VII – Tradizionalismo

Il pensiero lombardista ha un profondo rispetto per identità e tradizione, e va da sé che l’accezione di quest’ultima sia culturale ma anche spirituale. Pur promuovendo un robusto realismo, da noi chiamato etno-razionalismo, il lombardesimo sostiene la preservazione dell’eredità dei padri, che in senso spirituale è tanto gentile quanto cristiana (cattolica ambrosiana), e che è l’unica da mantenere e tramandare, nel quadro di un recupero identitario di credenze, usi e costumi, idee, folclore, abitudini. Non siamo certo confessionali, ci mancherebbe, ma siamo decisamente contrari alla presenza in Lombardia di culti estranei alla nostra tradizione, e questo anche perché tali credi sono quasi integralmente professati da genti allogene. Pensiamo ad ebraismo e islam, o ad altre pratiche cultuali esotiche (o sette), inevitabilmente recati nella Cisalpina da immigrati. Del resto, siamo fermamente convinti della necessità di custodire la tradizione a patto che non vada contro le sorti etno-razziali della nazione, che non intralci cioè il cammino politico lombardista, e per questo esprimiamo netta riprovazione nei confronti del Concilio Vaticano II, avendo rovinato e pervertito la Chiesa cattolica.

A questo proposito, carezziamo l’idea di una Chiesa nazionale granlombarda, ovviamente ambrosiana, che abbracci completamente l’ottica tradizionalista, rigettando ogni follia ecumenica, progressista e mondialista, accanto ad una riscoperta del paganesimo cisalpino; non possiamo certo negare il nostro retaggio romano-cristiano, ovviamente assieme a quello primevo precristiano (di ispirazione indoeuropea), ma deve essere chiaro che la religione non si debba immischiare in politica e debba, piuttosto, promuovere il patriottismo condannando il moderno andazzo pluralista (in casa nostra). Certamente – altro fatto importante -, la tradizione deve coniugarsi allo sviluppo positivo, prendendo quindi le distanze da bislacche fantasie anarco-primitiviste (anche per non risultare ipocriti), perché il benessere della comunità non è di per sé pernicioso. Ad essere pernicioso è il feticcio del benessere, l’edonismo, che è poi frutto dell’individualismo sfrenato e di quel materialismo che scolora nel campo zoologico, tanto è estremo e irrazionale. E la ragione deve, chiaramente, guidarci, preservando ogni aspetto schiettamente identitario del tradizionalismo. A patto, come già detto, che cultura e spiritualità non mettano i bastoni tra le ruote alla rivoluzione völkisch del lombardesimo.

Paolo Sizzi sbarca sulla “Scossa”

Signori, ci siamo: ho preso la decisione di sbarcare sulla “Scossa”, Twitch, e potete reperire il mio profilo qui. La scelta è dettata dall’esigenza di dare più qualità alla divulgazione e alla propaganda, unendo così l’ambito culturale ed etnoantropologico a quello ideologico, politico e dottrinario, ovviamente in accezione squisitamente lombardista. È una nuova avventura per me, un’iniziativa, che si spera coinvolgente e accattivante, volta a sfruttare al meglio gli strumenti tecnologici offerti dalla rete, al fine di imprimere più efficacia all’azione culturale e ideologica di Paolo Sizzi. Grazie, sin da ora, per la pazienza, la collaborazione e il supporto, di varia natura, che offrirete, e vi invito a poter partecipare attivamente alle dirette, anche per mostrare come esista una comunità lombardista, per quanto, al momento, prevalentemente virtuale. Il contenuto delle trasmissioni sarà di carattere, come detto, culturale ed etnoantropologico (spazio, insomma, a craniometria e genetica delle popolazioni) senza tralasciare il lato ideologico e dottrinario, sulla falsariga di quanto portato avanti su Telegram e YouTube. Margine per del sagace intrattenimento, con un tocco di salutare becerume (censura permettendo), ovviamente tollerabile, perché ci sarà anche da ridere, sviluppando un dibattito che risulti appassionante a partire dall’esposizione dei contenuti di rilievo che il Sizzi ha nel carniere. Lombardia al primo posto.

