La posizione ufficiale del lombardesimo in materia di religione e spiritualità ormai la conosciamo, ed è l’etno-razionalismo; l’unione, cioè, di etnonazionalismo e razionalismo che rimette al centro di tutto sangue, suolo, spirito, in nome del bene più importante che abbiamo, la patria. Il lombardesimo crede fortemente nel valore della ragione, che è il faro dell’essere umano, segnatamente bianco, e lo coniuga con il nazionalismo etnico, ideologia guida lombardista, in un’Europa sempre più in balia di relativismo e progressismo. Pur condannando i concetti moderni di ateismo, laicità e secolarizzazione, il lombardista coerente ripudia la metafisica, specialmente se si tramuta in universalismo abramitico.
Ebbene tale nuova, rivoluzionaria, religione va sotto il nome di Chiesa nazionale ambrosiana. Nulla di cristiano o cattolico, nonostante il nome, bensì una trasmutazione gentile del cattolicesimo latino insubrico. In altre parole, un culto pagano che sublimi ed emendi dalla patina giudeo-cristiana gli elementi tollerabili della religione ambrosiana, eliminando ogni riferimento al mondo ebraico e scristianizzando la dottrina, lasciando così spazio all’eredità solare della tradizione religiosa milanese. Come sapete il rito ambrosiano, che è una variante del cattolicesimo latino, viene adottato storicamente in quella che è l’arcidiocesi di Milano, ma un tempo riguardava un territorio assai più esteso coincidente almeno con l’intera Padania geografica (il bacino del Po).
Le origini stesse del cattolicesimo ambrosiano vanno ricercate nei riti cristiani occidentali, latini, di matrice gallica (rito celtico e rito gallicano), che hanno non a caso assorbito elementi della spiritualità indigena celtica. Anzi, parrebbe che proprio dal culto ambrosiano derivino le liturgie altomedievali cosiddette gallicane, segno della preminenza del rito nostrano. Certo, stiamo parlando di Sant’Ambrogio, di Chiesa, di cristianesimo ma questa discussione non può assolutamente prescindere dalle radici, anche spirituali, galliche del territorio granlombardo. La spiritualità cristiana occidentale, cattolica, è certamente debitrice dell’esperienza religiosa cisalpina, anche se non tutti gli studiosi concordano sulle origini della liturgia ambrosiana.
Tutto questo non è in contraddizione con l’etno-razionalismo, che resta la posizione ufficiale del lombardesimo. Paolo Sizzi è ateo ma capisce bene che il vuoto lasciato dal cattolicesimo, in terra lombarda, non possa essere colmato dalla spazzatura laicista di conio giacobino-massonico, progressista, ed è perciò necessario offrire una nuova via religiosa a quanti avvertono il bisogno di realizzarsi anche spiritualmente. Non più cristianesimo, cattolicesimo romano, ma gentilità , fondata sui veri culti tradizionali delle nostre terre. Il termine ‘Chiesa’ impiegato per definire la fede patriottica granlombarda non deve confonderci: non si allude più a Roma, ma ad una Chiesa come assemblea fraterna, etimologicamente parlando, che vada a designare il consesso dei credenti ambrosiani, cementato dal sangue lombardo. Il legame tra sacro ed etnia deve essere totale.
I culti tradizionali che contribuirebbero alla formazione del nuovo, rivoluzionario, credo sarebbero quelli preromani, soprattutto celtici, ma anche la religione gallo-romana che come la famiglia linguistica galloromanza è il frutto culturale dell’unione di mondo latino e mondo autoctono celtico. Infine va considerato anche l’apporto di superstrato germanico, nello specifico longobardo, per quanto il paganesimo (o etenismo, diremmo oggi) nordico sia stato presto abbandonato dai Longobardi calati nella valle del Po, in favore del cristianesimo, prima ariano poi cattolico. Anzi, una volta nella Cisalpina il culto dei padri era già quasi del tutto sopito, a livello ufficiale, sopravvivendo nelle credenze del popolo, più che della classe aristocratica.
