senonia), con i distretti di Rimini (capoluogo) e Pesaro.

Il simbolo di Bologna è, anche in questo caso, la Croce di San Giorgio, orlata di blu; quello di Ravenna è il troncato giallo-rosso della bandiera tradizionale romagnola; quello di Rimini riprende lo scaccato, parimenti giallo-rosso, del blasone dei Malatesta.

Lombardia tirolese (Rezia cisalpina, in blu):

  • Canton Trent (Anaunia), con i distretti di Trento (capoluogo), Cavalese e Cles;
  • Canton Bolzan (Tirolo), con i distretti di Bolzano (capoluogo), Merano, Bressanone, Brunico e Silandro.

Lo stemma trentino riprende quello del Principato vescovile di Trento, con le tre bande orizzontali porpora-bianco-porpora; quello di Bolzano la bandiera bianco-rosso-bianca a strisce orizzontali del comune di Bolzano, con un cromatismo che rimanda alla Contea del Tirolo.

Lombardia veneta (Veneto, in rosa):

  • Canton Venezzia (Venethia), con i distretti di Venezia (capoluogo), Chioggia, Padova, Treviso e Rovigo;
  • Canton Visenza (Cymbria), con i distretti di Vicenza (capoluogo), Bassano e Schio;
  • Canton Verona (Euganea), con i distretti di Verona (capoluogo), Bussolengo, Legnago e Villafranca;
  • Canton Bellun (Catubrinia), con i distretti di Belluno (capoluogo), Pieve di Cadore, Conegliano e Castelfranco.

Lo stemma di Venezia, tramite le bande orizzontali giallo-rosse, riprende la bandiera storica della Serenissima, caratterizzata soprattutto dal Leone di San Marco; quello di Vicenza allude al blasone a strisce orizzontali giallo-verdi dei da Romano (Ezzelini), signori medievali di Vicenza originari del suo territorio; quello di Verona è la nota bandiera crociata con croce gialla in campo blu; quello di Belluno, di nero al capo d’argento, riprende il blasone dei da Camino, casata trevigiana che esercitò il proprio potere fra Treviso e il Cadore.

Lombardia giuliana (Carnia e Istria, in grigio):

  • Canton Triest (Istria), con i distretti di Trieste (capoluogo), Pola e Fiume;
  • Canton Gorizzia (Julia), con i distretti di Gorizia (capoluogo), Aidussina e Tolmino;
  • Canton Udin (Carnia), con i distretti di Udine (capoluogo), Cividale, Gemona, Cervignano e Tolmezzo;
  • Canton Pordenon (Friuli), con i distretti di Pordenone (capoluogo), Maniago e Portogruaro.

Simbolo di Trieste è lo spiedo da guerra, “alla furlana”, bianco in campo rosso; quello di Gorizia il troncato giallo-azzurro tratto dalla bandiera della provincia; quello di Udine il tradizionale scudo bianco-nero della nobile famiglia dei Savorgnan; quello di Pordenone riprende i colori della bandiera pordenonese, rosso-bianco-rossa a bande verticali.

Presentiamo qui, a mo’ di esempio, l’insegna cantonale del Canton Milan – e Milano è la capitale storica della Lombardia etnica e della Grande Lombardia -, per dare un’idea di come siano stati concepiti gli stemmi. Potete reperire gli altri sul profilo Instagram di Paolo Sizzi.

Canton Milan

Ovviamente, le città alpino-padane hanno anche altri simboli, che non sono stati da noi impiegati poiché gli stemmi dei cantoni devono essere semplici e immediati. Gli emblemi peculiari di ogni centro restano patrimonio comunale, naturalmente inscritto nella più ampia realtà cantonale. Il nostro intento, pensando anche alla stessa suddivisione amministrativa di una Grande Lombardia indipendente, è quello di dare degna rappresentanza a tutte le genti cisalpine, dalla politica alla simbologia, nel novero di un etnostato sicuramente unito, coeso e forte ma aperto a blande forme di federalismo, appunto, cantonale. Nulla di paragonabile alla Confederazione Elvetica, fortunatamente, poiché la Lombardia esiste ed è una nazione, dal Monviso al Nevoso e dal Gottardo al Cimone, mentre la Svizzera vera e propria è giusto un cantone alemanno, per quanto dilatata all’inverosimile sino ad inglobare territori granlombardi.

L’idea della Chiesa nazionale ambrosiana

La posizione ufficiale del lombardesimo in materia di religione e spiritualità ormai la conosciamo, ed è l’etno-razionalismo; l’unione, cioè, di etnonazionalismo e razionalismo che rimette al centro di tutto sangue, suolo, spirito, in nome del bene più importante che abbiamo, la patria. Il lombardesimo crede fortemente nel valore della ragione, che è il faro dell’essere umano, segnatamente bianco, e lo coniuga con il nazionalismo etnico, ideologia guida lombardista, in un’Europa sempre più in balia di relativismo e progressismo. Pur condannando i concetti moderni di ateismo, laicità e secolarizzazione, il lombardista coerente ripudia la metafisica, specialmente se si tramuta in universalismo abramitico.

C’è però da dire che, in linea teorica, abbiamo pensato ad una forma di religiosità destinata a quanti, in Lombardia, aspirino ad una vita spirituale, e che potesse essere del tutto compatibile coi destini etno-razziali della nazione. Come lombardisti non siamo per forza di cose empi, e capiamo bene che possano esserci lombardi interessati alla dimensione non strettamente materiale dell’esistenza. Dal punto di vista sizziano questa esigenza non si pone perché Paolo è razionalista, realista, materialista nel giusto, ma chiaramente non siamo tutti uguali; per tale ragione lo stesso Sizzi ha individuato un tipo di spiritualità che risulti essere compatibile e tollerabile, nell’ottica völkisch, e quindi inscindibile dal vincolo biologico.

Ebbene tale nuova, rivoluzionaria, religione va sotto il nome di Chiesa nazionale ambrosiana. Nulla di cristiano o cattolico, nonostante il nome, bensì una trasmutazione gentile del cattolicesimo latino insubrico. In altre parole, un culto pagano che sublimi ed emendi dalla patina giudeo-cristiana gli elementi tollerabili della religione ambrosiana, eliminando ogni riferimento al mondo ebraico e scristianizzando la dottrina, lasciando così spazio all’eredità solare della tradizione religiosa milanese. Come sapete il rito ambrosiano, che è una variante del cattolicesimo latino, viene adottato storicamente in quella che è l’arcidiocesi di Milano, ma un tempo riguardava un territorio assai più esteso coincidente almeno con l’intera Padania geografica (il bacino del Po).

Le origini stesse del cattolicesimo ambrosiano vanno ricercate nei riti cristiani occidentali, latini, di matrice gallica (rito celtico e rito gallicano), che hanno non a caso assorbito elementi della spiritualità indigena celtica. Anzi, parrebbe che proprio dal culto ambrosiano derivino le liturgie altomedievali cosiddette gallicane, segno della preminenza del rito nostrano. Certo, stiamo parlando di Sant’Ambrogio, di Chiesa, di cristianesimo ma questa discussione non può assolutamente prescindere dalle radici, anche spirituali, galliche del territorio granlombardo. La spiritualità cristiana occidentale, cattolica, è certamente debitrice dell’esperienza religiosa cisalpina, anche se non tutti gli studiosi concordano sulle origini della liturgia ambrosiana.

Ciò che a noi interessa è la questione della trasmutazione pagana del rito ambrosiano, che chiamiamo ambrosiano per comodità e per radicamento storico dell’aggettivo. Non si tratta infatti di mantenere tale e quale il cattolicesimo insubrico, ma di trasformarlo in gentilità, cosicché sulla base autoctona pagana possa innestarsi l’elemento uranico confluito nel cattolicesimo, recuperandolo dalla distorsione biblica ed evangelica, dunque ebraica, e dalla depravazione universalista. Niente più scenari palestinesi, divinità giudaiche, messia desertici, morale mesopotamica, personaggi da presepe, ma solo accezione solare e, dunque, indoeuropea. Perché i nostri padri ariani rappresentano il modello da seguire, in materia di spiritualità. Per chi ha a cuore la questione, si capisce.

Tutto questo non è in contraddizione con l’etno-razionalismo, che resta la posizione ufficiale del lombardesimo. Paolo Sizzi è ateo ma capisce bene che il vuoto lasciato dal cattolicesimo, in terra lombarda, non possa essere colmato dalla spazzatura laicista di conio giacobino-massonico, progressista, ed è perciò necessario offrire una nuova via religiosa a quanti avvertono il bisogno di realizzarsi anche spiritualmente. Non più cristianesimo, cattolicesimo romano, ma gentilità, fondata sui veri culti tradizionali delle nostre terre. Il termine ‘Chiesa’ impiegato per definire la fede patriottica granlombarda non deve confonderci: non si allude più a Roma, ma ad una Chiesa come assemblea fraterna, etimologicamente parlando, che vada a designare il consesso dei credenti ambrosiani, cementato dal sangue lombardo. Il legame tra sacro ed etnia deve essere totale.

I culti tradizionali che contribuirebbero alla formazione del nuovo, rivoluzionario, credo sarebbero quelli preromani, soprattutto celtici, ma anche la religione gallo-romana che come la famiglia linguistica galloromanza è il frutto culturale dell’unione di mondo latino e mondo autoctono celtico. Infine va considerato anche l’apporto di superstrato germanico, nello specifico longobardo, per quanto il paganesimo (o etenismo, diremmo oggi) nordico sia stato presto abbandonato dai Longobardi calati nella valle del Po, in favore del cristianesimo, prima ariano poi cattolico. Anzi, una volta nella Cisalpina il culto dei padri era già quasi del tutto sopito, a livello ufficiale, sopravvivendo nelle credenze del popolo, più che della classe aristocratica.