Penso vi potrà anche essere un angolo dedicato alle disamine craniometriche, unito all’approfondimento antro-genetico, fermo restando che il fulcro delle dirette sarà comunque quello relativo al lombardesimo, sia in senso culturale che dottrinario. So che Twitch è una piattaforma diversa, rispetto al “Telegramma” e al “Tubo”, e bisognerà cercare di conciliare la divulgazione e la propaganda con il pubblico ivi presente, senza però snaturare l’opera sizziana. Credo sia una bella novità per tutti e staremo a vedere come si svilupperà nel tempo, lasciando un po’ di posto anche all’improvvisazione, per osservare il divenire di ciò che verrà mandato in onda. Ne approfitto di nuovo per invitarvi ad interagire concretamente, in maniera costruttiva (sebbene un po’ di goliardia non guasti), mettendo ad ogni modo in conto le incursioni dei soliti detrattori, ma fa parte del giuoco. Da ultimo un promemoria e un ringraziamento. Sto pensando a tre dirette settimanali, di cui una, fissa, alla domenica (soledì) sera, e le altre due a seconda degli impegni; la fascia oraria di riferimento è sempre 20-21. Avrò comunque occasione di essere più preciso nel prosieguo. E infine un sentito grazie a dei ragazzi lombardisti, molto giovani e in gamba, che oltre a sostenermi hanno contribuito, nel concreto, alla creazione e gestione di alcuni spazi. Dopotutto, il buon Sizzi è (quasi) un “boomer”.

VI – Razzialismo

Se il lombardesimo prende le distanze dal razzismo canonico, inteso come gerarchizzazione, odio e violenza discriminatoria di una o più razze ai danni delle altre, abbraccia invece il razzialismo, e cioè il credo nelle stesse, la tutela della loro biodiversità e la promozione di misure atte a far sì che ogni popolo venga preservato, contrastando immigrazione, meticciato e società multirazziale. Le razze umane esistono, e basterebbe anche solo non avere ideologiche fette di salame sugli occhi per capirlo, ed esistono soprattutto per la scienza che sfugge dalle maglie del regime e afferma la bontà del concetto in esame. Cosa intendiamo per ‘razza’? Presto detto: un gruppo di popolazioni che per un certo numero di caratteri comuni possono essere distinte da altre appartenenti alla stessa specie; questi caratteri comuni vengono trasmessi ai discendenti per via ereditaria, e non si tratta dunque di solo fenotipo ma pure di genotipo. Sinonimi di ‘razza’ sono ‘ecotipo’ e ‘subspecies‘, che da una parte alludono alla separazione geografica dei continenti, dall’altra alla filiazione dalla medesima specie, che è l’Homo sapiens.

La razza non è quindi l’etnia, concetto più culturale che biologico, mentre la prima è concetto squisitamente biologico, che passa per l’antropologia fisica (e dunque la morfologia) e la genetica delle popolazioni (perciò i geni e l’ereditarietà). Il razzialismo, riconosciuto e adottato dal lombardesimo, si limita a sostenere l’esistenza delle razze umane – e anche l’uomo è un animale, mi pare, pertanto può essere suddiviso in sottospecie – e a difendere la biodiversità umana come una ricchezza inestimabile da preservare dagli agenti corruttori sul libro paga del mondialismo. Un tempo, il razzismo era semplicemente lo studio delle razze umane, mentre oggi ha assunto coloritura negativa, perciò è termine inutilizzabile. Ecco dunque il razzialismo, che ripudia tanto il suprematismo quanto l’egualitarismo, due ideologie che fanno un pessimo servizio alla causa scientifica, e riporta nel campo antropogenetico il dibattito sulla differenziazione umana. I lombardi sono caucasoidi europei (bianchi), appartengono alla famiglia sottorazziale europide, e la loro etnia attinge biologicamente dalla subspecies. Il dato razziale non può essere ignorato, perché permette anche un corretto inquadramento della questione identitaria.

V – Panlombardismo

Il nazionalismo etnico lombardo è per sua natura, si capisce, panlombardista, perché mira a riunire tutte le Lombardie sotto il medesimo tetto nazionale e comunitario. Parlo di Lombardie, appunto, perché come forse saprete individuo tre forme di lombardità: la Lombardia etnica, la Lombardia etnolinguistica e la Grande Lombardia (che è la Lombardia storica). La Lombardia etnica, come vedremo più avanti, coincide col bacino del Po ed è il fulcro della nostra nazione; quella etnolinguistica è la Lombardia culturale, spazio della famiglia gallo-italica, che riguarda tutta la Padania occidentale; infine la Grande Lombardia è l’intera Cisalpina, la Lombardia affermatasi nel Medioevo, e in questo senso i cisalpini sono lombardi. Il lombardesimo, dunque, mira all’unificazione, alla coesione e alla solidarietà nazionale fra tutti i lombardi, a partire da quelli etnici per poi allargarsi all’intero ambito lombardo, perché oltre all’etnia lombarda vera e propria esiste un gruppo etnoculturale cisalpino, che accomuna ogni gente della volgarmente detta Alta Italia.