Calendario liturgico, festività , uso del greco e del latino, gerarchia ecclesiastica, culto dei santi e delle madonne (che sovente sono figure pagane), trasvalutazione europide di fatti culturali semitici, credo trinitario, dualismo tra bene e male, la solarità del Cristo, figure angeliche e demoniche, la simbologia della croce sono tutte caratteristiche di origine pagana cristianizzate da Roma (e la stessa centralità dell’Urbe è una ripresa della religio antica). Perciò questi elementi potrebbero in qualche modo venir preservati, immettendoli direttamente nella fede della Chiesa nazionale ambrosiana, a sua volta trasvalutata dall’ethos ariano. Per ‘ariano’ intendo indoeuropeo, ma c’è da dire che anche l’arianesimo longobardo era interessante, in quanto forma di culto patriottico e nazionalista, contrapposto alle mene ecumeniche papaline.
I tratti solari del cattolicesimo sono d’altra parte il frutto del retaggio indoeuropeo, i preti non si sono inventati nulla: la divinità uranica del Diespiter celeste (il Dio Padre della luce diurna), la vita oltremondana dei morti in sedi celesti, l’aspirazione al cielo delle anime liberate dal corpo grazie all’incinerazione (ove il fuoco assume un valore sacrale non solo di purificazione ma anche di culto degli antenati), il valore della luce contro le tenebre, la società patriarcale, la monogamia, i legami eterosessuali depongono a favore di una religione cattolica profondamente debitrice della gentilità . Ma il cattolicesimo ha distorto e pervertito il paganesimo, storpiandolo con tutto il ciarpame desertico di Bibbia e Vangelo, e con una morale plebea e volgare che inevitabilmente si tramuta in egualitarismo, umanitarismo, terzomondismo, andando a braccetto con il regime dello status quo.
La Chiesa nazionale ambrosiana, che allo stato attuale delle cose è una mera idea, sarebbe il trionfo della vera identità e della vera tradizione, e il trionfo di Milano, della vera Milano, sulla Roma corrotta figlia del marasma imperiale. La capitale granlombarda era già stata sede del santuario di mezzo (da cui il toponimo) celtico, luogo sacro federale dei Galli cisalpini, ed è legittimo che ambisca ad un rinnovato ruolo anche in chiave spirituale. Milano è la patria del Tredesin de marz, l’equinozio di primavera meneghino, ricorrenza cristianizzata ma dalle ovvie radici pagane; sarebbe interessante, infatti, che il simbolo dell’ambrosianesimo fosse la pietra forata dei tredici raggi, detta di San Barnaba, un’antica mola di epoca gallica reimpiegata in senso cristiano. O in alternativa il noto Sole delle Alpi, un emblema radioso che dai Celto-Liguri passò ai Gallo-Romani e ai Longobardi.
Il rapporto del lombardesimo nei confronti del cristianesimo non può che essere di critica e di condanna, alla luce dell’estraneità identitaria cristiana al cospetto della civiltà europea. Potrebbe sembrare azzardato, ma le radici dell’Europa non sono affatto cristiane, e nonostante circa 2.000 anni di radicamento clericale nel continente, il monoteismo abramitico, cui il cristianesimo appartiene, resta decisamente un corpo estraneo. Innegabile che l’identità lombarda ed europea risenta dell’influenza della Chiesa, ma a ben vedere quando si parla di culti per davvero tradizionali non si può certo alludere alle religioni monoteistiche frutto del Levante. Ne consegue la netta presa di distanza lombardista dal mondo cristiano che, peraltro, ha rappresentato a suo modo una sciagura.
Il cristianesimo è un’eresia del giudaismo primigenio, fondata da un personaggio di dubbia storicità , Gesù di Nazareth, proclamatosi figlio del dio ebreo. Una religione, dunque, semitica, sorella di ebraismo e islam, trapiantata in Europa in epoca romana per opera di individui levantini (non solo di origine) e la cui essenza risulta aliena alla spiritualità primigenia del nostro continente. L’invenzione del dio unico, e cioè dell’universalismo abramitico, è stata un’anticipazione del mondialismo, e cioè di una forma di assolutismo superstizioso votato all’eradicazione e alla distruzione dell’identità genuina dei popoli europei.