Si tratterebbe, dunque, di modellare una religione fondamentalmente pagana grazie ai vari contributi spirituali degli antichi padri, contestualizzandola nell’oggi della Grande Lombardia, preservando la tradizione per come ci è giunta grazie al retaggio indogermanico, ariano, e preservando magari quei pochi elementi tollerabili del cattolicesimo ambrosiano. Tollerabili perché indigeni. Evidente come la Chiesa abbia assorbito echi di origine pagana, trasformandoli in cattolici; ebbene, noi dobbiamo recuperarli e decantarli dalle scorie desertiche, dando loro nuova linfa vitale in chiave gentile. L’operazione, personalmente, mi intriga da un punto di vista culturale, non certo spirituale, visto che sono ateo e non votato alla ricerca di un qualcosa che ritengo non esista (il trascendente).

Calendario liturgico, festività, uso del greco e del latino, gerarchia ecclesiastica, culto dei santi e delle madonne (che sovente sono figure pagane), trasvalutazione europide di fatti culturali semitici, credo trinitario, dualismo tra bene e male, la solarità del Cristo, figure angeliche e demoniche, la simbologia della croce sono tutte caratteristiche di origine pagana cristianizzate da Roma (e la stessa centralità dell’Urbe è una ripresa della religio antica). Perciò questi elementi potrebbero in qualche modo venir preservati, immettendoli direttamente nella fede della Chiesa nazionale ambrosiana, a sua volta trasvalutata dall’ethos ariano. Per ‘ariano’ intendo indoeuropeo, ma c’è da dire che anche l’arianesimo longobardo era interessante, in quanto forma di culto patriottico e nazionalista, contrapposto alle mene ecumeniche papaline.

I tratti solari del cattolicesimo sono d’altra parte il frutto del retaggio indoeuropeo, i preti non si sono inventati nulla: la divinità uranica del Diespiter celeste (il Dio Padre della luce diurna), la vita oltremondana dei morti in sedi celesti, l’aspirazione al cielo delle anime liberate dal corpo grazie all’incinerazione (ove il fuoco assume un valore sacrale non solo di purificazione ma anche di culto degli antenati), il valore della luce contro le tenebre, la società patriarcale, la monogamia, i legami eterosessuali depongono a favore di una religione cattolica profondamente debitrice della gentilità. Ma il cattolicesimo ha distorto e pervertito il paganesimo, storpiandolo con tutto il ciarpame desertico di Bibbia e Vangelo, e con una morale plebea e volgare che inevitabilmente si tramuta in egualitarismo, umanitarismo, terzomondismo, andando a braccetto con il regime dello status quo.

La Chiesa nazionale ambrosiana, che allo stato attuale delle cose è una mera idea, sarebbe il trionfo della vera identità e della vera tradizione, e il trionfo di Milano, della vera Milano, sulla Roma corrotta figlia del marasma imperiale. La capitale granlombarda era già stata sede del santuario di mezzo (da cui il toponimo) celtico, luogo sacro federale dei Galli cisalpini, ed è legittimo che ambisca ad un rinnovato ruolo anche in chiave spirituale. Milano è la patria del Tredesin de marz, l’equinozio di primavera meneghino, ricorrenza cristianizzata ma dalle ovvie radici pagane; sarebbe interessante, infatti, che il simbolo dell’ambrosianesimo fosse la pietra forata dei tredici raggi, detta di San Barnaba, un’antica mola di epoca gallica reimpiegata in senso cristiano. O in alternativa il noto Sole delle Alpi, un emblema radioso che dai Celto-Liguri passò ai Gallo-Romani e ai Longobardi.

Lombardesimo e ateismo

Come sapete, l’ideologia lombardista teorizza il cosiddetto etno-razionalismo, e cioè un salutare razionalismo unito all’etnonazionalismo. Promuove, dunque, una visione del mondo razionale, scientifica, realista, che vada al di là della metafisica e non si impantani con le religioni, soprattutto abramitiche. L’etno-razionalismo è a suo modo ateo, ma prende le distanze dall’accezione corrente di ateismo che è frutto di una secolarizzazione e di un laicismo di matrice giacobino-massonica e progressista. Il lombardesimo elabora una filosofia laica e francamente atea, essendo profondamente innamorato della natura e della scienza, ma allo stesso tempo difende lo spirito, ovviamente inteso non come qualcosa di trascendentale bensì come basilare elemento umanistico che dà linfa vitale al sangue e al suolo.

Le posizioni di Paolo Sizzi e Adalbert Roncari, i due camerati storici lombardisti, sono attestate sulla linea di un ateismo-agnosticismo che rifiuti e condanni il monoteismo mediorientale, prodotto estraneo alle vere radici – gentili – d’Europa, e che sviluppi un robusto buonsenso identitario e tradizionalista rispettoso della ragione. Essa deve essere il faro dell’uomo, in particolar modo bianco, e ogni zavorra oscurantista e superstiziosa va senz’altro rigettata. Sizzi e Roncari, pur essendo decisamente razionalisti, riconoscono comunque la legittimità di un filone cultuale pagano, espressione della spiritualità europea, e ne promuovono la riscoperta come mezzo culturale utile alla causa del lombardesimo.

Pertanto vi sono due forme di ateismo: una classica, frutto dell’Illuminismo, che si batte non solo per l’empietà ma soprattutto per la difesa di una squallida visione delle cose di taglio liberal (o libertaria), con tutte le ricadute negative del caso (omofilia, femminismo, materialismo zoologico, anarco-individualismo, antifascismo, egualitarismo, cosmopolitismo), e una per così dire innovativa, legata all’etno-razionalismo. Quest’ultima, certo rispettosa della scienza ma non degli eccessi scientisti (perciò del dispotismo dell’attuale comunità scientifica), evita lo strascico di spazzatura progressista perché mette bene in chiaro che la negazione dell’esistenza di divinità non deve assolutamente mischiarsi al ciarpame “giacobino”. Un ateismo, dunque, identitario e votato alla salvaguardia di ciò che esiste per davvero: sangue, suolo, spirito.

Potremmo anche dire, tranquillamente, che la visione lombardista è essenzialmente materialista, ma anche in questo caso non di un materialismo animalesco, proiettato verso consumismo ed edonismo, poiché si tratterebbe del riconoscimento di un mondo materiale reale, concreto, presente ai nostri sensi e alla nostra esperienza umana, scevro di afflati spirituali ma anche di affabulazioni illuministiche. Non crediamo in Dio, nell’anima, nell’aldilà, nella metafisica e nel mondo astratto delle idee ma non per questo assecondiamo i bassi appetiti anarcoidi della moderna mentalità occidentale. Del resto, non sta scritto da nessuna parte che per essere seri tradizionalisti serva essere credenti.

Non abbiamo, infatti, alcun bisogno di deità, chiese e religioni per sposare una visione del mondo identitaria e tradizionalista, virile e patriarcale, conservatrice nel giusto ed eroica, anzi, una metafisica soprattutto universalistica rischierebbe soltanto di banalizzare la vocazione patriottica dell’etno-razionalismo, che riconosce la nazione sopra ad ogni cosa. Siamo dell’idea che la religione sia soltanto un ingombro inutile, sottoprodotto dell’ignoranza, della miseria, della superstizione e oggi legata ad una morale untuosa che nel caso della Chiesa vira pericolosamente verso mondialismo, terzomondismo e universalismo apolide. Nondimeno distinguiamo, dai credi semitici, la gentilità che per via del suo intimo legame con l’Europa rappresenta una forma di culto per davvero tradizionale.

L’ateismo lombardista, per quanto non sia militante e fondamentale (la religione, dopotutto, è un fatto secondario, nella nostra ottica), assume perciò le caratteristiche scientifiche di un razionalismo leale con l’etica solare dei nostri padri indoeuropei, e desideroso di risolvere gli equivoci ingenerati dall’ateismo classico, appunto, che è sottoprodotto della temperie illuministica e giacobina. Una miscredenza che, oltretutto, finisce per combaciare coi deliri della coerenza evangelica. Teniamo in non cale i philosophes, disprezziamo la Rivoluzione francese e le sue conseguenze esiziali, e pur non ergendoci a difensori di trono e altare riconosciamo la bontà e la legittimità delle posizioni tradizionaliste, ancorché slegate da una fede religiosa.

Va da sé che il cattolicesimo e il cristianesimo in genere, come ebraismo e islam, siano qualcosa di estraneo al nostro continente, alieno dallo spirito pagano e ariano, ed è naturale dunque sviluppare una visuale razionalista incentrata su ciò che esiste, si manifesta e viene esperito ogni giorno della nostra vita e della vita dei nostri popoli. La religione è vecchiume superfluo, anacronismo che ci inchioda ad una mentalità servile, fanatica, levantina (si parla, naturalmente, di credo mediorientale) e ad un pensiero debole volto alla castrazione dello spirito eroico degli europei.

Non è certo un caso che la religiosità oggi prosperi presso le genti del terzo mondo, le vecchie, gli “ultimi”, e non lo si dica in termini di disprezzo classista – ci mancherebbe! – ma di condanna verso una spiritualità che esalta tutto ciò che sa di sconfitta, di fallimento, di anormalità e di diversità, ed è soprattutto il caso del cristianesimo. Le ovvie conseguenze di una simile morale sono la criminalizzazione del razzialismo, del nazionalismo, dell’etnicismo, il che rende il Vaticano conforme alle perverse logiche della modernità e del mondialismo. Fra l’altro, giusto per sopravvivere e non affondare nell’oceano dell’indifferenza dell’Occidente contemporaneo.