Passandoli velocemente in rassegna, i territori (gran)lombardi sono i seguenti: Insubria, Orobia, Piemonte, Emilia, Romagna (con San Marino e il nord della Regione Marche), Liguria, Trentino, Veneto, Friuli a cui vanno aggiunti Valle d’Aosta, Nizzardo, Monaco, brandelli di territorio di Toscana e Umbria, la Val Monastero, il Tirolo meridionale e la Venezia Giulia storica. Questo è lo spazio storico, geografico, culturale, linguistico, nazionale della Grande Lombardia, che secondo l’ottica lombardista andrebbe tutto quanto redento e inglobato da un etnostato nazional-sociale indipendente e sovrano, finalmente espressione etnica e viva dell’areale padano-alpino. Tutte le genti cisalpine sono chiamate a partecipare alla formazione della res publica granlombarda, a partire dal nucleo fondamentale della patria che è rappresentato dalla Lombardia etnica; sarebbe folle, infatti, limitare il progetto lombardista ai soli occidentali, lasciando che il resto della Lombardia storica se ne vada per proprio conto rischiando di venire riassorbito dall’Italia o da qualche altra entità straniera. Il lombardesimo vuole una nazione unita e forte, in ogni sua parte, perché solo così, e non con inutili autonomismi, si può vincere la battaglia che vale la libertà.

IV – Socialismo nazionale

Ieri parlavamo di comunitarismo come manifestazione concreta e palpabile, nel quotidiano, delle politiche nazional-sociali di uno Stato degno di questo nome. Oggi vediamo da vicino, per l’appunto, il socialismo nazionale, che dovrebbe essere la politica, non solo economica, atta a guidare i destini di un organismo statuale seriamente emanazione della sovranità popolare. Identità, autorità, sovranità, grazie ad un’entità politica nazionale, plasmata dall’etnia, che metta al primo posto gli interessi del popolo indigeno, nel nostro caso grande-lombardo. Parlando di socialismo, ovviamente, non intendiamo alcunché di marxista o neomarxista, bensì un sano collettivismo identitario modellato dal sangue, dal suolo e dallo spirito, e proprio per questo coniugato al nazionalismo (etnico, si capisce). L’istanza sociale deve essere l’interesse precipuo dello Stato, anche per il tramite di presidenzialismo, protezionismo, dirigismo e nazionalizzazione; è la teoria della terza via riproposta nell’oggi, e applicata all’etnostato lombardo che noi lombardisti abbiamo in mente. Certo, anche nel presente abbiamo a che fare con i sottoprodotti bastardi del comunismo e con il demone capitalista, due facce della stessa medaglia mondialista.

È la diuturna lotta del sangue contro l’oro, ma anche contro il progressismo, versione ancor più degenere del bolscevismo in quanto imbastardita dal liberismo. Nell’Europa contemporanea non ci confrontiamo più con il comunismo, morto e sepolto assieme alle altre grandi ideologie del Novecento, ma dobbiamo fare i conti con i veleni prodotti dalla Scuola di Francoforte, e dunque con tutti quei deteriori -ismi che conservano, comunque sia, la matrice che fu del marxismo e del bolscevismo. E poi ci sono il liberalismo, la dittatura del libero mercato, il libertarismo, quindi le derive individualiste, consumiste e capitaliste (sempre materialiste quanto l’arido socialismo di Marx) che pilotano questo corrotto Occidente a guida americana. E purtroppo tali ideologie sono vive più che mai e tiranneggiano la nostra esistenza di lombardi imprigionati dalla gabbia tricolore, colonia Usa-Nato. Il lombardesimo è una dottrina nazional-sociale, mettendo sangue-suolo-spirito in cima a tutto, e come logica conseguenza è una dottrina comunitarista nemica giurata di ogni feticismo per il danaro, il consumo, il progresso, laddove per quest’ultimo si intenda il culto di diritti umani e di diritti civili, che non sono altro che l’ipocrita maschera dell’imperialismo atlantico.