Parlando di Lombardia si viene a trattare di cattolicesimo, forma di cristianesimo che, certamente, ha plasmato nel bene e nel male la cultura dei nostri territori. Sarebbe assurdo negare che l’identità lombarda sia anche cristiana ma resta il fatto che il cristianesimo, pure nella versione cattolica, sia frutto d’importazione e sorta di parassitismo che ha attinto a piene mani dal paganesimo, abitando modelli gentili che non appartenevano al credo in Cristo. La fede romana, oltre a legarci mortalmente a quell’odiata città , ha rinsanguato la venefica dimensione dello spirito imperiale, e in effetti se in un certo senso il cristianesimo ha favorito il crollo dell’Impero di Roma, da un altro punto di vista ne ha ereditato la decadenza, ponendo le basi di una nuova schiavizzazione delle genti europee, appiattite sulla linea di una auto-genocida religiosità per “categorie protette”.
Capisco bene che certi identitari lombardi, ed europei, cerchino di conciliare il nazionalismo etnico con il cristianesimo, ma è un’opera inane: o si serve Cristo o l’Europa. Io stesso tentai una sorta di compromesso tradizionalista ma alla lunga si è rivelato tempo ed energia sprecati, che andrebbero infatti impiegati in qualcosa di più costruttivo. Per quanto il cattolicesimo abbia assorbito elementi della solarità indoeuropea, non si può occultare la vera natura della fede cristiana, che resta profondamente estranea, in rapporto alla genuina civiltà ariana; oltretutto, se dovessimo tollerare la Chiesa soltanto per degli echi pagani sarebbe certo molto più assennato ripristinare l’antica fede, senza compromessi.
Come sapete, di recente, sono tornato sulle posizioni primigenie del lombardesimo, in materia di religiosità e spiritualità , per riabbracciare integralmente la dottrina da me fondata e lanciata. La mia posizione è stata, per una decina di anni (2009-2019), intransigente e volta alla condanna della presenza cristiana – e abramitica in genere – in Europa, per una questione di radicalità , coerenza, razionalità ; io nasco cattolico praticante, con una forte formazione religiosa alle spalle, ma il primo distacco dal mondo clericale risale proprio al 2009, per poi essere riproposto negli ultimissimi tempi. In mezzo un periodo di un lustro in cui ho cercato un compromesso tra l’identità spirituale gentile e cristiana, in nome dei nostri avi.
Come potete leggere in questi due articoli (qui e qui), al pari di altri pezzi ideologici circa il lombardesimo, che non sto a riproporre ma che vanno reinterpretati – unicamente per quanto concerne il tema metafisico e religioso – alla luce della nuova svolta, ho tentato di conciliare la gentilità con il cristianesimo cattolico, arrivando anche a suggerire l’idea e il progetto di una Chiesa nazionale granlombarda pagano-cattolica che potesse rappresentare al meglio le due anime storiche della Cisalpina. Un disegno che potrebbe anche essere conservato (avrò modo di riparlarne) ma che rischia di inasprire i conflitti, invece di sanarli, creandoli pure ex novo. Ad ogni buon conto il lombardesimo “cristiano” del Sizzi viene consegnato alla storia, e si rivive a pieni polmoni la giovinezza, soltanto sopita o edulcorata, del pensiero lombardista radicale.
Tra l’estate del 2019 e la primavera del 2024 ho dunque intrapreso un percorso che mirasse a preservare gli elementi indoeuropei del cristianesimo, esaltando quindi il retaggio ariano dei nostri padri, facendo comunque comprendere come la religione sia fatto del tutto secondario. Ultimamente mi sto occupando approfonditamente della questione, proprio per spiegare al meglio la svolta (che, dopotutto, è soltanto un ritorno alle posizioni originali del lombardesimo) e per contestualizzarla nel più vasto ambito dell’ideologia lombardista. So che diversi identitari e tradizionalisti pongono molta enfasi sul discorso spirituale e, alla luce di questo, ho deciso di dedicare diversi scritti alla tematica in oggetto, proponendoli al soledì.