Non vorremmo sorgessero degli equivoci, comunque. Noi condanniamo la religione cristiana perché estranea all’Europa, semitica, anacronistica, debole, effeminata, serva, oscurantista – per quanto oggi schiava della contemporaneità, appunto per galleggiare – e non perché disprezzata da una gioventù massificata che non crede più in nulla. Noi ripudiamo l’ateismo e l’agnosticismo come elaborazioni della mentalità consumistica attaccata al denaro e al benessere, succube dei miti del successo, del progresso e dell’edonismo, e non vorremmo mai che il vuoto lasciato dal cattolicesimo venga colmato dal liquame della decadenza occidentale. Anche per questo sosteniamo a spada tratta l’etno-razionalismo, in qualità di laica forma di identitarismo scientifico e naturale chiamato a sconfiggere le tenebre del satanismo mondialista.

Insomma, non ci serve un dio, una religione, una metafisica per dirci identitari e tradizionalisti, ed essere critici nei confronti della spiritualità, segnatamente semitica, non significa abbracciare la spazzatura di una secolarizzazione figlia del 1789, e quindi  malata di egualitarismo. Certo, non vogliamo sottostare ad un assolutismo che ci veda schiavi di inesistenti dei, in balia del fantomatico peccato e bisognosi di riscatto e redenzione, perché inferiori esseri finiti, e non vogliamo mortificarci con un dogmatismo elaborato da intriganti per beffare e sottomettere gli ignoranti, sacrificando la nostra esistenza all’assurdità di una inesistente vita oltremondana. A questo proposito, il nostro tradizionalismo è differente: rispettoso dell’ethos indogermanico, a difesa di patriarcato, eterosessualità, monogamia, nemico di qualsiasi forma di perversione anti-identitaria ma al contempo proiettato in un futuro in cui scienza ed etnonazionalismo collaborino, sbarazzandosi finalmente di ogni fardello irrazionale ed incompatibile col vero spirito europeo.

Lombardesimo e islam

L’islam è il fratello minore di giudaismo e cristianesimo, anch’esso partorito dal deserto mediorientale e figlio di genti semitiche. È un’eresia del cristianesimo, che a sua volta è un’eresia del prisco ebraismo, e con le altre due religioni monoteistiche condivide il culto per un dio abramitico, che con l’Europa non c’entra alcunché. Ne risulta che la presenza islamica nel nostro continente è intollerabile, anche perché profondamente ancorata a decine di milioni di fedeli appartenenti al terzo mondo, dunque allogeni nel contesto europeo. Infatti, il problema più grave della religione musulmana non è il credo in sé – non poi così diverso dal cristianesimo – ma la zavorra migratoria che rappresenta.

È anche un problema culturale, certamente. La fede di Maometto è intrinsecamente legata al Medio Oriente e alle sue costumanze, pertanto è un corpo estraneo, in Europa, ancor più della religione di Cristo (che, un minimo, è europeizzata). L’importazione di usi, costumi, tradizioni e mentalità fondamentalmente arabi, per non parlare della cultura da sud del globo, non è compatibile con le nostre radici, il nostro spirito e la nostra identità, e teniamo bene a mente che prima di riferirlo all’islam lo indirizziamo a giudaismo e cristianesimo; il primo è un prodotto ebraico praticato da genti ebraiche, il secondo non ha accezione etnica ma è di matrice levantina e, per di più, a vocazione universalistica.

Mosè, Gesù e Maometto sono immigrati mediorientali da rispedire al mittente, per quanto il cristianesimo sia radicato in Europa da circa 2.000 anni. Vi sono certi ambienti, diciamo pure nazisteggianti, che strizzano l’occhio al musulmanesimo, visto come religione virile, guerriera, “cattiva”, contrapposta al giudeo-cristianesimo. Sebbene io non condivida la pacchiana islamofobia in stile Oriana Fallaci, Roberto Calderoli, Matteo Salvini, Geert Wilders o Michel Houellebecq, e dunque il disprezzo liberale e filo-giudaico (quindi filo-sionista) per Maometto, ritengo che la fede islamica vada espulsa dal nostro continente, assieme ai suoi credenti allogeni.

Esistono contrade europee, basti pensare ai Balcani, in cui l’islam ha attecchito storicamente, presentandosi oggi come rimasuglio di domini esotici (ottomani), e per quanto i fedeli siano indigeni d’Europa (i famosi musulmani dagli occhi azzurri) praticano un culto che è una spina levantina nel fianco del nostro continente, direi intollerabile. Se le chiese cattoliche od ortodosse possono essere accettate, più che altro in qualità di musei, sinagoghe e moschee, in Europa, sono un insulto alla nostra storia e alla nostra identità e andrebbero smantellate. La cultura maomettana non è compatibile con le nazioni europidi, e se ne sta dunque bene in altri lidi.

D’altra parte, riconosco tranquillamente che l’islam sappia essere un valido alleato contro il mondialismo giudeo-americano, soprattutto se si parla di musulmani sciiti, ma questo ha un senso laddove i popoli islamici in oggetto restino nella propria patria. In caso contrario essi diventano pedine manovrate dal sistema, e riversate in Europa per distruggere identità, tradizione, spirito. Sarebbe comunque bene comprendere che, a suo modo, anche il musulmanesimo è una forma di mondialismo, al pari del cristianesimo, del comunismo, del capitalismo e del multipolarismo dei BRICS, proprio perché ha aspirazioni universalistiche. Ciò è inaccettabile, specialmente qualora le scimitarre mirino alla conquista del continente europeo e all’assoggettamento e alla conversione degli europei.

Cosa già accaduta in Iberia, Sicilia, Balcani, Tracia, Cipro, Caucaso ma ricordiamoci di Poitiers, di Lepanto, di Vienna e di tutte quelle battaglie che hanno rappresentato una riconquista bianca, di casa propria, contro degli invasori alloctoni, perché ribadiamo che il peggior problema islamico è, appunto, la natura esotica dei suoi credenti. Sarebbe infatti sterile sparare a zero su Maometto per questioni meramente religiose, dal momento che l’Europa è stata cristianizzata, perciò i nostri strali si appuntano in particolare sulla questione etnica e razziale. Poi, chiaramente, anche culturale. Lo spirito arabo ha concepito una religione araba ed è assurdo volerla trasporre in chiave europea. Non si può essere giudeo-cristiani ed europei allo stesso tempo, e non si può esserlo nemmeno con il maomettismo.

Le simpatie “identitarie” per le sottane del “profeta” sono, dunque, francamente patetiche, anche perché l’islam è roba da terzo mondo. La stessa critica e condanna riguarda cristianesimo e, soprattutto, giudaismo e se lombardi ed europei anelano ad una vita spirituale possono tranquillamente riscoprirla grazie ad un rinnovato fervore gentile, in linea con le radici e le origini delle nostre terre. Il fascino per l’islam è assurdo: la virilità, il piglio guerriero, il patriarcato, la lotta contro il modernismo e la secolarizzazione progressista (con tutto quello che ne consegue, vedi ad esempio il femminismo) sono mirabilmente incarnati dalla tradizione indoeuropea, ed è proprio ai padri ariani che dobbiamo guardare.

A volte, chi ammira l’islam lo fa perché disgustato da un cattolicesimo all’acqua di rose che imbarca acqua da tutte la parti, poiché finalmente coerente con la sua natura evangelica. Il cristianesimo propone una mentalità debole, schiava, effeminata, remissiva, perdente, direi masochistica e lo si vede anche nella tipologia di martiri che la religione cristiana propone: gente che si lascia umiliare e ammazzare, come lo stesso Gesù. L’islam, invece, è aggressivo, conquistatore, fanatico e offre figure di martiri completamente diverse da quelle del cristianesimo, come lo stesso fondamentalismo dimostra.

Anche per tali ragioni, in certe frange dell’estrema destra nostrana, esiste una certa fascinazione per Maometto e il suo culto, visti come antidoto al mondialismo, al laicismo ateo dell’Illuminismo e alla sovversione valoriale incarnata dal feticcio del consumismo e dell’edonismo occidentali. Ma, ribadisco, non abbiamo nessun bisogno dell’islam per ritrovare patriarcato, piglio guerriero e virile, mentalità da eroi e padroni, vocazione allo spirito uranico e solare: basta guardare, nuovamente e con rinnovato entusiasmo, al mondo indoeuropeo, che sta alla base della civiltà europea ed è l’artefice della nostra natura. Peraltro, sarebbe esilarante ripudiare il cristianesimo per fiondarsi tra le braccia di una religione di semiti, camiti, negri e meticci.

Lasciamo perdere il monoteismo abramitico, signori, sia esso giudeo-cristiano o islamico, in quanto prodotto mediorientale, faccenda per levantini, non per europei. La posizione del lombardesimo è di condanna nei confronti delle religioni abramitiche, perché la riscoperta identitaria e tradizionale deve passare per i veri culti europei, che sono quelli ariani, fermo restando che l’etno-razionalismo è la visione lombardista predominante in materia di spirito. Ciò non toglie che la religione possa avere un posto, nella dottrina etnonazionalista cisalpina, e per questa ragione la pista conduce alla Chiesa nazionale ambrosiana. Ma avremo modo di riparlarne.

