Contro globalismo e universalismo

In un momento storico in cui vilipendere le vere patrie è divenuto quasi un dovere morale, la sfida del lombardesimo è quella di dare voce ad una nazione storica come la Lombardia, che per quanto dormiente ha tutte le carte in regola per potersi battere per la propria autodeterminazione, nel solco dei principi völkisch di sangue, suolo, spirito. Il nostro nemico mortale, oltre al patriottismo di cartapesta all’italiana, è certamente il sistema-mondo, dunque la globalizzazione, ma anche la mentalità universalistica portata avanti da dottrine nefaste come lo stesso cristianesimo. Sradicare il sentimento identitario di una comunità, in nome delle ammucchiate pluraliste ed ecumeniche, è un crimine e un tradimento nei confronti della collettività autoctona.

Per quanto mondialismo e universalismo, tecnicamente, non siano la stessa cosa, resta il fatto che la loro natura parta dal medesimo presupposto: che gli uomini siano tutti uguali e fratelli, senza razza, che la terra non sia di nessuno perché i popoli indigeni sono soltanto di passaggio e che al di sopra di tutto si collochi un dio o un demone assolutista a cui tutti gli esseri debbano obbedienza, senza alzare la testa e ribellarsi. Il semplice, apparentemente innocuo concetto di umanità, a ben vedere, è intriso di retorica e ipocrisia egualitarie, fatto apposta per turlupinare le genti europidi, bianche, direttamente a casa loro. A tutto vantaggio dello status quo.

Non possiamo permetterci di alimentare l’auto-genocidio lombardo contribuendo alla narrazione globalista, sacrificando così la verità assoluta del sangue sull’altare del moloc internazionalista ed unipolare (ma anche multipolare, se questo comporta un’ottica terzomondista): noi dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per giungere alla vittoria e alla salvazione della Lombardia, e per farlo occorre sconfiggere ogni velenosa menzogna figlia dei principi giacobini e rivoluzionari. I fratelli dei lombardi sono soltanto i lombardi medesimi, non c’è fesseria da Libro Cuore che tenga.

Ogni ideologia che promuova uguaglianza e fratellanza in un’ottica umanitaria, antifascista e antirazzista va condannata e respinta, perché è proprio così che si affossano i destini della nazione e, dunque, che ci si suicida. Non lasciamoci infinocchiare dalla propaganda di regime – tricolore, euro-stellata o atlantista che sia -, o da quei culti, religiosi o meno, che puntano tutto sull’annientamento di razza, etnia, nazione, patria, comunità per poter plasmare quel vomitevole omogeneizzato variopinto funzionale all’alta finanza, e ai suoi pescecani. L’identità cisalpina è un patrimonio inestimabile e insostituibile, perché la Lombardia vale infinitamente di più di qualsivoglia “paradiso”. La nostra terra viene prima di ogni cosa, ovviamente intesa non come “banale” paesaggio ma come comunità di popolo.

E allora, se stigmatizziamo globalizzazione e sistema-mondo in quanto espressione patologica di quell’unipolarismo all’americana che mira a tramutare il pianeta, a partire dall’Europa, in una gigantesca fogna multirazziale e cosmopolita, così dobbiamo condannare l’universalismo greco-romano e/o giudeo-cristiano, perché non esiste alcun ente sovrannaturale posto al di sopra dei nostri crani e perché la fratellanza tra uomini e donne di ogni dove è soltanto un parto malato di chi è nato per odiare e combattere sangue, suolo e spirito, dunque la natura e la civiltà. Il tutto, molto banalmente, per asservire le genti migliori a quella volgarità democratica che, dopotutto, non è altro che uno squallido tributo alla mediocrità imperante nell’odierno Occidente apolide.

Una riflessione sulle pandemie

Poco più di quattro anni fa, sul proscenio mondiale, balzò agli onori delle cronache il contagio da coronavirus (dunque la Covid-19), che in breve monopolizzò le nostre esistenze proiettandoci in una quotidianità fatta di restrizioni, quarantene, confinamenti, mascherine, vaccini. Il morbo è sicuramente esistito, inutile negarlo, ma di certo la propaganda di regime lo ha cavalcato per imporre misure draconiane, che fecero il paio con le leggi liberticide contro idee, opinioni, ideologie politiche. Un po’ come all’indomani dell’11 settembre 2001, quando con la scusa del terrorismo ogni occasione fu buona per limitare la libertà delle persone, a tutto vantaggio delle angherie governative.