I culti davvero tradizionali dell’Europa riguardano il paganesimo, nel nostro caso primariamente celtico, gallo-romano, longobardo (ma anche ligure, etrusco, venetico). Sappiamo bene che, oggi, il paganesimo sia più che altro una mascherata senza solide basi, ma le nostre simpatie in materia religiosa non possono che andare ad esso, piuttosto che alla Chiesa. Questo per dire una cosa ben precisa: il lombardesimo reputa la religione fatto secondario, e lungi da noi l’idea di dividere i lombardi per questioni dopotutto futili come il credo religioso (noi ci basiamo molto su ragione e scienza, liquidando la metafisica alla stregua di vecchiume inerte); tuttavia, per ragioni di coerenza e identità indoeuropea, le uniche forme di religiosità tollerabili possono essere soltanto gentili.
Qualcuno, come feci io negli scorsi anni, potrebbe venirmi a dire che il cattolicesimo è intriso di elementi pagani, che la figura di Cristo è solare, che non esistono radici giudeo-cristiane e che il cristianesimo è un prodotto europeo. Ma, signori miei, se dobbiamo tollerare il cattolicesimo soltanto per via di elementi di origine gentile, parassitati dalla Chiesa, non facciamo prima a ripristinare i veri culti tradizionali dell’Europa? Vero, il cattolicesimo ha una tradizione che dura intatta da circa 2.000 anni, ma resta un corpo estraneo, per quanto rivestito di nobili vesti ariane, oggi per di più avvelenato in senso cosmopolita e relativista dal Concilio Vaticano II, allineandolo al degrado globalista. Cristo, se esistito, era certo ebreo, non cisalpino, e si è manifestato agli Ebrei, non ai Celti golasecchiani; il suo Dio è il dio dei Giudei e non sarebbe esistito cristianesimo senza mondo giudaico.
Anche io, negli ultimi 5 anni, ho fatto acrobazie e salti mortali per tentare una conciliazione tra schietto identitarismo europeo e monoteismo abramitico, nella fattispecie cristiano, epperò alla lunga si rivela opera sterile e del tutto inutile. Per questo il lombardesimo ripropone la visione anticristiana degli esordi, dove ‘anticristiana’ sta ad indicare la contrapposizione ai valori del cristianesimo, alle origini e alla natura del cristianesimo, e alla vocazione universalista di questo credo religioso. Un identitario völkisch serio, razionale e coerente non può sposare la causa del culto diversamente ebraico cristiano, per quanto possa anche lasciare aperta la porta agli identitari lombardi, nel nostro caso, cattolici. Le guerre di religione tra fratelli sarebbero davvero una sciagura.
Non siamo dei fanatici o dei fondamentalisti atei che intendono perseguitare i cristiani (figuriamoci!), oppure scristianizzare una società , peraltro già scristianizzata e secolarizzata, che rischia di finire dalla padella alla brace colmando il vuoto lasciato dalla Chiesa con la spazzatura modernista. Ma vogliamo essere un faro che nel segno dei padri indoeuropei e della loro identità marca una distanza netta dalla classica destra reazionaria e feudale innamorata di trono e altare, che troppo spesso scivola nel ridicolo di un cristianesimo politicizzato dalle mille contraddizioni (si può essere cristiani e nazionalisti/razzisti/antisemiti senza far ridere i polli?). La nostra idea di tradizionalismo non riguarda sacrestie e madonne, riguarda la società patriarcale, virile e guerriera degli Arii, a difesa della famiglia naturale, dell’eterosessualità , dell’endogamia e dei legami monogamici. E infatti, per noi, gli Indoeuropei sono tutto, anche da un punto di vista spirituale.
Ho già affrontato il tema religioso nel precedente articolo sul mio pensiero filosofico (qui), ma ora riprendo la questione nel dettaglio. Il sottoscritto è, infatti, nato e cresciuto in una realtà famigliare e sociale paesana in cui la componente cattolica è (o era) fondamentale, e che di certo ha segnato profondamente la sua formazione.