Lombardesimo e giudaismo

Se il lombardesimo assume un atteggiamento di critica e di condanna nei confronti del cristianesimo, anche cattolico, a maggior ragione prenderà le distanze con perentorietà dal giudaismo, tanto come espressione etnoculturale del popolo ebraico quanto come manifestazione religiosa, storica, dello stesso. Esiste infatti, teoricamente, una distinzione tra giudaismo ed ebraismo: se il primo riguarda la caratterizzazione etnoantropologica delle genti giudaiche, il secondo concerne cultura e soprattutto religiosità ebraiche, talché ‘giudeo’ è il vero e proprio etnonimo degli israeliti. Un etnonimo che ha anche valenza genetica, poiché i giudei, per quanto dispersi e raccogliticci, rappresentano una popolazione eterogenea ma dalla comune matrice semitica.

Come il cristianesimo, il giudaismo – e l’ebraismo – incarnano un corpo estraneo, in Europa e in Lombardia. L’origine levantina, mediorientale, degli ebrei li pone al di fuori del contesto europeo primigenio, soprattutto poiché giudaismo ed ebraismo si sovrappongono, ed è dunque difficile trovare dei convertiti gentili (in senso europide). L’ebraismo è una religione profondamente legata all’etnia giudaica per quanto, effettivamente, esistano delle eccezioni: si considerino, ad esempio, i falascia, gli ebrei etiopi, o su di un piano storico, i Cazari dell’Eurasia centrale. Ma, di norma, giudei ed ebrei sono la stessa cosa, sebbene nel tempo la diaspora abbia disperso i giudei primevi in svariate contrade del globo.

Avremo così, per ricordare i principali, gli aschenaziti, gli ebrei dell’Europa centro-orientale; i sefarditi, gli ebrei del Mediterraneo; i mizrahì, gli ebrei autoctoni del Medio Oriente; gli italkim, gli ebrei italiani; i romanioti, gli ebrei greci, e una galassia di altri raggruppamenti che rientrano più o meno nelle categorie principali. Ad esempio, i mizrahì, comprendono tutti gli ebrei dell’Asia sudoccidentale. I già citati falascia sono di religione ebraica ma di etnia etiope e costituiscono, infatti, la carne da cannone dell’esercito israeliano. Il noto razzismo ebraico non si limita agli “infedeli”. Nella maggior parte dei casi il concetto di giudeo ed ebreo coincide, nonostante che la dispersione abbia contribuito alla diversificazione dei ceppi, pertanto l’originale matrice semitica viene per lo più conservata.

Il lombardesimo ritiene l’ebraismo estraneo all’Europa e alla Lombardia, proprio come il cristianesimo, e l’islam. È un prodotto culturale mediorientale, rappresentato da genti levantine, e non può quindi conciliarsi con le nostre vere radici. Questo anche perché l’ebraismo, espressione religiosa e culturale del giudaismo, viene praticato da allogeni che mantengono un legame tenace tra etnia e religione. L’ebraismo è certamente meno universalista del cristianesimo, o dell’islam, e porta avanti, come è risaputo, una tradizione matrilineare che incarna l’identità ebraica in senso stretto. Noi sappiamo che queste, comunque sia, sono futilità religiose, poiché uno è ebreo/giudeo se ha sangue israelitico, paterno o materno che sia.

C’è da dire, peraltro, che per quanto gli ebrei siano ossessionati dal sangue, la diaspora li ha resi un popolo rimescolato, sparso in tutto il globo, e possono infatti contare anche su popoli convertiti extraeuropei, come gli stessi falascia. Un fenomeno che, storicamente, ha riguardato pure l’Europa orientale – si pensi ai subbotnik russi – tanto che in Israele il russo è una lingua molto parlata, grazie alla massiccia immigrazione, non solo giudaica, da Paesi dell’ex Unione Sovietica. Seppur, quindi, i giudei conservino una comune origine mediorientale, appaiono oggi suddivisi in diversi rami, come dimostrano anche antropologia e genetica.

La religione ebraica moderna, oltretutto, è cosa ben diversa dall’ebraismo della Bibbia, e dei tempi di Cristo. Si tratta infatti di una creazione medievale, conseguenza dello sviluppo del cristianesimo, che a suo modo è divenuto il “vero” ebraismo, il “vero” Israele. Il cristianesimo, stando a ciò che afferma la Chiesa, è la naturale continuazione del mosaismo, pertanto l’ebraismo odierno è soltanto una versione rattrappita di quello primigenio, confluito nella religione di Gesù di Nazareth. D’altra parte, di ebrei, oggi, ne esistono una ventina di milioni, mentre di cristiani circa 2 miliardi e mezzo.

Il dio degli ebrei è lo stesso dio dei cristiani e dei musulmani, talché cristianesimo e islam sono eresie dell’antico giudaismo (che a sua volta ha assorbito elementi da altre culture mediorientali, vedi antico Egitto). Il lombardesimo critica ferocemente il monoteismo abramitico poiché, dopotutto, alieno alla più intima essenza europea, che è certamente gentile. E il monoteismo abramitico è a suo modo un’anticipazione di mondialismo e cosmopolitismo, per via della scellerata vocazione universalista; l’ebraismo primigenio aveva nel proprio ADN tale slancio, ancorché solidamente ancorato all’etnia giudaica (il “popolo eletto”), concretizzatosi poi appieno col cristianesimo, che si ritiene il vero e nuovo Israele.

Perciò il cristianesimo è sottoprodotto giudaico, frutto di giudei e intriso di cultura giudaica, esportato da giudei e professante un credo incentrato sul dio giudaico, per quanto riproposto in modalità trinitaria. Senza ebrei non sarebbe esistito il cristianesimo, anche perché la missione (storica?) di Gesù di Nazareth non si è svolta presso Celti o Vichinghi, ed egli stesso è stato educato secondo i principi religiosi e culturali israelitici. Ebraismo, cristianesimo e islam sono prodotti della medesima temperie geografica, culturale ed etnica, incarnazione della tenebrosa religiosità semitica fatta di peccato, rinuncia di sé, mortificazioni, castighi, morte e inferni. E badate che il salutare ethos patriarcale non è invenzione ed esclusiva mediorientale, checché ne pensino i bigotti monoteisti, perché praticato anche dagli Indoeuropei, per di più declinato in versione schiettamente solare e uranica.

Quindi la tradizione europea è figlia del mondo ariano, e non ci servono le religioni abramitiche per difendere un’etica plasmata in antico dalle popolazioni indoeuropee, di cui siamo gli eredi, anche spiritualmente (con buona pace di chi farnetica di radici giudaico-cristiane d’Europa, di fratelli maggiori e di spiritualità semitica). Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Cristo e Maometto sono immigrati, nel contesto europeo, e vanno rispediti al mittente, nella consapevolezza di come gli elementi apparentemente seducenti del cristianesimo, segnatamente cattolico, non siano altro che reminiscenze pagane, parassitate dalla Chiesa di Roma. E se ci opponiamo al credo in Cristo, ci opponiamo alla sua originaria fonte, l’ebraismo, antico o moderno che sia.

Per concludere, una riflessione sull’entità sionista, Israele, comunque già sviluppata in scritti precedenti. Uno stato, certo, etnonazionalista, ma fondato sul giudaismo e sulla religione ebraica, e proprio per questo del tutto estraneo nei riguardi dei principi völkisch europei. Non siamo contrari alla presenza ebraica in Medio Oriente, anzi, tutti gli ebrei dovrebbero fare ritorno alla terra dei propri padri, ma chiaramente non abbiamo alcuna simpatia nei confronti degli occupanti politico-militari della Palestina, e non per delle pregiudiziali antisemite. La terra palestinese è provincia siriana, e alla Siria deve ritornare, smantellando Israele ma lasciando le genti giudaiche al loro posto. Il lombardesimo, infatti, non condanna il sionismo (anche perché non si impelaga con il terzomondismo), qualora si tratti di rimpatrio degli ebrei d’Europa nel Levante.

Lombardesimo e cristianesimo

Il rapporto del lombardesimo nei confronti del cristianesimo non può che essere di critica e di condanna, alla luce dell’estraneità identitaria cristiana al cospetto della civiltà europea. Potrebbe sembrare azzardato, ma le radici dell’Europa non sono affatto cristiane, e nonostante circa 2.000 anni di radicamento clericale nel continente, il monoteismo abramitico, cui il cristianesimo appartiene, resta decisamente un corpo estraneo. Innegabile che l’identità lombarda ed europea risenta dell’influenza della Chiesa, ma a ben vedere quando si parla di culti per davvero tradizionali non si può certo alludere alle religioni monoteistiche frutto del Levante. Ne consegue la netta presa di distanza lombardista dal mondo cristiano che, peraltro, ha rappresentato a suo modo una sciagura.

Il cristianesimo è un’eresia del giudaismo primigenio, fondata da un personaggio di dubbia storicità, Gesù di Nazareth, proclamatosi figlio del dio ebreo. Una religione, dunque, semitica, sorella di ebraismo e islam, trapiantata in Europa in epoca romana per opera di individui levantini (non solo di origine) e la cui essenza risulta aliena alla spiritualità primigenia del nostro continente. L’invenzione del dio unico, e cioè dell’universalismo abramitico, è stata un’anticipazione del mondialismo, e cioè di una forma di assolutismo superstizioso votato all’eradicazione e alla distruzione dell’identità genuina dei popoli europei.