Devo dire che all’epoca dei fatti, nel 2020-2022 fondamentalmente, non mi esposi troppo sulla questione (non molto avvincente, oltretutto), per una semplice ragione: non sono un medico, un addetto ai lavori, perciò il rischio di parlare a sproposito era sempre dietro l’angolo. Allo stesso modo, non sono un sostenitore delle teorie complottiste, per quanto sia evidente che la politica mondiale ci abbia marciato, sul coronavirus, terrorizzando la gente per indurla alla mite obbedienza. Attenzione: è chiaro che il virus abbia mietuto vittime, anche e soprattutto in Padania (Orobia, nello specifico), ed inizialmente è stato senza dubbio sottovalutato; ha però rappresentato una vera minaccia solo nei confronti di anziani e soggetti debilitati (ve li ricordate i bambini immuni?), e forse sarebbe bastato tutelare le fasce a rischio invece di estendere obblighi indiscriminatamente.

La pandemia ha colto tutti impreparati, colpevolmente, si pensava che nel XXI secolo non vi fosse più il pericolo di un dilagare di un morbo su scala continentale e planetaria, nonostante nel recente passato vi fossero state delle avvisaglie: l’aviaria, la suina, la Sars, l’allarme ebola dell’estate 2014, epidemie peraltro principiate (e poi esportate sulle ali di viaggi, migrazioni, globalismo) in Paesi del terzo mondo, o dell’Asia. Circa il Covid-19 se ne sono dette di tutti i colori, ma pare che l’antefatto abbia avuto luogo in Cina; come da tradizione, l’Europa è stata colpita da una “peste” di importazione, a tutta evidenza nata nell’immenso carnaio mongolide.

Le costumanze barbare asiatiche, in materia di allevamento e cibo, può essere la cagione dei vari coronavirus, anche se in molti hanno pensato di scorgervi un esperimento di laboratorio finito male, e sfuggito al controllo dei medici. Il resto l’ha fatto la globalizzazione, quella che farcisce l’Europa di allogeni, seduce i bianchi con il turismo verso mete esotiche, ci regala parassiti alloctoni che colpiscono flora e fauna locali, ci allieta con le pandemie e, naturalmente, riduce il nostro continente a colonia anodina delle superpotenze globali, specie gli Usa. Ricordo ancora come, nel febbraio-marzo 2020, gli antirazzisti si affannassero a coccolare i cinesi, sperticandosi in lodi nei riguardi dell’internazionalizzazione. La stessa che avrebbe poi condotto la sanità lombarda quasi al collasso, spazzando via intere generazioni e dando vita a situazioni tragicamente grottesche.

Le campagne vaccinali hanno avuto un senso? Torno a dire che, forse, sarebbe bastato vaccinare i più fragili e anziani, vedi influenza stagionale. Come ho già detto non sono un medico, ma a tutta evidenza il coronavirus non è la peste bubbonica, anche se non voglio entrare nel merito di questioni scientifiche e tecniche che solo chi sa di medicina può trattare senza inanellare sfondoni. E riaffermo che non condivido le tesi del complotto, soprattutto quelle più spinte e assurde. Gli stati sul libro paga del mondialismo ci fregano alla luce del sole, non hanno bisogno di agire nell’ombra, ed è comunque chiaro che le case farmaceutiche straniere lucrino su medicinali e vaccini. Non per niente io sono sinceramente convinto del fatto che una Lombardia indipendente debba sganciarsi anche dal carrozzone globale targato Onu – e dunque dalle multinazionali apolidi – perché solo così può sconfiggere davvero la globalizzazione, con ipotetiche future pandemie annesse.

Uno sguardo sull’islam

Abbiamo già parlato di come il lombardesimo concepisce la religione e la cultura islamiche, ma credo valga la pena riprendere brevemente in mano l’argomento. L’islam rappresenta un mondo a parte, rispetto all’Europa, e spesso e volentieri si è voluto vedere una sorta di scontro di civiltà fra il primo e il nostro continente, che peraltro comprende popolazioni indigene islamizzate. In realtà, secondo la visuale lombardista, il vero scontro di civiltà in atto è quello tra l’Occidente giudeo-americano e l’Europa genuina dei padri, ed è tipico del blocco mondialista raffigurare la religione di Maometto come nemico mortale degli europei. Infatti, stando al pensiero sizziano, che senso può avere la demonizzazione del musulmanesimo, alla luce dell’inquinamento ebraico e cristiano che subiamo da 2.000 anni?

