Lombardesimo e ateismo

Come sapete, l’ideologia lombardista teorizza il cosiddetto etno-razionalismo, e cioè un salutare razionalismo unito all’etnonazionalismo. Promuove, dunque, una visione del mondo razionale, scientifica, realista, che vada al di là della metafisica e non si impantani con le religioni, soprattutto abramitiche. L’etno-razionalismo è a suo modo ateo, ma prende le distanze dall’accezione corrente di ateismo che è frutto di una secolarizzazione e di un laicismo di matrice giacobino-massonica e progressista. Il lombardesimo elabora una filosofia laica e francamente atea, essendo profondamente innamorato della natura e della scienza, ma allo stesso tempo difende lo spirito, ovviamente inteso non come qualcosa di trascendentale bensì come basilare elemento umanistico che dà linfa vitale al sangue e al suolo.

Le posizioni di Paolo Sizzi e Adalbert Roncari, i due camerati storici lombardisti, sono attestate sulla linea di un ateismo-agnosticismo che rifiuti e condanni il monoteismo mediorientale, prodotto estraneo alle vere radici – gentili – d’Europa, e che sviluppi un robusto buonsenso identitario e tradizionalista rispettoso della ragione. Essa deve essere il faro dell’uomo, in particolar modo bianco, e ogni zavorra oscurantista e superstiziosa va senz’altro rigettata. Sizzi e Roncari, pur essendo decisamente razionalisti, riconoscono comunque la legittimità di un filone cultuale pagano, espressione della spiritualità europea, e ne promuovono la riscoperta come mezzo culturale utile alla causa del lombardesimo.

Pertanto vi sono due forme di ateismo: una classica, frutto dell’Illuminismo, che si batte non solo per l’empietà ma soprattutto per la difesa di una squallida visione delle cose di taglio liberal (o libertaria), con tutte le ricadute negative del caso (omofilia, femminismo, materialismo zoologico, anarco-individualismo, antifascismo, egualitarismo, cosmopolitismo), e una per così dire innovativa, legata all’etno-razionalismo. Quest’ultima, certo rispettosa della scienza ma non degli eccessi scientisti (perciò del dispotismo dell’attuale comunità scientifica), evita lo strascico di spazzatura progressista perché mette bene in chiaro che la negazione dell’esistenza di divinità non deve assolutamente mischiarsi al ciarpame “giacobino”. Un ateismo, dunque, identitario e votato alla salvaguardia di ciò che esiste per davvero: sangue, suolo, spirito.

Potremmo anche dire, tranquillamente, che la visione lombardista è essenzialmente materialista, ma anche in questo caso non di un materialismo animalesco, proiettato verso consumismo ed edonismo, poiché si tratterebbe del riconoscimento di un mondo materiale reale, concreto, presente ai nostri sensi e alla nostra esperienza umana, scevro di afflati spirituali ma anche di affabulazioni illuministiche. Non crediamo in Dio, nell’anima, nell’aldilà, nella metafisica e nel mondo astratto delle idee ma non per questo assecondiamo i bassi appetiti anarcoidi della moderna mentalità occidentale. Del resto, non sta scritto da nessuna parte che per essere seri tradizionalisti serva essere credenti.

Non abbiamo, infatti, alcun bisogno di deità, chiese e religioni per sposare una visione del mondo identitaria e tradizionalista, virile e patriarcale, conservatrice nel giusto ed eroica, anzi, una metafisica soprattutto universalistica rischierebbe soltanto di banalizzare la vocazione patriottica dell’etno-razionalismo, che riconosce la nazione sopra ad ogni cosa. Siamo dell’idea che la religione sia soltanto un ingombro inutile, sottoprodotto dell’ignoranza, della miseria, della superstizione e oggi legata ad una morale untuosa che nel caso della Chiesa vira pericolosamente verso mondialismo, terzomondismo e universalismo apolide. Nondimeno distinguiamo, dai credi semitici, la gentilità che per via del suo intimo legame con l’Europa rappresenta una forma di culto per davvero tradizionale.