III – Comunitarismo

Il terzo caposaldo identitario del lombardesimo è costituito dal comunitarismo, e cioè da quello spirito di appartenenza, da quella coscienza comunitaria, da quel sentimento patrio che animano una società sana, unita e forte, promuovendo solidarietà tra ogni membro della comunità. È il miglior modo di vivere, nel concreto della quotidianità, il socialismo nazionale che sta alla base delle politiche sociali e comunitarie di uno Stato degno di tale nome, e cioè del futuribile etnostato granlombardo, dando voce ai valori più sacri ed inviolabili su cui si regge una nazione: sangue, suolo, spirito. La nazione, del resto, giustifica lo Stato, perché esso è comunque un traguardo da raggiungere e un bene indispensabile (se retto come si deve). La comunità di popolo deve essere un’oasi nel deserto della contemporaneità inaridita dal grande capitale apolide e dal progressismo variopinto, ma anche la base di una nazione coesa in ogni sua singola cellula, che è poi la famiglia. Comunitarismo è ritornare alle origini, abbracciare il ruralismo, pacificarsi con la nostra più intima dimensione che è quella naturale, senza per questo rinunciare alle migliori conquiste dello sviluppo tecnologico.

Non si tratta, infatti, di ripudiare i lati positivi del cosiddetto “progresso” (termine, in realtà, piuttosto pruriginoso), bensì di coniugarli con la tradizione, nel rispetto del sangue, della terra, della cultura di un popolo, nel nostro caso il lombardo. Saremmo ipocriti se condannassimo in toto il presente vaneggiando di anarco-primitivismo e tribalismo, visto che utilizziamo mezzi di trasporto, infrastrutture, tecnologie, servizi e così via; perciò vale la pena ribadire il concetto: il comunitarismo è la riscoperta della natura accompagnata dalla promozione della solidarietà di popolo, con un robusto senso identitario e tradizionalista e con una netta condanna di tutto il degrado e la perversione figli del nostro tempo. Comunitarismo è lottare, uniti, contro le magagne della società capitalista e consumistica occidentale, contro ogni disvalore libertario e progressista, contro le putride ricadute del feticcio antifascista e antirazzista. Vogliamo edificare una grande comunità nazionale cisalpina formata, a sua volta, da tante piccole comunità espressione di storia e territorio, senza rinnegare il benessere, laddove non comporti degenerazione. In un mondo travolto dalla tempesta, la comunità deve essere il baluardo di una collettività rigenerata, di una palingenesi nazionale, che custodisca gelosamente i principi fondamentali del patriottismo.

L’esperienza del Movimento Nazionalista Lombardo

Movimento Nazionalista Lombardo

Nella prima fase del lombardesimo radicale, ebbi modo di dare vita, assieme ad altri camerati lombardi, a due movimenti politico-culturali, di cui uno tuttora esistente: il Movimento Nazionalista Lombardo, defunto, e Grande Lombardia. Qui tratterò del primo.

Tutto ebbe inizio verso la fine di aprile del 2008. Il mio primo approccio con la politica militata risale ad allora, quando decisi di schierarmi attivamente dalla parte del Fronte Indipendentista Lombardia, partito nato due anni prima e conosciuto grazie ad un forum etnonazionalista, poi chiuso per via delle solite ingerenze.

Ciò mi permise di entrare in contatto con alcuni giovani in gamba desiderosi di battersi per il bene della Lombardia, in particolar modo con Adalbert Roncari. Egli non era un tesserato del Fronte ma, quanto me, conosceva alcuni suoi esponenti.

La mia esperienza frontista, tuttavia, durò praticamente un mese e non produsse, chiaramente, nulla di che; questo perché nel giugno 2008 il FIL, guidato da Max Ferrari, confluì nel solito cartello regionalista pataccaro, questa volta denominato Lombardia Autonoma e capeggiato da uno dei principali legaioli pataccari in circolazione: Roberto Bernardelli.

Essendomi tesserato per l’etnonazionalismo e l’indipendentismo, mandai tutto a quel paese e aspettai tempi migliori, rimanendo in contatto con altri ex frontisti con cui decisi di collaborare, al fine di creare un serio soggetto identitario lombardista.

Questa fase transitoria durò un biennio e nel 2009 conobbi il sunnominato Adalbert Roncari, luinese classe 1988, con cui fu subito intesa. Ne nacque un confronto sincero e schietto che corroborò il reciproco cameratismo, al punto di consolidarsi in una irremovibile posizione etnonazionalista, nonostante il resto dei soggetti con cui si imbastiva il progetto identitario scivolasse inesorabilmente verso il trasversalismo e l’opportunismo politico.

