Si ritiene troppo spesso che senza cattolicesimo non esista tradizione, ma questa è una scempiaggine. Si può dire che senza cattolicesimo non esista una tradizione cattolica, ma di quest’ultima non abbiamo affatto esigenza. La nostra vera, immortale, eredità è quella indoeuropea, ed è proprio ai padri indoeuropei che dobbiamo fare riferimento. Molti degli elementi identitari e tradizionalisti che colleghiamo al cristianesimo sono, in realtà , un prodotto culturale indoeuropeo: il patriarcato, lo spirito virile, il piglio guerriero, la monogamia, il ruolo particolare della donna (certo non primario, ma nemmeno svilito, alla semitica) fanno parte del nostro retaggio ariano, per quanto la Chiesa possa essersene impossessata.
La cosa non mi riguarda, essendo laico, ma esiste l’errata convinzione che il paganesimo sia un brulicare di perversione, orge, omosessualità , promiscuità , come se i valori patriarcali, tradizionali ed eterosessuali, circa la salutare normalità della natura, fossero appannaggio dei culti semitici. Per quanto il sottoscritto non sia, appunto, religioso, cristiano o pagano che sia, è doveroso difendere i culti tradizionali dei padri dalle infamanti accuse levantine, soprattutto se pensiamo a chi, notoriamente, popoli seminari, chiese ed oratori… Del resto, qualcosa come il mos maiorum romano non era certo invenzione cattolica, anzi, il cattolicesimo l’ha abbondantemente parassitato.
Perciò non è necessario rifarsi alla Chiesa per poter avere una propria tradizione e difenderla, esaltando razionalmente la natura e coniugandola mirabilmente con il benessere della comunità etnonazionale. Peraltro, se ci pensate, il cristianesimo non ha alcun rapporto con la natura, prescinde da essa, mentre il paganesimo era profondamente intrecciato ad essa. So bene quanto il neopaganesimo scolori troppo spesso nelle pagliacciate e nel pattume new age, ma questo non è un valido motivo per affossare la rinascenza gentile preferendovi un culto estraneo all’Europa e alla sua vera anima. Non è compito del lombardesimo occuparsi di culti, ma di certo esso ha le idee chiare su cosa sia davvero compatibile con gli europidi.
La stessa laicità promossa dal lombardesimo osserva scrupolosamente la contemplazione dei principi identitari e tradizionalisti che forgiano una comunità sana, fondata sulla famiglia naturale e benedetta dal legame eterosessuale tra maschio e femmina, dove il patriarcato sia rispettato e non esistano follie omofile, femministe, del “genere”. E lo stesso lombardesimo promuove gli ideali spirituali intesi come umanesimo identitario che rimetta al centro di tutto la dimensione etnica e razziale dei popoli, condannando l’universalismo cristiano e il relativismo modernista. Per quanto il pensiero lombardista sia etno-razionalista, e in un certo senso materialista (esiste ciò che si manifesta e viene percepito), comprendiamo tranquillamente l’esigenza di coltivare una spiritualità anche in direzione diciamo metafisica, pur non condividendo, a patto che non sia nulla di eversivo.
La prima settimana del dicembre 2019 fu piuttosto impegnativa, per il sottoscritto, essendo passato per ben tre interviste (si fa per dire) effettuate dai media di regime: due de La Zanzara di Cruciani e Parenzo e una ad opera del programma di La7 Piazzapulita. Qui parlerò, nello specifico, di quest’ultima.
Nel tardo pomeriggio di mercoledì 27 novembre 2019, mentre tornavo dal lavoro in macchina, mi trovai fra capo e collo un giornalista di Piazzapulita con un operatore, che praticamente irruppero in casa mia seguendomi alle spalle, essendo il cancello aperto. Fui preso alla sprovvista, così come mia madre che ritrovandosi due estranei in cortile (abito in un rustico villino del contado bergamasco) uscì allarmata per vedere che accadesse.