L’ateismo lombardista, per quanto non sia militante e fondamentale (la religione, dopotutto, è un fatto secondario, nella nostra ottica), assume perciò le caratteristiche scientifiche di un razionalismo leale con l’etica solare dei nostri padri indoeuropei, e desideroso di risolvere gli equivoci ingenerati dall’ateismo classico, appunto, che è sottoprodotto della temperie illuministica e giacobina. Una miscredenza che, oltretutto, finisce per combaciare coi deliri della coerenza evangelica. Teniamo in non cale i philosophes, disprezziamo la Rivoluzione francese e le sue conseguenze esiziali, e pur non ergendoci a difensori di trono e altare riconosciamo la bontà e la legittimità delle posizioni tradizionaliste, ancorché slegate da una fede religiosa.

Va da sé che il cattolicesimo e il cristianesimo in genere, come ebraismo e islam, siano qualcosa di estraneo al nostro continente, alieno dallo spirito pagano e ariano, ed è naturale dunque sviluppare una visuale razionalista incentrata su ciò che esiste, si manifesta e viene esperito ogni giorno della nostra vita e della vita dei nostri popoli. La religione è vecchiume superfluo, anacronismo che ci inchioda ad una mentalità servile, fanatica, levantina (si parla, naturalmente, di credo mediorientale) e ad un pensiero debole volto alla castrazione dello spirito eroico degli europei.

Non è certo un caso che la religiosità oggi prosperi presso le genti del terzo mondo, le vecchie, gli “ultimi”, e non lo si dica in termini di disprezzo classista – ci mancherebbe! – ma di condanna verso una spiritualità che esalta tutto ciò che sa di sconfitta, di fallimento, di anormalità e di diversità, ed è soprattutto il caso del cristianesimo. Le ovvie conseguenze di una simile morale sono la criminalizzazione del razzialismo, del nazionalismo, dell’etnicismo, il che rende il Vaticano conforme alle perverse logiche della modernità e del mondialismo. Fra l’altro, giusto per sopravvivere e non affondare nell’oceano dell’indifferenza dell’Occidente contemporaneo.

Non vorremmo sorgessero degli equivoci, comunque. Noi condanniamo la religione cristiana perché estranea all’Europa, semitica, anacronistica, debole, effeminata, serva, oscurantista – per quanto oggi schiava della contemporaneità, appunto per galleggiare – e non perché disprezzata da una gioventù massificata che non crede più in nulla. Noi ripudiamo l’ateismo e l’agnosticismo come elaborazioni della mentalità consumistica attaccata al denaro e al benessere, succube dei miti del successo, del progresso e dell’edonismo, e non vorremmo mai che il vuoto lasciato dal cattolicesimo venga colmato dal liquame della decadenza occidentale. Anche per questo sosteniamo a spada tratta l’etno-razionalismo, in qualità di laica forma di identitarismo scientifico e naturale chiamato a sconfiggere le tenebre del satanismo mondialista.

Insomma, non ci serve un dio, una religione, una metafisica per dirci identitari e tradizionalisti, ed essere critici nei confronti della spiritualità, segnatamente semitica, non significa abbracciare la spazzatura di una secolarizzazione figlia del 1789, e quindi  malata di egualitarismo. Certo, non vogliamo sottostare ad un assolutismo che ci veda schiavi di inesistenti dei, in balia del fantomatico peccato e bisognosi di riscatto e redenzione, perché inferiori esseri finiti, e non vogliamo mortificarci con un dogmatismo elaborato da intriganti per beffare e sottomettere gli ignoranti, sacrificando la nostra esistenza all’assurdità di una inesistente vita oltremondana. A questo proposito, il nostro tradizionalismo è differente: rispettoso dell’ethos indogermanico, a difesa di patriarcato, eterosessualità, monogamia, nemico di qualsiasi forma di perversione anti-identitaria ma al contempo proiettato in un futuro in cui scienza ed etnonazionalismo collaborino, sbarazzandosi finalmente di ogni fardello irrazionale ed incompatibile col vero spirito europeo.