La portata del cristianesimo è stata perciò altamente distruttiva nei riguardi dell’Europa, perché oltre all’importazione di un credo alieno plasmato da giudei dobbiamo registrare l’imposizione di valori, ideali e principi che hanno spalancato le porte, oltre che all’universalismo, all’umanitarismo, all’egualitarismo, al cosmopolitismo e, indirettamente, a progressismo e relativismo poiché il monoteismo abramitico sacrifica sull’altare di Geova sangue, suolo, spirito. Può sembrare assurdo, ma è proprio così: progressismo e relativismo si nutrono della morale cristiana, laicizzandola, al fine di creare una nuova religione dispotica sulla falsariga del credo nel dio unico. Ecco perché affermo che da Geova si sia facilmente scivolati nel nuovo oscurantismo.

Pertanto la zavorra cristiana risulta esiziale sotto due aspetti, quello delle radici e quello dei valori. Per non parlare della Chiesa e della sua venefica opera che ha logorato, indebolito e pervertito lo spirito delle nazioni europee, rendendole schiave della superstizione, del terrore della morte e dell’ignoto, della fede in un dio straniero figlio del deserto mediorientale. Chiaramente si parla del passato, dacché oggi, per cagione dell’Illuminismo, l’Europa non crede più in nulla, nemmeno nel valore sacrale del sangue, e il vuoto lasciato dal cristianesimo è stato colmato dal ciarpame modernista che la stessa Chiesa ha finito per spalleggiare, pur di sopravvivere.

Parlando di Lombardia si viene a trattare di cattolicesimo, forma di cristianesimo che, certamente, ha plasmato nel bene e nel male la cultura dei nostri territori. Sarebbe assurdo negare che l’identità lombarda sia anche cristiana ma resta il fatto che il cristianesimo, pure nella versione cattolica, sia frutto d’importazione e sorta di parassitismo che ha attinto a piene mani dal paganesimo, abitando modelli gentili che non appartenevano al credo in Cristo. La fede romana, oltre a legarci mortalmente a quell’odiata città, ha rinsanguato la venefica dimensione dello spirito imperiale, e in effetti se in un certo senso il cristianesimo ha favorito il crollo dell’Impero di Roma, da un altro punto di vista ne ha ereditato la decadenza, ponendo le basi di una nuova schiavizzazione delle genti europee, appiattite sulla linea di una auto-genocida religiosità per “categorie protette”.

Capisco bene che certi identitari lombardi, ed europei, cerchino di conciliare il nazionalismo etnico con il cristianesimo, ma è un’opera inane: o si serve Cristo o l’Europa. Io stesso tentai una sorta di compromesso tradizionalista ma alla lunga si è rivelato tempo ed energia sprecati, che andrebbero infatti impiegati in qualcosa di più costruttivo. Per quanto il cattolicesimo abbia assorbito elementi della solarità indoeuropea, non si può occultare la vera natura della fede cristiana, che resta profondamente estranea, in rapporto alla genuina civiltà ariana; oltretutto, se dovessimo tollerare la Chiesa soltanto per degli echi pagani sarebbe certo molto più assennato ripristinare l’antica fede, senza compromessi.

La galassia cristiana comprende anche ortodossia e protestantesimo. Se la prima, significativamente legata alle popolazioni orientali, riflette la grecità ed è molto più tradizionalista, conservatrice e battagliera del cattolicesimo postconciliare, il secondo è pura depravazione, riflesso della degenerazione nordica e anticamera della mentalità liberal. Ad esso vanno associate tutte le varie sette americane che hanno trasformato la cristianità, già di per sé esecrabile, in un circo di pagliacci e cialtroni asserviti al capitalismo, a cominciare dal calvinismo e dall’immondezzaio dei suoi derivati. D’altra parte, la Riforma fu il ritorno alle primeve radici ebraiche del cristianesimo, la riconciliazione col terribile dio biblico al netto di ogni influsso paganeggiante mediato da Roma.

La morale cristiana ha indebolito, castrato e fiaccato il luminoso spirito che gli europei hanno ereditato dai loro ariani padri, asservendo l’Europa ad un sistema di “valori” devastatori quali fratellanza globale, pacifismo, amore indiscriminato, perdono, disprezzo di sé stessi, umiltà, mortificazione, rinuncia alla solare gioia di vivere e tetraggine pecoronica da catafalco. Per tacere dell’assurdo concetto di “peccato”. Il tutto per un mesto baratto tra la vita terrena – esistente – e quella – inesistente – oltremondana, facendo leva sugli strati più poveri e deboli della popolazione. Del resto il cristianesimo è stato un ottimo mezzo di controllo del popolo, epoche addietro, terrorizzato dallo spauracchio dell’inferno ed inchiodato, con cristiana (appunto) rassegnazione, alla condizione di minorità fortemente voluta da ceti parassitari quali nobiltà e clero, trono e altare.

Oggi l’Europa, secolarizzata fino al midollo, si è lasciata la fede in Cristo alle spalle, sostituendola purtroppo con materialismo irrazionale, edonismo, progressismo, consumismo e relativismo, mentre la Chiesa di Roma può contare sullo sterminato bacino dei fedeli del sud del mondo. Anche per questa ragione l’identitario lombardista deve liquidare il cattolicesimo – che è universalismo già a partire dall’etimologia del nome – perché non è possibile professare una religione andando a braccetto con sudamericani, negri, levantini, filippini (e pure sud-italiani). Bisogna scegliere, pure per una questione di coerenza, ed è inutile cercare di conciliare l’inconciliabile.

Non ho rinunciato del tutto all’idea della Chiesa nazionale ambrosiana, di cui avrò modo di riparlare compiutamente, ma va da sé che per il cristianesimo non ci possa essere posto nell’ideologia lombardista, pena il sacrificio della coerenza, della maturità, della radicalità etnonazionalista. Se proprio il popolo lombardo ambisse ad una forma di spiritualità che soddisfi la sua sete di infinito (per chi ci crede, ovviamente) questa non può che essere la gentilità celtica, gallo-romana, longobarda, nonostante l’etno-razionalismo sia comunque la posizione ufficiale, in materia di metafisica, del lombardesimo.

Lasciamo dunque perdere il cristianesimo e la cristianità, intollerabili al cospetto della visione del mondo etnicista, e riscopriamo la solare, virile, combattiva, patriarcale e genuinamente tradizionale etica indogermanica, nella consapevolezza che per un salutare conservatorismo identitario non serva assolutamente invischiarsi nella pania clericale, bensì rivalutare tutti quegli aspetti culturali e civili che afferiscono alla dimensione indoeuropea dell’esistenza. Per condannare ed eliminare i disvalori contemporanei non abbiamo affatto bisogno del cristianesimo, perché esso stesso è complice dell’estinzione, biologica e culturale, delle nostre genti.

Lombardesimo e gentilità

L’unica forma di religiosità che il lombardesimo può davvero tollerare è il paganesimo, poiché insieme dei culti realmente tradizionali che caratterizzano la spiritualità europea genuina. A differenza del monoteismo abramitico, cristianesimo incluso, la gentilità è espressione cultuale delle genti europee, in particolare con riferimento alla cultura indoeuropea, e si concilia perfettamente con la stessa ideologia lombardista, in nome delle nostre vere radici. Seppur il lombardesimo releghi la religione ad aspetto secondario, è chiaro che le manifestazioni spirituali non siano tutte uguali e dunque il paganesimo può ambire ad un ruolo culturale importante in seno alla società plasmata dal pensiero etnonazionalista.

Capiamoci, oggi non esiste più il prisco paganesimo, essendosi interrotto il cammino iniziatico circa 2.000 anni fa, e abbiamo dunque a che fare col neopaganesimo; troppo spesso esso esonda nelle pagliacciate e nelle mascherate e sarebbe quindi bene riorganizzare la “chiesa” pagana affinché possa rappresentare una spiritualità depurata dalla cialtroneria e coerente col disegno etnicista. Parlando di Grande Lombardia, e avremo modo di riprendere il discorso più avanti, l’ideale sarebbe una Chiesa nazionale ambrosiana trasmutata in una nuova forma di paganesimo razionale, affinché la religiosità nostrana sia finalmente incarnata da qualcosa di davvero coerente con l’etnonazionalismo. È chiaro che la religione non debba in alcun modo ostacolare la politica, pertanto è necessario che la prima non rappresenti qualcosa di alieno e di estraneo al nazionalismo etnico.

I culti tradizionali d’Europa sono manifestazione spirituale delle genti europee, pensando soprattutto alle antiche radici ariane. Il paganesimo, perciò, va di pari passo con l’etnia, la cultura, la mentalità, gli usi e costumi e il folclore e si fa araldo di una visione tradizionalista che non si mischi col monoteismo semitico, cui il cristianesimo appartiene. Personalmente, la religione non mi interessa, e così nell’ottica lombardista resta in secondo piano, ma ben sapendo che il popolo abbia bisogno di una vita spirituale – in contrasto ad una secolarizzazione instradata su binari progressisti – sono favorevole al supporto nei confronti di una rinnovata forma di gentilità.

È tuttavia chiara una cosa: tale forma di gentilità deve essere del tutto coerente col lombardesimo, non deve mettergli i bastoni fra le ruote e deve incarnare appieno i valori lombardisti; per tale ragione, ogni aspetto equivoco del paganesimo va liquidato in favore di una schietta visione tradizionale e tradizionalista, che rimetta al centro della dimensione comunitaria la mentalità patriarcale, virile, guerriera, eterosessuale, monogama, endogama. Un razionale conservatorismo coerente con il preservazionismo culturale e cultuale, frutto del nostro retaggio indoeuropeo. Il mondo ariano deve essere il nostro faro, contro ogni devianza modernista.