Capiamoci, l’islam è un prodotto culturale esotico, incompatibile col vero spirito europeo; si parla di una religione di origine nettamente mediorientale che ha attecchito soprattutto presso i popoli del terzo/quarto mondo e che esprime una visuale antropologica e filosofica agli antipodi della civiltà indogermanica. Ma questo discorso vale anche per giudaismo e cristianesimo, ed è ridicolo condannare o criticare Maometto se si assolvono Mosè e Gesù. Pure il giudeo-cristianesimo è un corpo estraneo, in Europa, e se questa è piagata dalla globalizzazione è grazie eziandio all’influenza nefasta della Bibbia.

Il vero problema islamico, direi, riguarda i suoi credenti, notoriamente arabi, camiti, negri, asiatici, meticci, travasati a milioni nel nostro continente per accelerare la decadenza bianca, liquidare i nativi, disintegrare la civiltà nostrana col pluralismo globale. Vero, l’islam è portatore di valori, costumanze e a stili di vita decisamente estranei all’Europa, ma badate che è un prodotto culturale dello stesso calderone da cui provengono ebraismo e cristianesimo (per quanto il secondo si sia adattato assorbendo elementi indigeni di fattura pagana, per sedurre gli autoctoni). Ed è patetico criticare il maomettismo per la sua indole patriarcale, virile, guerriera, fanatica: non sono gli islamici ad essere “cattivi”, siamo noi ad essere dei rammolliti, castrati dal cristianesimo e dall’idolo del progresso, quindi dalla spazzatura occidentale.

Il fatto che il mondo musulmano si mostri recalcitrante di fronte alla secolarizzazione di taglio liberale e progressista è semplicemente una virtù che gli va riconosciuta; noi europei, almeno dal 1945 (ma si deve riandare al 1789, per cogliere le radici del male), siamo ammorbati da antifascismo, antirazzismo, egualitarismo, relativismo, modernismo, femminismo col risultato di ridurci alla stregua di eunuchi tenuti in pugno dal sistema-mondo a stelle e strisce. Certo, l’ateismo militante e il laicismo concorrono al declino degli europidi, ma sbarazzarsi del cattolicesimo non è nulla di aberrante, a patto che lo si faccia nel nome di ideali gentili. Il problema del secolarismo è la sua filiazione giacobino-massonica, il che lo rende un cancro da combattere.

Pertanto la posizione lombardista sull’islam è di critica e di condanna non per le stesse, risibili, motivazioni dei fallaciani, dei leghisti, dei destrorsi euro-atlantici, dei giudeo-cristiani e in definitiva dei libertari, bensì perché anche l’islam è frutto del monoteismo abramitico, dunque della temperie semitica, e concorre all’oscurantismo lunare che mina la solare società ariana. Un estraneo nel contesto europeo, che infatti sta bene dove è nato, assieme al giudaismo. E, rimanendo nel proprio areale d’elezione, l’islam può persino diventare un prezioso strumento nella lotta contro la globalizzazione americana e il sionismo, sebbene ci sia da dire che, quanto il cristianesimo, è un culto votato all’universalismo e, quindi, ad un mondialismo alternativo a quello corrente.

Contro la Nato, tomba della sovranità europea

Il lombardesimo condanna il patto atlantico, la Nato, essendo la tomba della sovranità di ogni vera nazione europea. La Nato è sinonimo di cattività continentale nei confronti degli Stati Uniti, il giogo che vincola l’Europa al carro americano, ingannando peraltro noi europei con il tema dell’alleanza fittizia: non esiste alcuna alleanza tra noi e gli Usa, perché si tratta della nostra completa sudditanza, in favore dei gendarmi del globo e del loro malato unipolarismo. I sostenitori nostrani della Nato vorrebbero farci credere che le cose non stiano in questi termini ma, di fatto, dal 1945, il continente europeo è terra di conquista e occupazione a stelle e strisce.

Gli Usa ci trascinano nei loro conflitti in una posizione del tutto subordinata, il che rafforza l’idea di Occidente a trazione americana: un mondo marcio fondato sugli pseudo-valori consumistici, capitalistici, liberali dove il feticcio di una fasulla libertà viene eretto a moloc che non può finire in discussione. Da teorica alleanza difensiva nei riguardi dell’ex Unione Sovietica, ecco che la Nato ha assunto la dittatoriale portata di una congrega di guerrafondai, naturalmente capeggiati dagli americani e votati alla distruzione dell’Europa tradizionale che ogni identitario ha in mente, e che include la Russia. Perché anche la Russia è Europa, almeno fino agli Urali.