Le ragioni di una battaglia

Tra 2019 e oggi ho cercato di conciliare la tradizione cattolica con l’ideologia lombardista, approdando all’idea di una Chiesa nazionale ambrosiana: un cattolicesimo lombardo, cioè, de-semitizzato, lontano da Roma e sublimato dal retaggio indoeuropeo della gentilità autoctona. Ho scritto diversi articoli, in merito a tale posizione, e non ho nulla da rinnegare, nulla di cui vergognarmi, tanto che tali pezzi resteranno sul blog, a mo’ di percorso graduale verso la verità indiscutibile. Anzi, quanto vergato può offrire ancora spunti valevoli di riflessione, a chi, come me, si interroga su patria e spiritualità. Tuttavia, è giunto il momento di consegnare questi scritti alla storia, guardando al futuro, e non più al passato. O, meglio, guardando sì ad un ben preciso passato ma proiettandosi in un futuro che sia schiettamente e genuinamente identitario.

Ho infatti deciso di riabbracciare le posizioni spirituali del prisco lombardesimo, quello nato dal pensiero del sottoscritto nel 2009, completando il quadro del ritorno integrale alle origini. Ebbene, dichiaro ufficialmente che visione del mondo lombardista e cristianesimo, anche cattolico e ambrosiano, non sono compatibili, in virtù di un necessario ed impellente recupero della coerenza primigenia. I valori cristiani, l’universalismo, le radici semitiche, la Bibbia e il Vangelo, la filosofia di vita cattolica, nonché la Chiesa stessa, non possono in alcun modo conciliarsi col lombardesimo, essendo quest’ultimo etnonazionalista, razzialista, comunitarista, europeista in senso völkisch e votato all’esaltazione razionalista di sangue e suolo.

Razionalismo, esatto. Un razionalismo, diciamo pure ateo, che si coniuga con l’etnicismo dando vita all’etno-razionalismo, pilastro dell’ideologia lombardista. Perché la ragione, signori, deve essere il nostro faro, senza naturalmente esondare nello scientismo, nell’Illuminismo, nel giacobinismo e in quell’ateismo o laicismo progressisti che incensano, sulla falsariga del cristianesimo, il cosmopolitismo relativista, certo intriso di irreligiosità apolide ma francamente giudaizzante. Personalmente non mi ritengo credente, pur essendo di formazione cattolica e avendo alle spalle una famiglia religiosissima, ma non sposo in alcun modo il “pensiero” acido del satanismo o dell’empietà figlia del 1789. Mi dico ateo, non ateista, sebbene ritenga che la religione sia un retaggio del passato che si può tranquillamente abbandonare.

Nelle riflessioni di questi circa 5 anni, avevo ritenuto che la soluzione ideale al problema spirituale e religioso, relativo alla Lombardia, fosse l’edificazione di una Chiesa nazionale ambrosiana, depurata dal semitismo ed esaltata dalle radici gentili e ariane; una sorta di soluzione di comodo per conciliare le due anime dell’identitarismo nostrano ed europeo, in una con il ritorno all’indipendentismo e all’etnonazionalismo radicale. Ma, ora, credo che tale trovata sia di difficile applicazione, oltreché poco seria: non ha alcun senso preservare il cristianesimo cattolico se si sente la necessità di nobilitarlo con la gentilità. Tanto vale recuperare la seconda in toto, se vogliamo sul serio intavolare un discorso spirituale e religioso maturo e logico.

E, infatti, giungo alla conclusione che l’unica forma di religiosità accettabile, nel contesto lombardo e lombardista, sia il paganesimo, chiaramente ripulito dal lato pagliaccesco del neopaganesimo, dalle tentazioni anti-tradizionali (vale a dire di ripudio di valori sacri trasversali quali patriarcato, eterosessualità, monogamia, virilità, conservatorismo nel giusto) e da quelle sfumature “sataniche” che propongono un anticristianesimo demenziale che va a braccetto con ideologie antifasciste, libertarie, radicali. Il lombardesimo deve essere anticristiano, diciamolo tranquillamente e serenamente, ma solo ed esclusivamente nel seguente verso: rifiuto dell’universalismo, rifiuto dei principi evangelici, rifiuto delle indubbie radici mediorientali della religione di Cristo, rifiuto del clero (peraltro compromesso da omosessualità e, quindi, pedofilia).