Il fatto ilare è che, prima del Concilio di Trento, le cose non dovevano essere esattamente così: vuoi per la tradizione medievale ghibellina (a differenza di Milano e Brescia), vuoi per le eresie che attraversavano il nostro territorio precedentemente alla Controriforma, vuoi anche per la tolleranza della Serenissima proprio nel Bergamasco fu possibile una consistente immigrazione di protestanti (e capitali) svizzeri, il che la dice lunga. Negli ultimi secoli, tuttavia, la Chiesa orobica è diventata assai potente ed influente, rendendo Bergamo una delle città più “bianche” e “reazionarie” della Cisalpina.
Anche in tempi recenti, nonostante la sciagurata svolta ecumenista del Concilio Vaticano II, l’Orobia rimane nota per lo zelo cattolico dei suoi figli più conservatori, particolarmente quelli che, quanto me, sono nati in famiglie vetuste della prima metà del ‘900, le cui origini affondano nell’humus povera e semplice del contado bergamasco tra le due guerre mondiali. Naturalmente anche a Bergamo e suo territorio, oggi, la presa del cattolicesimo è alquanto ridimensionata, sebbene l’alone di perbenismo da sacrestia rimanga; l’imponente seminario vescovile che domina la Città Alta è semivuoto.
Dicevo, ho sempre riconosciuto il ruolo per certi versi positivo della triade vernacolare succitata; il culto della casa sprona all’endogamia famigliare proficua e al radicamento nel territorio, il che comporta attaccamento ai propri natali; il culto della religione cattolica allontana i grilli dalla testa della gioventù e contribuisce ad acquisire uno stile di vita sobrio e austero; il culto del lavoro allontana gli spettri dell’assistenzialismo e del lassismo che imperversano nel vero sud europeo (cioè nell’Italia etnica, per capirsi) suscitando le mafie, il familismo amorale e il profitto parassitario e truffaldino.
Insomma, è una questione di equilibrio e razionalità e di ridimensionamento del concetto di ‘culto’, che si addice invece, pienamente, alla patria. La nazione (la Lombardia) non può essere messa in discussione ed è ciò che deve rappresentare, per tutti i lombardi, la priorità , il bene inestimabile da difendere con le unghie e con i denti, il valore fondamentale che unisce, invece di dividere. Mi si consenta l’inciso sotto, a questo proposito.
La mia idea di Grande Lombardia non avrà nulla da spartire con quella di un ipotetico antifascista “lombardista”, però è suggestivo pensare che, finalmente, pure chi ha idee politiche agli antipodi delle mie possa guardare non più alla finta patria dalle Alpi alla Sicilia ma a quella vera dal Monviso al Nevoso e dal Gottardo al Cimone. Il concetto storico di Lombardia e il sentimento nazionale lombardo non sono l’elucubrazione di un pensatore o di un partito/movimento (che ne hanno l’esclusiva), sono la verità che tutti i lombardi dovrebbero riconoscere ed abbracciare, a prescindere dalle ideologie. Detto questo, il lombardesimo (inteso come etnonazionalismo lombardo) è una cosa ben precisa e per nulla inclusiva, ma la patria lombarda non è una fantasia o una proprietà intellettuale del sottoscritto. Ci possono essere diversi modi di essere lombardisti anche se, forse un po’ narcisisticamente, in questi anni ho rivendicato l’appellativo per me e per i miei sodali.
Torniamo a noi. Il credo famigliare delineato più sopra è profondamente intriso di alpinismo (antropologicamente parlando), risente cioè della mentalità tipicamente alpina, con le sue virtù ma anche i suoi bravi vizi: bigottismo, grettezza, feticismo del lavoro e del denaro, parsimonia esondante nella taccagneria, cocciutaggine scontrosa che però, spesso, svanisce di fronte al pungolo delle gerarchie – che se ne approfittano delle paure del popolino nostrano – dando luogo alla più bieca omologazione.
La Chiesa contemporanea sfrutta a meraviglia queste innate debolezze lombarde: se un tempo il clero si dilettava nel tenere immersi i poveracci nell’ignoranza più crassa e nell’oscurantismo, funzionali al suo arricchimento parassitario, oggi flagella i loro figli col terzomondismo e con quella melassa ecumenista e sincretica tesa ad accattivarsi le simpatie del mondialismo e del sistema (un sistema, paradossalmente, ateo, progressista e del tutto secolarizzato dalle ingordigie plutocratiche di una certa matrice).
