La posizione ufficiale del lombardesimo in materia di religione e spiritualità ormai la conosciamo, ed è l’etno-razionalismo; l’unione, cioè, di etnonazionalismo e razionalismo che rimette al centro di tutto sangue, suolo, spirito, in nome del bene più importante che abbiamo, la patria. Il lombardesimo crede fortemente nel valore della ragione, che è il faro dell’essere umano, segnatamente bianco, e lo coniuga con il nazionalismo etnico, ideologia guida lombardista, in un’Europa sempre più in balia di relativismo e progressismo. Pur condannando i concetti moderni di ateismo, laicità e secolarizzazione, il lombardista coerente ripudia la metafisica, specialmente se si tramuta in universalismo abramitico.
C’è però da dire che, in linea teorica, abbiamo pensato ad una forma di religiosità destinata a quanti, in Lombardia, aspirino ad una vita spirituale, e che potesse essere del tutto compatibile coi destini etno-razziali della nazione. Come lombardisti non siamo per forza di cose empi, e capiamo bene che possano esserci lombardi interessati alla dimensione non strettamente materiale dell’esistenza. Dal punto di vista sizziano questa esigenza non si pone perché Paolo è razionalista, realista, materialista nel giusto, ma chiaramente non siamo tutti uguali; per tale ragione lo stesso Sizzi ha individuato un tipo di spiritualità che risulti essere compatibile e tollerabile, nell’ottica völkisch, e quindi inscindibile dal vincolo biologico.
Ebbene tale nuova, rivoluzionaria, religione va sotto il nome di Chiesa nazionale ambrosiana. Nulla di cristiano o cattolico, nonostante il nome, bensì una trasmutazione gentile del cattolicesimo latino insubrico. In altre parole, un culto pagano che sublimi ed emendi dalla patina giudeo-cristiana gli elementi tollerabili della religione ambrosiana, eliminando ogni riferimento al mondo ebraico e scristianizzando la dottrina, lasciando così spazio all’eredità solare della tradizione religiosa milanese. Come sapete il rito ambrosiano, che è una variante del cattolicesimo latino, viene adottato storicamente in quella che è l’arcidiocesi di Milano, ma un tempo riguardava un territorio assai più esteso coincidente almeno con l’intera Padania geografica (il bacino del Po).
Le origini stesse del cattolicesimo ambrosiano vanno ricercate nei riti cristiani occidentali, latini, di matrice gallica (rito celtico e rito gallicano), che hanno non a caso assorbito elementi della spiritualità indigena celtica. Anzi, parrebbe che proprio dal culto ambrosiano derivino le liturgie altomedievali cosiddette gallicane, segno della preminenza del rito nostrano. Certo, stiamo parlando di Sant’Ambrogio, di Chiesa, di cristianesimo ma questa discussione non può assolutamente prescindere dalle radici, anche spirituali, galliche del territorio granlombardo. La spiritualità cristiana occidentale, cattolica, è certamente debitrice dell’esperienza religiosa cisalpina, anche se non tutti gli studiosi concordano sulle origini della liturgia ambrosiana.
Ciò che a noi interessa è la questione della trasmutazione pagana del rito ambrosiano, che chiamiamo ambrosiano per comodità e per radicamento storico dell’aggettivo. Non si tratta infatti di mantenere tale e quale il cattolicesimo insubrico, ma di trasformarlo in gentilità, cosicché sulla base autoctona pagana possa innestarsi l’elemento uranico confluito nel cattolicesimo, recuperandolo dalla distorsione biblica ed evangelica, dunque ebraica, e dalla depravazione universalista. Niente più scenari palestinesi, divinità giudaiche, messia desertici, morale mesopotamica, personaggi da presepe, ma solo accezione solare e, dunque, indoeuropea. Perché i nostri padri ariani rappresentano il modello da seguire, in materia di spiritualità. Per chi ha a cuore la questione, si capisce.
Tutto questo non è in contraddizione con l’etno-razionalismo, che resta la posizione ufficiale del lombardesimo. Paolo Sizzi è ateo ma capisce bene che il vuoto lasciato dal cattolicesimo, in terra lombarda, non possa essere colmato dalla spazzatura laicista di conio giacobino-massonico, progressista, ed è perciò necessario offrire una nuova via religiosa a quanti avvertono il bisogno di realizzarsi anche spiritualmente. Non più cristianesimo, cattolicesimo romano, ma gentilità, fondata sui veri culti tradizionali delle nostre terre. Il termine ‘Chiesa’ impiegato per definire la fede patriottica granlombarda non deve confonderci: non si allude più a Roma, ma ad una Chiesa come assemblea fraterna, etimologicamente parlando, che vada a designare il consesso dei credenti ambrosiani, cementato dal sangue lombardo. Il legame tra sacro ed etnia deve essere totale.