Noi lombardisti siamo a favore del disegno euro-siberiano, ormai è risaputo, e quindi condanniamo senza se e senza ma la fantomatica alleanza atlantica, che è poi il totale servaggio europeo a favore dei padroni statunitensi. La finta civiltà che la Nato vuole preservare è quella rappresentata dal pensiero liberale e liberal, e cioè la liquidazione dei principi identitari e tradizionali su cui si fonda l’Europa, la vecchia fortezza Europa. Tutto viene sottomesso al volere del grande capitale, del mercato, della società dei consumi che è poi quanto si nasconde dietro, ad esempio, le mascherate arcobaleno dei gay pride.

Sangue, suolo e spirito vengono così spazzati via dall’impero del nulla d’oltreoceano che grazie alla Nato, e pure all’Unione Europea, impone la nefasta volontà di Washington a scapito della sovranità europea, naturalmente a casa nostra. Il patto atlantico ci incatena al baraccone statunitense e ci costringe a seguire le guerre degli americani contro altri popoli europei: basti pensare a quanto subì la Serbia, o la stessa Russia. Capiamoci: la critica e la condanna della Nato non significa fedeltà a Mosca, o ad ogni altra realtà multipolare schierata contro gli Usa, ma è logico che il lombardesimo preferisca guardare ad est piuttosto che ad ovest.

Ad est, dove sorge il sole, si staglia la patria delle genti indoeuropee, da cui proviene la nostra vera civiltà. In quelle tormentate steppe fra Ucraina e Russia batte il cuore dell’Urheimat ariana, e non dobbiamo mai dimenticarci delle reali radici d’Europa. Pertanto, né Nato (e quindi Usa e Ue) né Federazione Russa contemporanea, che con la guida di Putin preferisce l’Asia all’Europa, sorvolando sulla natura multietnica e multirazziale dello stato russo. Infatti, la nostra posizione anti-atlantica non è un voler cambiare padrone, bensì un rimettere l’Europa al centro di tutto, un’Europa che include la Russia e che vuole abbracciare l’Euro-Siberia, liberandosi dalla democrazia yankee. Ma, si capisce, ogni popolo deve avere la propria sacrosanta sovranità, perché solo così si può davvero sconfiggere ogni forma di mondialismo.

Mai con gli Stati Uniti

Il peggior nemico dell’Europa e della sua civiltà non è la Russia (che è Europa, ricordiamolo), non è la Cina, non è l’islam e nemmeno il comunismo (quello vecchio stampo, beninteso), per quanto possano rendersi esecrabili, bensì l’Occidente, massimamente incarnato dagli Stati Uniti d’America. Per Occidente si indica la decadenza contemporanea fatta di liberalismo e di progressismo, di capitalismo e di consumismo, di relativismo e di antifascismo, con tutto il suo strascico di imbarazzanti teorie liberal finalizzate alla distruzione di identità e tradizione. Oggi tale concetto di Occidente ingloba pure l’Europa modernista che, d’altra parte, è la sciagurata patria di Illuminismo e Rivoluzione francese.

L’America è la padrona dell’Europa ridotta ad Unione Europea, inquadrata anche nella Nato per aggravarne ulteriormente la cattività imperialista. Il continente è di tutti, di conseguenza, fuorché degli europei, e sono proprio gli europei rinnegati, gli americani, a tenere per il guinzaglio l’antica culla della civiltà, oggi ridotta a succursale dell’unipolarismo d’oltreoceano. Noi lombardisti crediamo fortemente nell’accezione tradizionale di Europa e ci addolora constatare come il nostro mondo, un tempo glorioso, sia un cumulo di macerie su cui banchettano i nemici di etnia, nazione e razza, per di più in nome di falsi ideali frutto del grande capitale apolide.