Capendo la situazione la signora, anziana e vedova, si spaurì, venendo colta da sconforto, e di fronte alla telecamera espresse tutta la sua preoccupazione e sofferenza per via della mia vicenda giudiziaria (condanna definitiva per “offesa all’onore e al prestigio del PdR”, Napolitano, e “istigazione alla discriminazione razziale”).
Dopo la scena patetica scatenata dall’intervento dei due figuri di La7 – che pensavo non venisse filmata e poi mandata in onda, avendo detto di non coinvolgere il genitore – decisi comunque di rilasciare un’intervista di un quarto d’ora circa, fuori dalla mia abitazione, in cui esposi il mio pensiero völkisch, la bontà della battaglia lombardista, la necessità di un “italianesimo” etnofederale (ero ancora nel periodo filo-italico) e la mia passione per l’antropologia fisica e la genetica delle popolazioni.
Pur comprendendo come il rischio del consueto taglia e cuci fosse concreto, decisi di affrontare la telecamera, nonostante tutto e tutti, e illustrai il mio punto di vista, anche in merito alle domande che mi venivano fatte. Si parlò di craniometria e craniologia, antropologia fisica, genetica delle popolazioni, di ebrei (Segre) e di Balotelli, del concetto di cittadinanza e nazionalità , di endogamia e altri aspetti emersi dalla mia visione del mondo, ripescando vecchi cinguettii di Twitter.
Terminato il filmato, in cui il Lasta si dimostrò chiaramente prevenuto, ignorante, partigiano e censore (ma visto l’esordio non poteva essere altrimenti), ecco il commento in studio di eminenti esperti di antropologia e genetica: Laura Boldrini, Arianna Ciccone, Valentina Petrini, Gennaro Sangiuliano (oggi ministro della Cultura) e un giovane sovranista meloniano, Francesco Giubilei. Conoscevo solo la Boldrini, che ovviamente può vantarsi di essere una gigantesca testa pensante in materia di sangue, suolo, spirito.
Orchestrati da Corrado Formigli, il conduttore, indeciso sul come classificarmi (scemo o futuribile criminale nazista), i presenti si produssero in tutta una serie di beceri luoghi comuni, conditi da insulti, continuando a mescolare il sottoscritto con neonazismo, neofascismo, suprematismo bianco, Hitler, Mengele e gente varia che fa della violenza o aizza a farla. Io ho avuto guai giudiziari, è vero, ma per mere questioni d’opinione; sicuramente, ai tempi, posso dire di avere un “tantino” sbarellato, ma non ho mai fatto il nazifascista della mutua o il suprematista alla lombarda, non ho mai propagandato odio, e tantomeno lo faccio ora!
Piuttosto infervorata la signora Ciccone, assidua frequentatrice del “Cinguettatore”, che voleva ridurmi alla stregua di personaggio folcloristico, cui non dare alcuna visibilità , preso per i fondelli da tutti: tutti chi, scusate? I guitti antifascisti di Twitter, probabilmente, quelli che si vantano di essere democratici e liberali ma poi fanno le crociate per bannare e sospendere in perpetuo, dimostrando come dietro le “prese per il culo” vi sia comunque una grande paura per tematiche spinose e poco simpatiche come etnonazionalismo, antropogenetica e razzialismo, che sono inesorabili pugni nello stomaco al pensiero unico fucsia e al mondialismo, con le loro perversioni.
Il “simpatico” Formigli insistette dandomi del povero scemo, e dimostrando una grandissima profondità intellettuale e capacità di analisi, mentre quella Ciccone continuò a minimizzare riducendomi al rango di macchietta senza alcun peso ed importanza; in entrambi i casi stiamo parlando di ignoranti abissali che nulla sanno di ciò di cui mi occupo, e nulla sanno di antropologia, di genetica, di etnonazionalismo, però parlano, parlano e dicono un mucchio di corbellerie, assieme al Giubilei che prende le distanze da me difendendo il suo triste partito sovran-sionista, oggi al governo tricolore, amante della Repubblica Italiana, della costituzione e di tutta la chincaglieria partigiana, dicendo che il suo capo, la Meloni, nulla ha a che fare con l’etnonazionalismo. E meno male, diamine!