A conti fatti la moderna religione cattolica non preserva affatto dall’auto-genocidio degli Europei, anzi, lo fomenta! Risulta peggiore dell’ortodossia in questo e in pari con gli eretici nordici: il luteranesimo ha spalancato le porte al delirio suicida dell’Europa settentrionale, imitato con zelo proprio dalla Chiesa postconciliare varata da Roncalli e Montini (è curioso come la distruzione del cattolicesimo sia avvenuta per opera di un tandem bergamasco-bresciano).
‘Cattolico’ significa ‘universale’, essendo la Chiesa di Roma erede dell’ideale imperiale romano, ma la coloritura che il Concilio Vaticano II ha dato al concetto di universalismo non è altro che un pervertimento di stampo progressista. ‘Universale’ non significa meticcio, cosmopolita, pluralista, relativista, arlecchinesco (in tutti i sensi), giudaizzato, tutti aggettivi che si confanno al cristianesimo cattolico uscito dal triennio da incubo 1962-1965.
Il sottoscritto, come ho già avuto modo di dire, è rimasto cattolico credente fino al 17 marzo 2009 anche se praticante smisi di esserlo nell’ottobre 2008. Questo distacco scaturì da un generale prolasso religioso principiato nella primavera del 2006 proprio quando mi avvicinai alla dottrina etnonazionalista.
Fino ad allora ero stato, a partire dai 14 anni, un cattolico duro e puro, gran bigotto, assiduo frequentatore di chiese e oratori, spietato nemico di blasfemia, ateismo, agnosticismo, modernismo, sincretismo, deviazionismi, eresie, sette e ostile agli altri credi, tra cui quelli neopagani (che non confonderei col paganesimo originale). Naturalmente, ma quello ancora oggi, ostile anche al degrado morale e spirituale delle giovani generazioni che mi circondavano. Più che intimamente cristiano ero esteriormente cattolico, insomma.
Prima dei 14, il mio cammino religioso non fa testo essendo frutto dell’educazione famigliare impartita dall’alto a tutti quelli della mia generazione, ma sicuramente acuita, nel mio caso, dall’anziana natura dell’ambiente domestico e sociale da cui provengo. La mia famiglia diede alla Chiesa due sacerdoti: un prozio e uno zio paterni. E anche dal lato di mia madre vi sono un sacerdote spretato e una suora.
Con il 17 marzo 2009, giorno simbolico di San Patrizio (ovverosia il compromesso tra cristianesimo e paganesimo autoctono), divenni gradualmente anticristiano, irreligioso, empio tanto che feci del razionalismo identitario un nuovo credo, al fine di preservare l’identità e la tradizione genuine (per i parametri dell’epoca), senza più inquinamenti “giudeo-cristiani” e islamici.
Ho già ricordato come mi sia lasciato alle spalle questo periodo di furore ideologico giovanile (durato una decina d’anni), sorta di ribellione culturale ad un passato asfittico fatto di educazione cattolica maldigerita e mai vissuta come qualcosa di veramente genuino e cristiano. Tra l’altro non abbandonai la Chiesa per divenire neopagano, ma per sviluppare un punto di vista amorale (con riferimento alla filosofia di vita cristiana) mirato alla critica di ogni fenomeno religioso, sebbene – per coerenza etnicista – benevola nei riguardi dei credi tradizionali precristiani.
La paccottiglia postconciliare esalta la fantomatica componente giudaica del cristianesimo, rinnegando la classicità e l’eredità indoeuropea che sono alla base del credo cattolico. Il cristianesimo non è un’eresia dell’ebraismo, i fratelli maggiori dei cristiani non esistono, le radici giudeo-cristiane dell’Europa sono un mito a cui giusto il papa polacco (non per niente) e i suoi accoliti possono credere seriamente. E gli ebrei restano gli uccisori del Cristo, i deicidi, con buona pace del mio pingue conterraneo riformista.