L’abbraccio mortale degli Usa ci ha resi imbelli, succubi, inerti, deboli e asserviti e tutto quello che non sta bene agli Stati Uniti non deve andare bene nemmeno nelle nostre terre. Abbiamo perso l’indipendenza, la sovranità e l’autorità, grazie anche a quella farsa dell’Ue che è caricatura del nostro continente; nemmeno si può parlare di alleanza, con gli americani, nonostante il patto atlantico sia definito tale, proprio perché a tutta evidenza riguarda la cattività europea a vantaggio solamente dei gendarmi del globo. Una fine davvero squallida per l’ex fortezza Europa, un fallimento di tutti noi e soprattutto di chi ci governa, indegnamente.

Per questo il lombardesimo non starà mai dalla parte degli americani, e di questa finta realtà “europea”, anche perché teorizza il progetto euro-siberiano, di una grande famiglia confederale, come già sapete, che dalla Galizia iberica vada a Vladivostok accomunando tutti i popoli e le (vere) nazioni europidi. Sarebbe il degno antidoto ai veleni dell’imperialismo atlanto-americano perché rappresenterebbe l’Europa genuina contro ogni altro dominio che miri alla sudditanza, alla dipendenza e all’impotenza delle nostre genti. Dobbiamo infatti guardare alla culla della civiltà indoeuropea, le steppe eurasiatiche, e rimettere al centro di tutto le nostre radici e i nostri destini, grazie ad una solida visione razzialista.

Con i vincitori dell’ultimo conflitto mondiale, sedicenti “liberatori”, non ci può essere più intesa, pure perché l’America è il trionfo del meticciato, dell’immigrazione, della società multirazziale, del servaggio verso gli intoccabili, ed è il sottoprodotto di quei corpi tossici espulsi dall’Europa secoli fa, sterminatori di nativi amerindi per conto dell’incubo protestante, apripista di ogni disvalore nordico. Meglio sarebbe stato se avessero vinto i Confederati, è chiaro, meglio ancora se nessuno avesse “scoperto” il nuovo mondo, ma oggi dobbiamo fare i conti con un moloc il cui impero del nulla fagocita uomini, donne, nazioni maciullandoli nel tritacarne cosmopolita. Mai con gli Stati Uniti, dunque, per quanto il cameratismo razziale europide di base non sia malvagio, ma il futuro, e la soluzione ad ogni nostro problema, si chiamano Euro-Siberia.

Questione ebraica e lombardesimo

“Questione ebraica” è il termine, affermatosi nella storia, relativamente alle vicende degli ebrei in Europa e nel mondo, comprendente tutte le peripezie giudaiche e l’atteggiamento tenuto dai gentili nei confronti del popolo d’Israele. Abbraccia anche i pregiudizi, l’odio, l’intolleranza che hanno visto gli ebrei come bersaglio, e dunque il cosiddetto antisemitismo (vocabolo piuttosto ambiguo, considerando che gli ebrei contemporanei sono i meno semiti fra i semiti). Qui si vuole esprimere il punto di vista lombardista sulla faccenda, cercando di non indugiare in stereotipi e razzismo ma, anzi, di proporre soluzioni concrete al posto ebraico nel pianeta. Certo, saremmo ipocriti se dicessimo che andiamo pazzi per le genti ebraiche; tuttavia, vale la pena impostare un discorso serio e razionale.

Gli ebrei moderni non sono un popolo omogeneo, tutt’altro; molto probabilmente non possono nemmeno essere considerati un popolo unitario. Pur condividendo le radici semitiche, che affondano nel Levante, le popolazioni israelitiche contemporanee riguardano i gruppi europei (aschenaziti e sefarditi su tutti) e quelli nativi del Medio Oriente (i mizrahì), più altri minori come ad esempio gli ebrei di Bukhara, in Asia centrale. Ci sono pure popolazioni non ebraiche convertitesi all’ebraismo, ed è il caso dei falascia etiopi o, storicamente, dei Cazari steppici. A parte quest’ultimi, c’è comunque da dire che ha ancora senso parlare di ebrei, in chiave religiosa, e di giudei, in chiave etnica, perché seppur divisi in aggruppamenti diversificati essi condividono le origini mediorientali e la matrice semitica, per quanto diluita, nel caso europeo.

Il collante è religioso e culturale, ad esempio linguistico, anche se etnicamente vi sono, ed è chiaro, delle sfumature. Per tale ragione un aschenazita è differente da un sefardita, che a sua volta è differente da un ebreo nativo del Levante, nonostante vi sia comunanza religiosa, culturale e linguistica, pensando soprattutto a quanti risiedono nello Stato di Israele, o a quanti parlano lingue giudaiche. L’ebraico moderno è la lingua ufficiale dell’entità sionista, ed è un idioma che assieme a quello biblico ha influenzato altre lingue e dialetti riconducibili al mondo giudaico. Pertanto, culturalmente, gli ebrei esistono, ancorché la diaspora abbia certamente indebolito il concetto di etnia ebraica omogenea.