La trasmissione intendeva stigmatizzare l’esistenza dei “nazisti del web” – per cavalcare ridicole polemiche qualche mese più tardi spazzate via dal coronavirus – ma, in tutta franchezza, è stata solamente la messa in onda di una sceneggiata indecente e spoetizzante in cui una persona, io nella fattispecie, viene linciata senza contraddittorio sparando nello spazio le più pacchiane banalizzazioni e strumentalizzazioni, senza, ripeto, entrare nel merito della vera questione che è la salvaguardia dell’identità e della tradizione di un popolo, di una comunità , in tempi di globalizzazione galoppante che non lascia spazio all’orgoglio etno-razziale. Quella stessa globalizzazione che poi cagionò una pandemia. Ma si sa, “il vero virus è il razzismo” (citazione di qualsivoglia fesso liberal).
Qualcuno, a caldo, mi disse che avrei fatto meglio a non farmi intervistare; il problema è che il servizio, questi, lo avrebbero fatto comunque, e se li avessi cacciati a malo modo avrei dato l’idea del tizio che si spaventa ed evita di parlare, esprimendo il suo dissenso al regime. Io approfitto delle situazioni propizie per divulgare il messaggio etnonazionalista, che si costruisce anche sulle basi biologiche e, mi pare evidente, la figuraccia la fanno questi tristi e omologati giornalisti proni alla volontà dei tecnocrati antifascisti, giornalisti che non sanno nulla, non sanno di cosa uno parli, tentano di mettergli in bocca cose mai nemmeno pensate e fanno della retorica cosmopolita da quattro soldi.
Il discorso relativo al baraccone di Formigli può essere fatto anche per le due chiamate di Cruciani (che mi aveva già contattato nel giugno del 2015), dove lui e Parenzo si dimostrarono i veri fanatici intolleranti, ignoranti come caproni, che più di insultare, coprire la voce dell’interlocutore con le proprie, e buttare in gazzarra discussioni molto profonde e degne di attenzione, non possono fare. Fra l’altro, anche qui, solito lavoretto di taglio e cucito, senza dare lo spazio che merita alla basilare questione del sangue. Naturalmente, il loro programma radiofonico è quello che è, fatto di satira, provocazioni e inflazioni, ma non sarebbe male cercare di confrontarsi seriamente evitando, ad ogni piè sospinto, di aggredire verbalmente a vuoto, senza che, peraltro, vi sia da parte di chi parla (il sottoscritto) arroganza, presunzione, protervia. Io cerco solo di propagare il messaggio etnonazionalista, che ovviamente si avvale anche della scienza per corroborare i propri principi.
Da ultimo, una precisazione: circolava una bufala secondo cui io avrei detto, in merito all’argomento Liliana Segre, che: «I campi di sterminio sono una fandonia come l’11 settembre»; questa affermazione mi è stata attribuita da un giornalista di Repubblica, Piero Colaprico, che si è basato su questo commento Facebook (il primo), postato da un tal Daniele (cognome cancellato), collegandolo, non so in che modo, al sottoscritto. Come mai non mi stupisce che un simile sfondone (a quanto pare in malafede) provenga da uno che scrive su quel giornale? Si prendono un po’ troppe libertà questi soggetti, dall’alto della loro inesistente superiorità morale…
Su YouTube potete reperire le tre interviste in oggetto. Lascio giudicare a voi il taglio giornalistico (se di giornalismo si può parlare, beninteso) assunto da questi personaggi, e se qui il problema vero sia io o, piuttosto, la dittatura dell’imperante pensiero unico/pensiero debole che si serve di cervelli succubi e bacati incapaci di animare individui per davvero liberi. Il dispotismo reale sta nell’antifascismo e nella sua macchina del fango, produttrice di leggi liberticide, giustificate da una presunta superiorità sinistroide e/o liberale, e di prodotti “culturali” affetti da faziosità cronica, dove i buoni e i belli sono i complici della tirannia globalista mentre i cattivi e i brutti tutti quelli che si sottraggono alla vulgata di questa fosca temperie occidentale (contemporanea).