Forse qualcuno può pensare che il razionalismo, il realismo e il materialismo del lombardesimo difficilmente possano conciliarsi con la spiritualità indoeuropea, votata com’è alla sfera solare, uranica, celeste, ma credo non sia così. Il lombardesimo ha certamente una robusta visione razionalista ma non condanna le forme di spiritualità compatibili col nostro mondo e reputa tollerabili una riscoperta ed una rinascenza della religiosità pagana, emendate dalle buffonate in stile wicca e new age. Il sottoscritto è francamente ateo, ma non ateista, non intende cioè portare avanti un ateismo militante che si sostituisca all’oscurantismo semitico, anche perché la religione è un aspetto culturale che fa parte della nostra identità. E dunque lo spirito solare, tipico degli Indoeuropei, va convogliato nel sistema di valori del nazionalismo etnico lombardo.

Fra l’altro, una rinascenza identitaria gentile potrebbe sostenere entusiasticamente il lombardesimo, perché marcerebbero nella stessa direzione: l’esaltazione di sangue, suolo e spirito, la difesa dell’europeismo etnicista, l’affrancamento della Grande Lombardia da Roma (e dal Vaticano) e da ogni altro ente sovranazionale, la liberazione delle nostre terre dal dispotismo cattolico in quanto corpo estraneo di origine ebraica. La religione si occupa di faccende, a mio dire, superflue, e si concentra su aspetti irrazionali, assurdi, astratti; nonostante questo posso però riconoscere che rappresenti un elemento culturale interessante, che sia di sostegno allo spirito inteso in chiave lombardista.

Spirito, dunque, concepito come frutto dell’unione di sangue e suolo, espressione di carattere, mentalità, psiche, cultura, civiltà, arte, letteratura, folclore e filosofia di vita delle nostre genti, che una religione per davvero patriottica esalterebbe senz’altro. Con il cristianesimo non è possibile, e non solo perché la Chiesa, oggi, si è allineata al mondialismo, bensì perché la religione di Cristo è intimamente estranea al mondo europeo, incarna principi incompatibili con l’etnonazionalismo, è votata all’universalismo e promuove una morale patetica lontana anni luce dall’ethos indoeuropeo e lombardista. Il dio dei cristiani è lo stesso dio di ebrei e musulmani, espressione culturale e mentale di un ambito a noi totalmente estraneo.

Certo, si potrebbe pensare che il paganesimo sia meno credibile del cristianesimo, con tutto il bagaglio di miti e leggende, ma lo stesso cristianesimo attinge da una Bibbia che è parimenti fonte di irrazionalità, allegorie, astrazioni, e il concetto del Dio unico di tutti è una sorta di anticipazione del mondialismo, in ispregio della biodiversità razziale ed etnica umana. Inoltre, la religione di Cristo si fonda su di un personaggio dalla dubbia storicità (sicuramente non figlio di un inesistente dio), ha assorbito il mondo pagano, celebra festività che ricalcano quelle gentili e abita modelli culturali che non sono suoi propri. Si pensi, appunto, al calendario liturgico, all’organizzazione del clero, alle festività, al culto dei santi e delle madonne, all’uso del latino, al retaggio greco-romano, al parassitismo nei confronti del pensiero filosofico greco, e così via.

La religione non è qualcosa di credibile, è evidente, e va infatti letta con gli occhi dell’irrazionalità, dell’assurdo, del mondo astratto delle idee spirituali, o se volete della fede e della speranza. Un frutto della superstizione e dell’ignoranza, della paura della morte e dell’ignoto, delle manipolazioni pretesche e dello stato di minorità del popolino antico – vessato in ogni modo da un clero parassitario -, e proprio per questo è e resta, nell’ottica lombardista, del tutto secondaria, pur riconoscendo che sia espressione della cultura di un popolo. Ma dobbiamo capirci: la religione del popolo lombardo deve essere coerente, compatibile e funzionale al lombardesimo, che pone la patria lombarda sopra ad ogni cosa, il nostro vero paradiso da salvare dalla barbarie contemporanea.

Lascio che ad addentrarsi nell’irrazionale mondo della spiritualità siano altri, e non voglio certo occuparmi di dispute teologiche che rischiano di mettere in secondo piano ciò che conta per davvero: sangue e suolo. Nonostante questo, ritengo che una visione tradizionale possa anche contemplare il recupero di una forma di religiosità, a patto che essa sia coerentemente schierata a favore dell’edificazione di una società völkisch. E, allora, il paganesimo può farsi carico di tale ruolo, poiché insieme di elementi cultuali e culturali elaborati dai nostri padri liguri, celti, veneti, gallo-romani, longobardi. Come l’induismo, per fare un esempio, rappresenta le credenze di origine ariana dell’India, così una Chiesa nazionale ambrosiana, e lombardista, può animare una religiosità squisitamente lombarda, nel solco tracciato dai popoli antichi e dai loro culti, per davvero tradizionali.

Lombardesimo e spirito

Ho avuto modo diverse volte di parlare dello spirito, per come viene concepito dal pensiero lombardista, ma credo valga la pena approfondire la questione. Il lombardesimo tiene in non cale la metafisica, preferendo ad essa la concretezza della ragione, della scienza e della natura, e come è già stato detto reputa la religione inutile, assieme alla spiritualità, pur rispettando chi si dice religioso (a patto che non professi nulla di eversivo, rispettando a sua volta la nazione). Altresì, se la religiosità in questione è gentile può essere comprensibile e giustificata dalle nostre vere radici tradizionali, e viene riconosciuta parte integrante del bagaglio culturale e civile della lombardità. Ma resta il fatto che questi temi siano secondari, poiché prima di tutto viene la verità assoluta della patria.

In tal senso, quando parliamo di spirito, alludiamo al dato umanistico che contraddistingue il nostro e gli altri popoli d’Europa, senza sconfinare, appunto, nella metafisica. Cosicché lo spirito rappresenta cultura, civiltà, mentalità, carattere, arte, identità, tradizione, folclore e non qualcosa di astratto e assurdo che, non esistendo, non si manifesta. L’insieme di valori, principi e ideali che animano il lombardesimo sono, parimenti, spirito e lo spirito è ciò che nasce dall’incontro di sangue e suolo, e dunque quell’energia vitale etnica e razziale fondamentale ai fini della preservazione identitaria.

Sovente, affermo che il sangue, senza spirito, si riduca a mero fluido biologico, e così il suolo ad un ammasso di terra; sangue e suolo sono il binomio fondamentale del nazionalismo etnico ma, si capisce, hanno bisogno dello spirito. In tal senso lo spirito è la linfa vitale di popolo, etnia e nazione perché va da sé che senza la forza delle idee, del carattere, della mentalità la verità naturale della razza rischia di svilirsi e di ridursi a materialismo zoologico. Il lombardesimo, in un certo senso, è materialista, perché esalta razionalmente la concretezza di sangue e suolo, ma fa riferimento ad un materialismo nobile, filosoficamente alto, centrato su ciò che esiste e può essere percepito.

Da qui, pur riconoscendo la basilare importanza dello spirito, ecco che il nostro pensiero va oltre la metafisica, essendo questa una perdita di tempo giocata su di un campo totalmente irrazionale. A che giova discutere di Dio, dei, anima, aldilà, spiritualità quando vi sono questioni molto più importanti e cruciali, senza alcun dubbio fondate sulla concretezza e la verità della natura? La metafisica esiste soltanto nella testa dell’uomo, frutto, certo, della sua creatività e inventiva ma priva di riscontri oggettivi che ne testimonino la bontà. Alla meglio una perdita di tempo, alla peggio una truffa consumata sulla pelle dei popoli per sfruttarli da corpi parassitari, quali ad esempio la Chiesa e le monarchie.

Un coerente razionalismo, che si fa etnico nel caso lombardista, deve prendere le distanze da qualsiasi religione, credenza o altro surrogato metafisico per poter spiegare quello che non si comprende. Noi confidiamo nella ragione, che è il faro dell’uomo e dei popoli bianchi, e non ci mischiamo a credenti e preti, soprattutto nel caso del monoteismo abramitico, vero e proprio oggetto estraneo in terra europea. La ragione è specie-specifica dell’Homo sapiens sapiens e ci garantisce di poter raggiungere e conoscere la verità, senza esondare nello scientismo o nell’ateismo progressista, universalista quanto le religioni semitiche.

Nel ventunesimo secolo dovrebbe essere chiaro agli occhi di qualsiasi persona con minima istruzione e medie capacità cognitive che le varie metafisiche non sono state altro che l’illusorio frutto dell’incapacità umana antica di dare una spiegazione a fenomeni che apparivano irragionevoli. Ovviamente, come detto, agli occhi dell’uomo dell’antichità. La metafisica, comprensibile in tempi arcaici, è una grave fallacia della ragione e della logica che si è in seguito evoluta in un ottimo metodo di controllo sociale e in un’ottima legittimazione dello sfruttamento dei ceti più deboli, terrorizzati dall’idea (irrazionale) dell’inferno e del castigo divino, a partire dall’ignoto rappresentato dalla morte.

Ma la morte, aprendo una piccola parentesi, non è altro che la fine della vita, il naturale epilogo della parabola umana e animale (o vegetale), dove cessiamo di esistere senza di certo approdare a mondi ultraterreni, inventati di sana pianta dai popoli antichi digiuni di scienza, così come nel caso delle divinità. È pertanto assurdo temere qualcosa che fa da sempre parte dell’esperienza dell’uomo ed è assurdo alimentare le irrazionali e superstiziose dicerie metafisiche sull’ignoto, su ciò che sta al di là della vita. Al di là della vita non c’è un bel nulla, molto semplicemente, e oggi dovrebbe essere chiaro quanto i preti abbiano campato di rendita sulle ataviche e irragionevoli paure del popolino.