E fu così che, nell’agosto 2010, noi e la combriccola di “indipendentisti-e-basta” giungemmo in rotta di collisione e ognuno andò per la sua strada; questo anche perché i benpensanti non riuscivano a tollerare le posizioni un po’ estreme del sottoscritto, palesate attraverso i miei blog.

Liberati dal fardello politicamente corretto decidemmo, il sottoscritto e il Roncari, di stendere un nostro personale progetto lombardista, abbandonando al loro destino gli ex frontisti da cui poi, per la cronaca, nel settembre 2011, nacque pro Lombardia Indipendenza, movimento assestatosi su posizioni lib-dem e sterilmente indipendentiste, sulla falsariga dei movimenti separatisti storici europei. Ci attivammo subito, altresì, contattando ipotetici compagni di viaggio che potevano tornare utili alla bisogna.

Punti fondamentali del nostro programma erano il panlombardismo, che riunisse tutti i popoli lombardi etnici (insubrici, alpini, orobici, cenomani, padani, subalpini), l’identitarismo etnico – che puntasse all’autodifesa totale dei lombardi, ma anche dei mittel e degli europei – e la caustica critica al cristianesimo, nel quadro di un ridimensionamento filo-pagano dei monoteismi “abramitici”. All’epoca ero fresco fresco di rottura col cattolicesimo e smanioso di dare concretezza a quella che ritenevo una piena coerenza völkisch. Il tutto racchiuso in una Weltanschauung schiettamente etnonazionalista, lombardista e, ovviamente, indipendentista (cioè anti-italiana).

Nome pensato per il soggetto fu “Grande Lombardia”, affinché fosse chiaro da subito il nostro afflato panlombardo, in senso storico ed etno-geografico; simbolo la Croce lombardista, l’integrazione della lombarda Croce di San Giorgio con l’indogermanica ruota solare; esordio ufficiale previsto per il 21 dicembre 2010, capodanno astronomico e vigilia dello sciagurato annus horribilis 2011, anniversario dei 150 anni di baraccone statolatrico d’Italia.

Qualcosa però andò storto e due mesi prima di tale data, il 21 ottobre, la questura di Bergamo vide bene di spedirmi a casa due tizi della digos e due della polizia postale per farmi le pulci e rendermi nota l’indagine per istigazione all’odio razziale e vilipendio a mezzo internet.

Era da mettere in preventivo, chiaramente: da mesi ormai progressisti, liberali, pretaioli, antifascisti assortiti giuravano di farmela pagare per i miei “incendiari” scritti, non avendo nulla di meglio a cui pensare.

Il progetto lombardista ebbe, così, una battuta d’arresto, e io e Roncari decidemmo di attendere tempi più proficui, lasciando che le acque si chetassero.

Nel gennaio-febbraio 2011 riprendemmo in mano il progetto senza mutarlo dal punto di vista ideologico, dottrinale, programmatico, mantenendo come simbolo la Croce lombardista, arricchendola tramite l’impiego del sacrale cromatismo tripartito di origine indoeuropea rosso-bianco-nero, ma cambiando il nome del soggetto in un più concreto ed esplicito “Movimento Nazionalista Lombardo”; in fondo, la vera Lombardia è la Grande Lombardia, e la REGIONE “Lombardia” non è che un troncone di nazione lombarda, neutralizzato, rattrappito e italianizzato fino all’infiltrazione mafiosa.

Presidente nazionale dell’MNL Adalbert Roncari, segretario nazionale il sottoscritto, per evitare problemi (essendo il Sizzi indagato ufficialmente e, successivamente, sotto processo). A ranghi serrati, giungemmo ad una decina di associati militanti, stante la difficoltà ovvia nel reperire tesserati attivi.

Capisaldi ideologici dell’MNL, un movimento metapolitico (senza intenti meramente politici), erano il lombardesimo etnonazionalista, il razionalismo che sempre, puntualmente, manca ad ogni soggetto identitario tricolore o legaiolo, la critica al fanatismo religioso – prestato alla militanza – e ad un certo tipo di metafisica, in particolar modo a quelli di ispirazione semitica.

Insomma: sangue e suolo, popolo e razza, identità e tradizione (slegata dal confessionalismo), i binomi vincenti del Movimento Nazionalista Lombardo (in cui credo ancora, si capisce).