Anche l’ebraismo, inteso come religione, è fondamentalmente figlio dell’ebraismo medievale, e in questo senso una cultura ebraica, per quanto multiforme, esiste ed è attuale, e va ad intersecarsi con il sionismo e lo Stato ebraico, cioè Israele. Da un punto di vista etnico invece, di sangue, un popolo giudaico omogeneo non sussiste, ma naturalmente, come accennato poco sopra, esiste una matrice ebraica che accomuna tutti gli ebrei moderni, ed è più corretto parlare, a tale proposito, di giudaismo. Essere ebrei/giudei è un fatto anzitutto di sangue e, perlomeno i gruppi principali, condividono i padri, le origini e le radici bibliche, perciò l’antichità del Vicino Oriente. Ne consegue che pur non potendo discutere di un giudaismo omogeneo e compatto, è possibile affermare l’esistenza di un’etnia e di una nazione israelitiche, che trovano nei comuni antenati degli ebrei quell’unità biologica che conduce un ebreo di sangue a potersi definire membro di una schiatta, diciamo pure, biblica.

Come lombardisti non possiamo considerare parte dell’Europa gli ebrei, pur avendo, è il caso di aschenaziti, sefarditi o ad esempio degli italkim (ebrei italiani), in un certo qual modo, origini europee; il giudaismo è un fatto etnoculturale ascrivibile al Levante e crediamo fermamente che la naturale collocazione ebraica sia in Palestina e dintorni. Solo, non siamo favorevoli al sionismo qualora si tramuti in entità statuale israeliana, perché la Palestina appartiene al mondo nazionale siriano. La questione ebraica può essere tranquillamente appianata favorendo l’emigrazione degli ebrei d’Europa in Medio Oriente, oppure negli Stati Uniti d’America, loro terra d’elezione, ancor prima di Israele. Da etnonazionalisti riconosciamo infatti che il popolo, o i popoli, d’Israele siano intimamente collegati al ceppo semitico, per quanto, parzialmente, rimescolati con altre genti.

Israele-Palestina: uno sguardo lombardista

Se non fosse che le vicende israelo-palestinesi abbiano ovvie ricadute anche sul mondo europeo, potremmo ampiamente disdegnare le semitiche beghe tra giudei e arabi di Palestina. Purtroppo non è così, in un mondo vieppiù globalizzato ed interconnesso, e per tale ragione il lombardesimo deve occuparsene, esprimendo il proprio punto di vista. Le vicissitudini mediorientali in questione si trascinano ormai da più di mezzo secolo, senza accennare ad una soluzione tra le parti; gli arabi vogliono che Israele scompaia, e gli ebrei che spariscano i palestinesi, lasciando spazio al Grande Israele auspicato dai guerrafondai stellati. Nel mezzo un’Europa, ridotta ad Unione Europea, succube degli intoccabili e della loro propaganda, e così gli Stati Uniti, che sono i principali fiancheggiatori e finanziatori dell’entità sionista.

Gli altri grandi potentati del globo, come Russia e Cina, strizzano l’occhio alla Palestina in chiave anti-occidentale, ma è questo soprattutto il caso dell’Iran, strenuo difensore delle genti arabe e islamiche oppresse dall’imperialismo sionista, nonché patrono della causa sciita di Hezbollah. L’Europa, ricattata dai giudei, è completamente incapace di avere un punto di vista critico circa i fatti di Palestina, e finisce per accodarsi al padrone statunitense. E c’è da dire che il giochino funziona grazie alla strumentalizzazione israeliana di fatti di ormai 80 anni fa.

E proprio gli ebrei sono coloro che dovrebbero fare i conti con la propria storia, mettendosi in discussione, poiché dimostrano di non avere imparato nulla dalle loro peripezie. Oggi schiacciano gli arabi di Palestina sotto il peso della macchina militare israeliana, mettendo a ferro e fuoco Gaza, tormentando la Cisgiordania e Gerusalemme Est con le colonie ebraiche, provocando altri stati arabi con una condotta militarista che si interseca con il terrorismo. Troppo facile vedere il terrore nelle organizzazioni paramilitari dei loro cugini semitici, perché sarebbe ora di comprendere come sia proprio Sion ad esercitare terrorismo nei confronti di un popolo inerme.