La critica del lombardesimo, sempre a proposito di spirito e spiritualità, è rivolta soprattutto al monoteismo abramitico, vero e proprio assolutismo, nonché dogmatismo e oscurantismo, precursore della moderna dittatura del pensiero unico mondialista, che in quanto prodotto culturale di origine mediorientale ha deviato l’Europa con tutta una serie di idee aliene al nostro continente e allo spirito indoeuropeo, andando peraltro a pervertire dottrine filosofiche autoctone, piegate a guisa di ancelle alle vere e proprie assurdità della teologia.

Gli unici strumenti che possono garantire, una volta per tutte, la fine di queste subdole circonvenzioni ai danni dell’umanità bianca sono la diffusione della vera informazione scientifica, sganciata dal conformismo della sedicente “comunità scientifica” (che, tanto per dirne una, è negazionista della razza), e lo sviluppo del senso critico, così come dell’indagine filosofica a tutto campo. Mi rendo conto che la secolarizzazione laicista abbia ormai ridotto ai minimi termini la fede, col rischio di colmare il vuoto lasciato, nel nostro caso, dal cattolicesimo romano con il ciarpame progressista, ma l’idea di un ateismo identitario ed etno-razionalista è seducente ed eliminerebbe in un sol colpo le balle dei preti e quelle dei liberal, che gareggiano coi primi in fatto di superstizione universalista.

Naturalmente il rifiuto delle varie declinazioni della metafisica e della spiritualità non implica, tuttavia, il rigetto automatico anche di quelli che sono alcuni suoi prodotti, che storicamente hanno rappresentato un elemento di differenziazione culturale, quali l’arte, la letteratura e le tradizioni europee, segnatamente gentili, e che ancor oggi costituiscono il retaggio tradizionale che ci giunge dai padri ariani. Pertanto possiamo tranquillamente rispettare la rinascenza pagana, a patto che non si tramuti in una pagliacciata new age o wicca e che rispetti gli elementi culturali fondamentali su cui si è edificata la civiltà europea: il patriarcato, la guida virile del continente, il piglio guerriero, la famiglia naturale, l’endogamia, la monogamia, l’eterosessualità e la difesa degli innati ruoli di maschile e femminile, con netta condanna di tutta la spazzatura ideologica antifascista.

La tradizione secondo il lombardesimo

Nonostante il lombardesimo prenda le distanze dalla religione, specie se abramitica (ebraismo, cristianesimo, islam), mantiene una visuale fortemente tradizionalista, nel senso che identità e tradizione costituiscono un binomio fondamentale nell’ottica dell’etnonazionalismo lombardo. Sull’identità non vi è alcun dubbio: il lombardista difende a spada tratta l’etnicità e la cultura lombarde e plasma un identitarismo nettamente etnicistico. Circa la tradizione può esservi qualche equivoco, facilmente risolvibile, perché troppo spesso si crede che tradizione e religione vadano di pari passo, sebbene non sia necessariamente così. Pertanto, pur mantenendo un profilo laico (se non ostile a certa religiosità), ecco che il lombardesimo si fa baluardo a difesa della tradizione.

Ma quale tradizione, se ci si slega dall’ambito cultuale? Presto detto. Il lombardesimo è tradizionalista nella misura in cui preservi tutti quegli elementi su cui si fonda l’identità etnica e nazionale lombarda: la cultura, la lingua, gli usi e costumi, lo spirito, le consuetudini, la cucina. Inoltre, il lombardesimo è tradizionalista poiché difende la mentalità ereditata dai nostri padri indoeuropei, contro ogni forma di sovversione valoriale. Infatti, ecco che il pensiero lombardista promuove la società patriarcale, la comunità tradizionale, la famiglia naturale, l’eterosessualità, i legami monogamici, l’endogamia, gli innati ruoli di maschile e di femminile.

Insomma, non c’è alcun bisogno di fare riferimento ad una religione per proteggere e garantire la tradizione ed essere tradizionalisti, anzi; se la religione in questione è cristiana vi saranno sempre svariati ostacoli sulla via di una completa autoaffermazione tradizionale. Questo perché il cristianesimo, pur essendo radicato in Lombardia da quasi 2.000 anni, resta un corpo estraneo partorito dal Medio Oriente, e incarna dei valori incompatibili con la schietta e genuina civiltà europea, per quanto essa possa essere stata cristianizzata. Non solo, dunque, la tradizione deve svincolarsi dalla religione, sussistendo benissimo senza di essa, ma quest’ultima può anche diventare un problema, se parliamo di coerenza identitaria.

Si ritiene troppo spesso che senza cattolicesimo non esista tradizione, ma questa è una scempiaggine. Si può dire che senza cattolicesimo non esista una tradizione cattolica, ma di quest’ultima non abbiamo affatto esigenza. La nostra vera, immortale, eredità è quella indoeuropea, ed è proprio ai padri indoeuropei che dobbiamo fare riferimento. Molti degli elementi identitari e tradizionalisti che colleghiamo al cristianesimo sono, in realtà, un prodotto culturale indoeuropeo: il patriarcato, lo spirito virile, il piglio guerriero, la monogamia, il ruolo particolare della donna (certo non primario, ma nemmeno svilito, alla semitica) fanno parte del nostro retaggio ariano, per quanto la Chiesa possa essersene impossessata.

Dura a morire, quindi, la convinzione che senza cristianità non possa sussistere alcuna forma di tradizione, nonostante che proprio per via del cristianesimo sia, anzitutto, morta la tradizione pagana e, in secondo luogo, sia stato pervertito lo spirito dei padri. Pervertito perché mischiato senza capo né coda con tutto il bagaglio abramitico, dunque semitico, del culto di Cristo. Esistono delle religioni tradizionali, in senso europeo? Assolutamente sì, sono quelle gentili, frutto della temperie culturale indoeuropea e profondamente intrecciate con la sottorazza europide. E in tal senso direi che se un europeo, o lombardo, sentisse il bisogno di realizzare la propria spiritualità, coerentemente con il lignaggio bianco, potrebbe tranquillamente rivolgersi alla gentilità.

La cosa non mi riguarda, essendo laico, ma esiste l’errata convinzione che il paganesimo sia un brulicare di perversione, orge, omosessualità, promiscuità, come se i valori patriarcali, tradizionali ed eterosessuali, circa la salutare normalità della natura, fossero appannaggio dei culti semitici. Per quanto il sottoscritto non sia, appunto, religioso, cristiano o pagano che sia, è doveroso difendere i culti tradizionali dei padri dalle infamanti accuse levantine, soprattutto se pensiamo a chi, notoriamente, popoli seminari, chiese ed oratori… Del resto, qualcosa come il mos maiorum romano non era certo invenzione cattolica, anzi, il cattolicesimo l’ha abbondantemente parassitato.

Perciò non è necessario rifarsi alla Chiesa per poter avere una propria tradizione e difenderla, esaltando razionalmente la natura e coniugandola mirabilmente con il benessere della comunità etnonazionale. Peraltro, se ci pensate, il cristianesimo non ha alcun rapporto con la natura, prescinde da essa, mentre il paganesimo era profondamente intrecciato ad essa. So bene quanto il neopaganesimo scolori troppo spesso nelle pagliacciate e nel pattume new age, ma questo non è un valido motivo per affossare la rinascenza gentile preferendovi un culto estraneo all’Europa e alla sua vera anima. Non è compito del lombardesimo occuparsi di culti, ma di certo esso ha le idee chiare su cosa sia davvero compatibile con gli europidi.

D’altra parte, i valori tradizionali non hanno bisogno, come si diceva sopra, di un retaggio religioso per affermarsi: un uomo e una donna possono benissimo essere tradizionali senza per forza di cose avere una fede religiosa. Credo proprio che identità e tradizione siano così fondamentali da dover essere abbracciate al di là delle preferenze spirituali, poiché l’integrità, la forza e la salute di una nazione passano prima di tutto dai valori promossi dal nazionalismo etnico. E il lombardesimo non ha alcun dubbio: la tradizione, unita alla natura, porta al rispetto dell’ottica tradizionalista, in tutto e per tutto.

La stessa laicità promossa dal lombardesimo osserva scrupolosamente la contemplazione dei principi identitari e tradizionalisti che forgiano una comunità sana, fondata sulla famiglia naturale e benedetta dal legame eterosessuale tra maschio e femmina, dove il patriarcato sia rispettato e non esistano follie omofile, femministe, del “genere”. E lo stesso lombardesimo promuove gli ideali spirituali intesi come umanesimo identitario che rimetta al centro di tutto la dimensione etnica e razziale dei popoli, condannando l’universalismo cristiano e il relativismo modernista. Per quanto il pensiero lombardista sia etno-razionalista, e in un certo senso materialista (esiste ciò che si manifesta e viene percepito), comprendiamo tranquillamente l’esigenza di coltivare una spiritualità anche in direzione diciamo metafisica, pur non condividendo, a patto che non sia nulla di eversivo.