Esso venne alla luce nella luinese Valtravaglia, già parte del nobile contado longobardo del Seprio, il 6 maggio 2011, data mediana tra l’equinozio di primavera e il solstizio d’estate, con i suoi due padri fondatori Roncari e Sizzi; lo scenario uno splendido ambiente naturale poco sopra il Verbano, con tanto di sacre farnie, la cascata della Froda (toponimo celtico) e massi erratici con incisioni solari. Nella sella del Pian Nave, nel comune di Porto Valtravaglia, vicinissima al luogo della fondazione dell’MNL, i nostri antichi padri celtici festeggiavano con roghi e ruote lignee ricoperte di fronde e incendiate il solstizio d’inverno.

Colore sociale dei nostri vessilli e delle nostre divise, impiegati non per scimmiottare corpi paramilitari del passato ma per dare un senso d’appartenenza ad ogni associato e un salutare tocco d’ordine e disciplina al movimento, il grigio plumbeo, colore asettico, razionale, spartano, “prussiano”, che nulla ha a che vedere con il grigiore conformistico, bensì con la virile morale indoeuropea.

Il Movimento Nazionalista Lombardo era un soggetto metapolitico che lottava per l’affrancamento del sentimento nazionale lombardo, riunendo sotto le proprie insegne tutti gli orgogliosi patrioti lombardi; bramavamo la salvazione e la vittoria della Lombardia mediante lombardesimo, nazionalismo etnico, razionalismo, ed indipendentismo mai e poi mai staccato dall’identitarismo Blut und Boden.

Per noi l’indipendenza era un mezzo per raggiungere la totale autoaffermazione lombarda, e non lo sterile fine da perseguire con la bassa cucina politica fatta di compromessi e vittimismo, e trasversale a cani e porci (magari antifascisti).

Tale soggetto durò pochi anni, come si può immaginare, dal 2011 all’autunno 2013, e poté fare solo iniziative simboliche. Essendo esordienti e sparpagliati, con pochi soldi, militanti, risorse – e con idee del tutto impopolari – non si poteva fare altrimenti.

Ciò nonostante facemmo la nostra brava propaganda multimediale, e discretamente noto divenne il canale YouTube lombardista che aprimmo, con le famose “video-prediche” realizzate dal sottoscritto. Qualche spezzone di quei filmati circola ancora in rete.

Venni anche intervistato, come sapete, per il Post di Sofri e Le invasioni barbariche della Bignardi, su La7, esponendomi in prima persona. Il camerata Adalbert preferì una posizione più defilata, concentrandosi su scritti di carattere economico e scientifico pubblicati sui canali ufficiali dell’MNL.

Nell’aprile del 2013, in seguito alla condanna in primo grado per i noti (e ridicoli) fatti ideologici legati a miei blog personali, decisi di togliermi dal movimento per lasciare spazio agli altri contubernali ed evitare di andare a pesare sulle sorti dello stesso, dovendo poi badare ai miei affari giudiziari.

L’associazione si sciolse, comunque, nell’estate di quell’anno e nell’autunno confluì in Grande Lombardia, un nuovo soggetto politico lombardista aperto anche alla Lombardia storica orientale, il Triveneto. Di GL parlerò in un altro articolo.

Nonostante questa esperienza sia durata poco, e sia stata di scarso peso, costituisce comunque una tappa del mio percorso formativo ed è servita a farmi un’idea circa la militanza e l’organizzazione di un movimento politico-culturale. Altresì, a suo modo, fu un’iniziativa rivoluzionaria poiché la Lombardia ha profondamente bisogno del lombardesimo e sono convinto, nel mio piccolo, di aver plasmato e promosso un’ideologia originale, innovativa e, per l’appunto, degna di memoria.

Del Movimento Nazionalista Lombardo, confluito in Grande Lombardia, rimane vivido il ricordo romantico del lombardesimo dei primordi, con l’enfasi etnonazionalista posta sul contesto della Lombardia etnica, e di quello zelo giovanile fatto di sano particolarismo culturale che mi ha portato a gustare intensamente gli aspetti peculiari della mia Urheimat.

Una cosa che faccio a tutt’oggi, chiaramente, inserita nell’ambito grande-lombardo, ma che allora era arricchita da quel rituale völkisch tradizionale condiviso che in un certo senso mi manca, ora, non essendo in alcun soggetto metapolitico, politico o anche solo culturale. Rimango, come è noto, vicino alle posizioni di Grande Lombardia ma per il momento marcio individualmente.