Inutile prenderci in giro, signori: il nazionalismo etnico, il razzialismo, l’etnicismo biologico non sono compatibili con il credo cristiano coerente, a meno che si voglia davvero fare salti mortali rasentando il ridicolo, e il suicidio. Accettiamolo con molta calma, e smettiamola di inventarci Cristi e Madonne ariani, solari, europei. Innegabile che il cristianesimo, segnatamente cattolico, abbia abitato (o parassitato) strutture e modelli di origine gentile, greco-romana od orientale (indo-persiana), ma l’essenza della religione fondata dall’ebreo Gesù di Nazareth prende le mosse dalla Palestina, ha ereditato appieno il retaggio giudaico e mira ad un dio straniero – dal punto di vista europeo – che è lo stesso dell’ebraico e dell’islamico.

Uno può inventarsi tutto ciò che vuole, e può infilare il cattolicesimo nel letto di Procuste del neopaganesimo, ma se siamo disposti a tollerare la fede in Cristo soltanto per degli echi paganeggianti, rigettando (come feci io) il lignaggio mosaico e biblico, alla lunga avremmo a che fare con un’impresa patetica, tragicomica, assurda. Come dicevo, si fa prima a riconciliarsi con la gentilità, sebbene questa, oggi, sia pressoché inesistente e priva di tradizione e cammino iniziatico, ancorché esistano dei gruppi e dei movimenti che, rifacendosi ai culti tradizionali, tentano di rivitalizzare la fede negli antichi dei. Opera che, sinceramente, non mi interessa.

Epperò, ribadisco: l’unica forma di religiosità tollerabile deve essere la gentile, chiaramente contestualizzata nell’ambito lombardo. Un recupero, dunque, dei culti indoeuropei di Liguri, Celti, Veneti, Galli, Gallo-Romani, Longobardi, che siano assolutamente fedeli e leali con il lombardesimo e la nazione lombarda, e quindi con lo Stato granlombardo, e che non finiscano per impelagarsi con il ciarpame new age che puzza di femminismo, sessualità ambigua, degenerazione modernista varia. Capisaldi comunitari quali la società patriarcale, i legami eterosessuali e monogami, il tradizionalismo famigliare non si toccano nella maniera più totale. E va da sé, oltretutto, che tale gentilità non debba in alcun modo divenire teocratica e ostacolare l’etnonazionalismo panlombardo.

In una Lombardia ideale, libera, unita e sovrana, può esserci spazio soltanto per una religione, o un credo, che combatta la dissoluzione universalista, egualitaria, umanitaria, fatta propria appieno dal cristianesimo, che ha in odio i vincoli di sangue e i legami schiettamente identitari. L’unico culto tollerabile è un prodotto culturale e spirituale indogermanico ed europeo, etnicista e razzialista, creato dagli europei per gli europei, dai lombardi per i lombardi. Non si tratta, ovviamente, di perseguitare i cristiani o di scristianizzare in maniera blasfema il territorio, anche perché sarebbe ridicolo negare l’importanza dell’eredità cattolica, giunta sino a noi grazie ai nostri avi. Ma i nostri avi, prima di essere cristiani, erano gentili, non va dimenticato.

Do per scontato che la condanna del cristianesimo (cattolico, ortodosso, protestante e settario) sia percepita come parallela a quella di tutte le religioni vieppiù esotiche, prime fra tutte ebraismo e islam. Il lombardesimo primigenio esprimeva critica e condanna nei confronti del monoteismo abramitico e dei suoi valori ma non tanto per lusingare il paganesimo, quanto per una sete di coerenza e di radicalità che ponesse la Lombardia sopra ad ogni cosa, in nome dell’etno-razionalismo. Finalmente, il lombardesimo riabbraccia gli albori, puntando tutto su di un salutare integralismo etnico e razziale, prendendo le distanze dal cristianesimo e da ogni altro frutto culturale di matrice esotica. Il lombardesimo si attesta su posizioni atee e agnostiche, ma in un senso ben preciso e diversissimo, agli antipodi rispetto al punto di vista relativista: archiviamo la religione ritenendo accettabile soltanto quella davvero tradizionale, indigena, ma smarcandoci del tutto dalla spazzatura dei philosophes, cioè di coloro che avversavano il cristianesimo erigendo al suo posto un demoniaco feticcio egualmente universalista.