Noi lombardisti siamo solidali nei confronti dei palestinesi, ma non in virtù di un terzomondismo pezzente che simpatizza per i diseredati. Infatti, osteggiamo il sionismo laddove si faccia occupazione statuale e militare di territori tradizionalmente arabi, ma per il resto non siamo affatto contrari alla presenza israelitica nel Medio Oriente: gli ebrei, signori, non sono europei, vengono dalla Palestina e dintorni. Pertanto preferiamo che le genti ebraiche si trasferiscano laggiù (o negli Usa), essendo pesci fuor d’acqua nel contesto europeo. Non siamo dunque contigui alle posizioni antifasciste. I sinistrorsi sono pro Palestina per le solite questioni, mentre noi supportiamo la causa palestinese perché contraria allo strapotere ebraico.

Ma, chiariamo un punto fondamentale: non vogliamo uno stato palestinese, accanto ad uno stato israeliano, perché non crediamo nella favoletta dei due stati per due popoli; vogliamo una Grande Siria alauita e sciita, fraternamente sostenuta dall’Iran, che inglobi, oltre alla Siria, le restanti aree etnicamente e storicamente siriane come Libano, Iraq, Giordania e Palestina. Uno stato palestinese sarebbe ridicolo perché non esiste una nazione palestinese: esiste una nazione grande-siriana, di cui la Palestina è giusto una regione. Israele cesserebbe, chiaramente, di esistere poiché usurpatore di territori siriani, ma gli ebrei possono tranquillamente starsene in “Terra santa”, anzi, andrebbero incentivati a lasciare l’Europa per riabbracciare la culla dei loro padri.

Grande Siria, l’unica soluzione

La diuturna questione israelo-palestinese, da mesi nuovamente deflagrata in tutta la sua distruttiva potenza, tiene ovviamente banco nell’attualità e nelle notizie dal mondo, anche per via dell’inguaribile sudditanza occidentale nei confronti dello Stato ebraico. Israele, o meglio, l’entità sionista, sta schiacciando sotto i cingoli del proprio esercito l’inerme popolo arabo-palestinese di Gaza, in uno scontro impari tra una scheggia impazzita d’Occidente, conficcata nel cuore del Levante, e una popolazione del terzo mondo, completamente in balia dell’occupante giudaico. La flebile scusa del terrorismo, accampata da Tel Aviv, non regge, poiché non esiste paragone tra le forze dispiegate in campo dagli israeliani e la resistenza palestinese. Oltretutto, è opinabile parlare di terrorismo: che forse gli ebrei di Palestina non rappresentino una forza militarista che esercita terrorismo, colpendo indiscriminatamente i palestinesi? Credo che l’Europa debba rivedere i propri criteri, relativamente al terrorismo e al patriottismo, essendo il primo incarnato da Gerusalemme, mentre il secondo da una Palestina condannata al brutale pugno di ferro di chi viene incessantemente foraggiato dal mondo capitalistico.

E che dire dei giudei? Un popolo che non ha imparato nulla dalla propria storia, con cui dovrebbe più spesso fare i conti, che esercita sproporzionata violenza su torme di diseredati, dimentico di tutte le sue peripezie millenarie. E che, nonostante questo, si permette di fare del moralismo spicciolo nei confronti di noi europei, ricattati con vicende di 80 anni fa, divenute il pretesto di tutti gli scempi a cui assistiamo da mesi, anzi, decenni. Personalmente non credo nella soluzione dei due stati per due popoli: Israele è e sarà sempre fuori luogo, una presenza ingombrante ed insostenibile che, giustamente, i palestinesi rifiutano; d’altro canto, non condivido l’idea dello Stato palestinese, poiché la Palestina è semplicemente una provincia siriana, al pari di Libano, Giordania, Iraq. Non sono contrario allo stanziamento ebraico nel Medio Oriente, anche perché è da lì che gli israeliti provengono. Sono contrario all’esistenza dell’entità sionista, dato che il territorio israeliano, che è sempre Palestina, appartiene a Damasco. Perciò, gli ebrei non sono affatto pesci fuor d’acqua laggiù, a differenza degli scenari europei. Certo, si tratterebbe di saper convivere, ma i giudei sono un’isola nel mare arabo, e dovrebbero accettare la potestà della Grande Siria alauita.