Ma, personalmente, resto dell’idea che il concetto lombardista di tradizione non abbisogni di Dio o dei – essendo peraltro argomento sterile – ma della concretezza di sangue e suolo, da cui lo spirito. La natura, la ragione, l’identità veicolano l’eredità anche spirituale dei nostri arii padri, che confluisce nell’etnonazionalismo lombardo. Ed è così che ci ergiamo a difesa della nazione, della comunità, della famiglia, in nome della verità assoluta di una tradizione che sia l’emblema radioso della salutare normalità identitaria, tradizionale, civile. Dove il termine ‘civile’ alluda alla cultura plasmata dall’uomo indoeuropeo, e non alla spazzatura progressista dei diritti “umani” e di quelli “civili”. Anche perché il concetto lombardista di umanità ricalca quello scientifico e razziale dell’Homo sapiens sapiens, non dell’essere umano globale e globalizzato.

La svolta anticristiana, parla Paolo Sizzi

Come sapete, di recente, sono tornato sulle posizioni primigenie del lombardesimo, in materia di religiosità e spiritualità, per riabbracciare integralmente la dottrina da me fondata e lanciata. La mia posizione è stata, per una decina di anni (2009-2019), intransigente e volta alla condanna della presenza cristiana – e abramitica in genere – in Europa, per una questione di radicalità, coerenza, razionalità; io nasco cattolico praticante, con una forte formazione religiosa alle spalle, ma il primo distacco dal mondo clericale risale proprio al 2009, per poi essere riproposto negli ultimissimi tempi. In mezzo un periodo di un lustro in cui ho cercato un compromesso tra l’identità spirituale gentile e cristiana, in nome dei nostri avi.

Come potete leggere in questi due articoli (qui e qui), al pari di altri pezzi ideologici circa il lombardesimo, che non sto a riproporre ma che vanno reinterpretati – unicamente per quanto concerne il tema metafisico e religioso – alla luce della nuova svolta, ho tentato di conciliare la gentilità con il cristianesimo cattolico, arrivando anche a suggerire l’idea e il progetto di una Chiesa nazionale granlombarda pagano-cattolica che potesse rappresentare al meglio le due anime storiche della Cisalpina. Un disegno che potrebbe anche essere conservato (avrò modo di riparlarne) ma che rischia di inasprire i conflitti, invece di sanarli, creandoli pure ex novo. Ad ogni buon conto il lombardesimo “cristiano” del Sizzi viene consegnato alla storia, e si rivive a pieni polmoni la giovinezza, soltanto sopita o edulcorata, del pensiero lombardista radicale.

Tra l’estate del 2019 e la primavera del 2024 ho dunque intrapreso un percorso che mirasse a preservare gli elementi indoeuropei del cristianesimo, esaltando quindi il retaggio ariano dei nostri padri, facendo comunque comprendere come la religione sia fatto del tutto secondario. Ultimamente mi sto occupando approfonditamente della questione, proprio per spiegare al meglio la svolta (che, dopotutto, è soltanto un ritorno alle posizioni originali del lombardesimo) e per contestualizzarla nel più vasto ambito dell’ideologia lombardista. So che diversi identitari e tradizionalisti pongono molta enfasi sul discorso spirituale e, alla luce di questo, ho deciso di dedicare diversi scritti alla tematica in oggetto, proponendoli al soledì.

L’intervento odierno, invece, vuole cercare di chiarire ulteriormente le ragioni del ritorno alle posizioni primeve, necessarie al fine di riprendere in toto la rivoluzione lombardista, una rivoluzione davvero originale ed inedita grazie anche all’approccio circa spiritualità e religiosità. Va detto che il lombardesimo esalta sangue, suolo e spirito, dove il terzo elemento rappresenta il dato umanistico della civiltà lombarda: cultura, mentalità, carattere, lingua, identità, tradizione e così via. L’identità lombarda è anche cattolica, certo, e il rispetto pei nostri avi è fuori discussione. Ma il rispetto, appunto, va agli avi, non alla loro fede, perché i nostri stessi antenati sono parimenti morti per delle guerre italiane: insomma, si onorano i caduti, non le idee scellerate che li hanno mandati a morire invano. Stesso discorso per il cattolicesimo.

I culti davvero tradizionali dell’Europa riguardano il paganesimo, nel nostro caso primariamente celtico, gallo-romano, longobardo (ma anche ligure, etrusco, venetico). Sappiamo bene che, oggi, il paganesimo sia più che altro una mascherata senza solide basi, ma le nostre simpatie in materia religiosa non possono che andare ad esso, piuttosto che alla Chiesa. Questo per dire una cosa ben precisa: il lombardesimo reputa la religione fatto secondario, e lungi da noi l’idea di dividere i lombardi per questioni dopotutto futili come il credo religioso (noi ci basiamo molto su ragione e scienza, liquidando la metafisica alla stregua di vecchiume inerte); tuttavia, per ragioni di coerenza e identità indoeuropea, le uniche forme di religiosità tollerabili possono essere soltanto gentili.

Qualcuno, come feci io negli scorsi anni, potrebbe venirmi a dire che il cattolicesimo è intriso di elementi pagani, che la figura di Cristo è solare, che non esistono radici giudeo-cristiane e che il cristianesimo è un prodotto europeo. Ma, signori miei, se dobbiamo tollerare il cattolicesimo soltanto per via di elementi di origine gentile, parassitati dalla Chiesa, non facciamo prima a ripristinare i veri culti tradizionali dell’Europa? Vero, il cattolicesimo ha una tradizione che dura intatta da circa 2.000 anni, ma resta un corpo estraneo, per quanto rivestito di nobili vesti ariane, oggi per di più avvelenato in senso cosmopolita e relativista dal Concilio Vaticano II, allineandolo al degrado globalista. Cristo, se esistito, era certo ebreo, non cisalpino, e si è manifestato agli Ebrei, non ai Celti golasecchiani; il suo Dio è il dio dei Giudei e non sarebbe esistito cristianesimo senza mondo giudaico.

Anche io, negli ultimi 5 anni, ho fatto acrobazie e salti mortali per tentare una conciliazione tra schietto identitarismo europeo e monoteismo abramitico, nella fattispecie cristiano, epperò alla lunga si rivela opera sterile e del tutto inutile. Per questo il lombardesimo ripropone la visione anticristiana degli esordi, dove ‘anticristiana’ sta ad indicare la contrapposizione ai valori del cristianesimo, alle origini e alla natura del cristianesimo, e alla vocazione universalista di questo credo religioso. Un identitario völkisch serio, razionale e coerente non può sposare la causa del culto diversamente ebraico cristiano, per quanto possa anche lasciare aperta la porta agli identitari lombardi, nel nostro caso, cattolici. Le guerre di religione tra fratelli sarebbero davvero una sciagura.

La linea lombardista, in materia filosofica e spirituale, è etno-razionalista, il che significa ragione, scienza, logica, laicità diciamo pure in senso ateo o agnostico. Ma va da sé che l’irreligiosità lombardista non abbia nulla a che vedere col variopinto mondo del disagio liberal, progressista, e che rigetti del tutto Illuminismo, giacobinismo, massoneria. Non sta scritto da nessuna parte che un etnonazionalista non possa essere serio identitario e tradizionalista se ateo o agnostico. Anzi, io credo che la religione non serva più a nulla, soprattutto se desertica, per difendere e preservare coerentemente sangue, suolo, spirito. Dio, cioè un prodotto culturale della mente umana, rischia soltanto di essere un intralcio ai fini politici e comunitari, pertanto lasciamolo stare. Le battaglie identitarie del lombardesimo si combattono in nome della nostra vera e unica patria, che è la Lombardia, il bene più prezioso che abbiamo.

Non siamo dei fanatici o dei fondamentalisti atei che intendono perseguitare i cristiani (figuriamoci!), oppure scristianizzare una società, peraltro già scristianizzata e secolarizzata, che rischia di finire dalla padella alla brace colmando il vuoto lasciato dalla Chiesa con la spazzatura modernista. Ma vogliamo essere un faro che nel segno dei padri indoeuropei e della loro identità marca una distanza netta dalla classica destra reazionaria e feudale innamorata di trono e altare, che troppo spesso scivola nel ridicolo di un cristianesimo politicizzato dalle mille contraddizioni (si può essere cristiani e nazionalisti/razzisti/antisemiti senza far ridere i polli?). La nostra idea di tradizionalismo non riguarda sacrestie e madonne, riguarda la società patriarcale, virile e guerriera degli Arii, a difesa della famiglia naturale, dell’eterosessualità, dell’endogamia e dei legami monogamici. E infatti, per noi, gli Indoeuropei sono tutto, anche da un punto di vista spirituale.

E se da un lato preferiamo confinare la spiritualità e la religione ad un ambito del tutto secondario, dall’altro simpatizziamo culturalmente per la gentilità, perché le vere radici del nostro continente sono pagane, in senso celeste, solare, uranico. E la gentilità, quella vera, non è paccottiglia wicca o new age, è la vera tradizione dei nostri padri, nonostante che l’Europa sia stata narcotizzata da secoli di cristianizzazione. Lasciamo perciò perdere il cristianesimo, così come giudaismo e islam ovviamente, e concentriamoci sull’etno-razionalismo e sull’eredità culturale e spirituale ariana. E se proprio di religione si deve parlare apriamo all’ipotesi di una versione di Chiesa nazionale ambrosiana trasmutata in qualcosa di schiettamente gentile, affinché i bisogni spirituali dei lombardi possano venir soddisfatti senza andare a discapito della comunità nazionale cisalpina. Perché il cristianesimo, anche cattolico, coerente è nemico dell’identità etnica e razziale dei popoli, per via del feticcio egualitarista che lo accosta a marxismo, bolscevismo e mondialismo, tutti prodotti, come il cristianesimo stesso, di fattura ebraica.