I culti tradizionali che contribuirebbero alla formazione del nuovo, rivoluzionario, credo sarebbero quelli preromani, soprattutto celtici, ma anche la religione gallo-romana che come la famiglia linguistica galloromanza è il frutto culturale dell’unione di mondo latino e mondo autoctono celtico. Infine va considerato anche l’apporto di superstrato germanico, nello specifico longobardo, per quanto il paganesimo (o etenismo, diremmo oggi) nordico sia stato presto abbandonato dai Longobardi calati nella valle del Po, in favore del cristianesimo, prima ariano poi cattolico. Anzi, una volta nella Cisalpina il culto dei padri era già quasi del tutto sopito, a livello ufficiale, sopravvivendo nelle credenze del popolo, più che della classe aristocratica.
Si tratterebbe, dunque, di modellare una religione fondamentalmente pagana grazie ai vari contributi spirituali degli antichi padri, contestualizzandola nell’oggi della Grande Lombardia, preservando la tradizione per come ci è giunta grazie al retaggio indogermanico, ariano, e preservando magari quei pochi elementi tollerabili del cattolicesimo ambrosiano. Tollerabili perché indigeni. Evidente come la Chiesa abbia assorbito echi di origine pagana, trasformandoli in cattolici; ebbene, noi dobbiamo recuperarli e decantarli dalle scorie desertiche, dando loro nuova linfa vitale in chiave gentile. L’operazione, personalmente, mi intriga da un punto di vista culturale, non certo spirituale, visto che sono ateo e non votato alla ricerca di un qualcosa che ritengo non esista (il trascendente).
Calendario liturgico, festività, uso del greco e del latino, gerarchia ecclesiastica, culto dei santi e delle madonne (che sovente sono figure pagane), trasvalutazione europide di fatti culturali semitici, credo trinitario, dualismo tra bene e male, la solarità del Cristo, figure angeliche e demoniche, la simbologia della croce sono tutte caratteristiche di origine pagana cristianizzate da Roma (e la stessa centralità dell’Urbe è una ripresa della religio antica). Perciò questi elementi potrebbero in qualche modo venir preservati, immettendoli direttamente nella fede della Chiesa nazionale ambrosiana, a sua volta trasvalutata dall’ethos ariano. Per ‘ariano’ intendo indoeuropeo, ma c’è da dire che anche l’arianesimo longobardo era interessante, in quanto forma di culto patriottico e nazionalista, contrapposto alle mene ecumeniche papaline.
I tratti solari del cattolicesimo sono d’altra parte il frutto del retaggio indoeuropeo, i preti non si sono inventati nulla: la divinità uranica del Diespiter celeste (il Dio Padre della luce diurna), la vita oltremondana dei morti in sedi celesti, l’aspirazione al cielo delle anime liberate dal corpo grazie all’incinerazione (ove il fuoco assume un valore sacrale non solo di purificazione ma anche di culto degli antenati), il valore della luce contro le tenebre, la società patriarcale, la monogamia, i legami eterosessuali depongono a favore di una religione cattolica profondamente debitrice della gentilità. Ma il cattolicesimo ha distorto e pervertito il paganesimo, storpiandolo con tutto il ciarpame desertico di Bibbia e Vangelo, e con una morale plebea e volgare che inevitabilmente si tramuta in egualitarismo, umanitarismo, terzomondismo, andando a braccetto con il regime dello status quo.
La Chiesa nazionale ambrosiana, che allo stato attuale delle cose è una mera idea, sarebbe il trionfo della vera identità e della vera tradizione, e il trionfo di Milano, della vera Milano, sulla Roma corrotta figlia del marasma imperiale. La capitale granlombarda era già stata sede del santuario di mezzo (da cui il toponimo) celtico, luogo sacro federale dei Galli cisalpini, ed è legittimo che ambisca ad un rinnovato ruolo anche in chiave spirituale. Milano è la patria del Tredesin de marz, l’equinozio di primavera meneghino, ricorrenza cristianizzata ma dalle ovvie radici pagane; sarebbe interessante, infatti, che il simbolo dell’ambrosianesimo fosse la pietra forata dei tredici raggi, detta di San Barnaba, un’antica mola di epoca gallica reimpiegata in senso cristiano. O in alternativa il noto Sole delle Alpi, un emblema radioso che dai Celto-Liguri passò ai Gallo-Romani e ai Longobardi.