Gli innumerevoli elementi gentili mutuati dal cattolicesimo smentiscono ogni macabra fantasia di ammucchiate ebraiche. La liturgia, il calendario, la gerarchia ecclesiastica, il culto dei santi, le festività precipue e minori, il marianesimo (oggi decisamente eccessivo e invadente, sempre per cagione del polacco), gli antichissimi riti, le preghiere, la figura del pontefice (!), l’adozione del latino sono tutti elementi gentili ricoperti di vesti cristiane. Che cos’è il cattolicesimo se non l’insegnamento di Gesù di Nazareth innestato sulla precedente religio romana? Per non parlare della scolastica, del tomismo, dell’apologetica che sono debitori del pensiero filosofico greco, sviluppatosi in contesti pagani. Possiamo concepire il cristianesimo senza mondo classico greco-romano?
E che dire della centrale figura del Cristo? Gesù era, certo, di formazione mosaica ma la sua figura storica scolora in quella sacrale della solarità indogermanica, tanto da venire accostato a diverse deità orientali venerate da popoli ariani. Il suo Natale è quello del Sole Invitto, la sua Pasqua di Risurrezione è la rinascita primaverile della natura osservata con sensibilità cosmologica dalla religiosità dei nostri arii padri. Il Dio (trinitario) di Gesù Cristo non è il dio dei moderni giudei e dei musulmani: i primi praticano un credo medievale raccogliticcio avulso dal mosaismo “positivo” del Nazareno, i secondi praticano un’eresia del cristianesimo.
Il concetto di “religioni abramitiche” è una delle tante baggianate pressapochistiche che piacciono alla galassia modernista – nata su internet – dei vari neopagani, new age, wicca, amanti di magia ed “energia” e chi più ne ha più ne metta, le cui fissazioni e conclusioni nichilistiche non sono poi molto diverse da quelle dei liberal. Come si può mettere la cristianità cattolica, dunque la romanitas, sullo stesso piano di chi crede nel Talmud e nella cabala o nel Corano? Di chi si circoncide, per costumanze desertiche, e ha una forte connotazione etnica semitica? Di chi è intriso di Medio Oriente e in Europa è un corpo estraneo?
Sapete com’è: si comincia con le accuse al “monoteismo desertico” e si finisce per sposare i deliri dell’immondezzaio woke d’oltreoceano tra femminismo, antifascismo, antirazzismo, omofilia e piagnistei scomposti che puntano il ditino contro la proterva figura patriarcale del “privilegiato maschio bianco cis- eterosessuale cristiano normodotato”, il tutto condito dal delirium tremens di asterischi, pronomi e schwa. In questo, mi spiace dirlo, ma il paganesimo presta assai più il fianco del cattolicesimo (pure contemporaneo) alla barbarie postmoderna, con le sue ambiguità bisessuali, matriarcali, libertine, relativiste.
Allo stesso modo non vorrei che qualche “druido” improvvisato mettesse i bastoni tra le ruote al lombardesimo in nome di chissà quale fola politeista, facendo le veci degli anemici preti castrati dal CVII. Ragazzi, va bene tutto, anche il ricostruzionismo (se proprio ci tenete) ma la politica non può andare al guinzaglio di una fede religiosa, che deve occuparsi di tutt’altro. Il credo assoluto della mia idea di entità statuale grande-lombarda è il sangue, il suolo, lo spirito, dove lo spirito attinge senz’altro alla cultura ariana e romano-cristiana ma senza indugiare nel confessionalismo. Non serve una teocrazia per liquidare il marasma progressista e democratico e condannare ogni forma di rilassatezza dei costumi in materia di etica, bioetica e famiglia.
E dico questo non per lisciare il pelo alla società occidentale secolarizzata, che dal dogmatismo e dall’oscurantismo della Chiesa di secoli e secoli fa è passata al dispotismo “illuminato” dell’assolutismo areligioso. Oggi, nel mondo occidentale (concetto che aborro, io sono lombardo, europeo, bianco, non un affiliato alla succursale europeista degli Usa), si irride e discrimina chi crede in Dio mentre ci si prostra di fronte all’idolo dei diritti umani e civili, prostituendosi al peggior conformismo ateo e laicista. I sommi sacerdoti dello scientismo e del liberticidio vigilano grifagni, a suon di “mancinate”.