Forse, il retrogusto nazisteggiante del primo movimento lombardista può averne un po’ inflazionato l’efficacia; non si può certo negare che l’MNL abbia raccolto suggestioni nazionalsocialiste. D’altro canto, l’etnonazionalismo affonda le proprie radici in quell’humus etnicistico peculiare dell’epoca a cavaliere tra ‘800 e ‘900 in ambito germanico, debitore del romanticismo Blut und Boden e delle dottrine razziste (razziste in senso originale, si capisce, razziologiche). Oggi dobbiamo, certamente, adoperarci per nuovi modi di testimoniare l’identitarismo, ma senza rinnegare quei principi perenni basati sulla triade sacrale di sangue, suolo, spirito e sull’arianesimo, inteso come recupero e riscoperta del retaggio indoeuropeo. Hitler non ha inventato nulla.

Le plumbee casacche, il saluto lombardista, la simbologia potrebbero anche evocare certi scenari novecenteschi ma in quello stentoreo Salut Lombardia! elevato ai notturni cieli insubrici dal sottoscritto e dai sodali, attorno a crepitanti falò solstiziali, vi era, e vi è, tutta la dirompente potenza del nazionalismo etnico finalizzato all’affrancamento e all’autodeterminazione della nostra vera patria. Non certo l’artificiale Italietta giacobino-massonica, o antifascista, ma la terra di Celti, Galli e Longobardi, la Lombardia.

II – Indipendentismo

Il lombardesimo, in quanto nazionalismo etnico lombardo, è decisamente schierato a favore dell’indipendenza della Lombardia, ovviamente come nazione storica. Sin dagli esordi, ha messo in chiaro che il processo di affrancamento del sentimento identitario cisalpino deve culminare nella liberazione delle Lombardie dall’Italia, e da ogni altro ente sovranazionale mondialista. Da lombardisti, infatti, abbiamo sempre pensato che il primo passo consista nell’opera di divulgazione culturale, relativamente alla nostra vera identità, anteponendo l’etnonazionalismo all’indipendentismo, ma precisando che la Lombardia debba essere una nazione unita, libera e sovrana, perché non ci possono essere ambiguità su questo. Siamo fieramente indipendentisti lombardi, chiarendo comunque che il nazionalismo etnico presuppone l’indipendentismo, ma non viceversa. È risaputo come in Europa e altrove, sovente, l’indipendentismo sia una bandierina agitata da mani progressiste, perché priva di nette connotazioni völkisch. Il lombardesimo non vuole equivoci, in merito, e per l’appunto si definisce anzitutto etnonazionalista, esaltando razionalmente sangue, suolo, spirito. Anche perché, capiamoci: a che pro battersi per l’indipendenza della Lombardia se non si pone seriamente una questione etno-razziale? O forse vogliamo svuotare ‘Lombardia’ e ‘lombardi’ dalla loro squisita accezione di sangue?

L’identità non è solo lingua, cultura, tradizioni, è anche sangue e terra, binomio formidabile del credo etnicista, e dal loro incontro nasce lo spirito, la civiltà di un popolo. In un mondo vieppiù globalizzato perdiamo di vista i connotati schiettamente identitari di una popolazione, arrivando quasi a vergognarci di definirla nazione, pur essendola! E la Lombardia è proprio una nazione, a patto che venga inquadrata nella sua corretta cornice etnica, culturale, storica, sgombrando il campo dalle banalizzazioni generate dalla misera Regione Lombardia, entità artificiale senza storia creata da Roma (basti solo pensare al suo simbolo). I lombardi non sono italiani, laddove per ‘italiani’ si intendano i popoli peninsulari, mediterranei, di influssi greci, di eredità italico-romana od etrusca, e parlanti idiomi italoromanzi. Quella è l’Italia, l’Italia etnica, una nazione ben distinta dalla Lombardia (come dalla Sardegna), e un ragionato indipendentismo lombardo mette le cose subito in chiaro. Ma questo è possibile grazie alla cultura militante, altrimenti ci si ridurrebbe allo spoetizzante padanismo ossessionato dai quattrini.

I – Etnonazionalismo

Il primo caposaldo identitario del lombardesimo è indubbiamente rappresentato dall’etnonazionalismo, soprattutto se corroborato dall’istanza völkisch: sangue, suolo, spirito. Il nazionalismo etnico costituisce il fulcro dell’ideologia lombardista, poiché mette in chiaro che la Lombardia ha un’etnia, un popolo e una nazione. Chi si dice etnonazionalista, ed è serio, prende le distanze tanto dal patriottismo di cartapesta all’italiana quanto dal “nazionalismo” civico alla catalana perché il proprio identitarismo poggia sulle solide basi, summenzionate, del sangue del popolo, del suolo della patria e dello spirito della nazione, ossia cultura e civiltà, nato dall’incontro dei primi due. L’etnia, intesa come insieme di genti coese da cultura, lingua, spiritualità, tradizione e dato biologico, si fa perno di una nazione e nel caso granlombardo tale nucleo è costituito dallo spazio della Lombardia etnica, che coincide col bacino idrografico del Padus. Una nazione degna di questo nome può dunque contare su una omogenea comunità di popolo, altrimenti si tratterà del classico stato-apparato ottocentesco, di ispirazione giacobino-massonica.

Ed è, questa, la natura dell’Italia contemporanea, una finta nazione fondata su di uno Stato che non ha radici etniche e la cui cultura non è altro che un idioma regionale (toscano) elevato a lingua “nazionale” – cioè di un Paese inesistente – unito alla religione cattolica e ad una stantia romanità artificiale. Con tali criteri, fiorentino letterario a parte, potrebbero dirsi italiani tutti i popoli romanzi occidentali. Se proprio vogliamo parlare di Italia riferiamoci all’Italia etnica, ovvero all’attuale centrosud della Repubblica Italiana (con Corsica, Malta e Pelagosa), dove un’etnia, o quantomeno un gruppo etnoculturale, esistono e riflettono un’italico-romanità che sia un minimo sensata. Del resto è pure lo spazio linguistico dell’italoromanzo. L’etnicismo unito al nazionalismo è oggi più che mai doveroso, se vogliamo poter parlare seriamente di nazioni e archiviare esperienze fallimentari come quella tricolore. Il lombardesimo vuole ridare linfa vitale all’etnia lombarda, affinché si faccia volano della nazione e della sua indipendenza.

La dottrina lombardista

Paolo Sizzi, cioè chi scrive, è nel suo piccolo l’iniziatore e il teorico del lombardesimo. Ma che cos’è il lombardesimo? Si tratta dell’ideologia di riferimento sizziana e, nello specifico, è l’etnonazionalismo, ovviamente indipendentista, applicato alla realtà etnica, storica e nazionale lombarda. È il nazionalismo völkisch lombardo, nato nel 2006 ma teorizzato sistematicamente a partire dal 2009, che oltre al contributo fondamentale di Sizzi, il suo padre fondatore, ha ricevuto solidi apporti soprattutto da parte di Adalbert Roncari, lo storico sodale di Paolo. Il pensiero lombardista afferma l’esistenza di una nazione lombarda che travalica gli attuali, angusti, confini della Regione Lombardia (un apparato burocratico italiano) per abbracciare anzitutto il bacino padano, allargandosi poi all’intera Cisalpina. Vi sono, infatti, tre forme di lombardità: etnica, etnolinguistica (o culturale) e storica; quest’ultima allude alla Grande Lombardia e cioè alla nazione cisalpina nella sua massima estensione. E Grande Lombardia è anche il nome dell’associazione politica fondata da Sizzi, Roncari ed altri nel 2013, erede del Movimento Nazionalista Lombardo creato nel 2011.

Il lombardesimo ha 10 capisaldi identitari e 50 punti programmatici, che via via affronteremo. Ciò che conta sapere sin da subito è che non ha nulla a che vedere con il leghismo (anche secessionista) e, di conseguenza, con tutta la paccottiglia bossiano-salviniana rifilata da via Bellerio negli anni all’elettorato leghista. La dottrina lombardista parla di una nazione storica ben definita, a partire dal suo fulcro etnico, e non di una fantomatica Padania (termine che ha un senso solo geograficamente). Altresì, non si propugna secessionismo, bensì indipendentismo: il secessionismo comporta la separazione di una regione dalla nazione di appartenenza, mentre l’indipendentismo indica l’autoaffermazione di una nazione, di un popolo, nei confronti di uno Stato privo di collante etnico e, dunque, nazionale, lottando per la libertà. La Lombardia, infatti, è una nazione senza Stato, mentre l’Italia è uno Stato senza nazione. Noi lombardi non siamo il nord di alcunché, perché non siamo Italia, come mostrano sangue, suolo, spirito. Nei prossimi articoli approfondiremo la natura dei 10 capisaldi identitari dell’ideologia lombardista.