21) Stato di diritto

Separazione dei tre poteri fondamentali tipica dello Stato di diritto: esecutivo assegnato ad un Presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini con sistema maggioritario a doppio turno; legislativo spettante ad un’unica assemblea parlamentare, federale (nel senso che rispecchi l’ordinamento cantonale, relativo alla suddivisione politica della Grande Lombardia), eletta direttamente dai cittadini con sistema proporzionale (unicameralismo); giudiziario attribuito ad una corte suprema eletta anch’essa direttamente dai cittadini con sistema sempre proporzionale. Il potere sovrano deve spettare al popolo con l’unico limite di rispettare il fine ultimo di massimizzazione dell’interesse collettivo della nazione. Di conseguenza, non deve essere lo Stato a legittimare se stesso, ma la nazione a legittimare lo Stato. Chi gestisce la res publica deve essere in grado di farlo in maniera giusta e adeguata; per questo il lombardesimo auspica l’istituzione di apposite accademie atte a formare culturalmente, militarmente e politicamente l’aristocrazia di sangue e suolo (e spirito) che prenda in mano i destini della Grande Lombardia.

A livello di forma di Stato, consideriamo dunque la repubblica etnonazionale, blandamente federale, come la soluzione migliore per garantire una buona governabilità e un giusto grado di autonomia delle principali realtà etnoculturali del Paese. Realtà rappresentate dai cantoni, non più da regioni, che avrebbero soltanto fini statistici e demografici. C’è da dire che le false informazioni e le numerose distorsioni cognitive, cui è soggetto l’intelletto umano, rendono la democrazia canonica a forte rischio fallimentare, per via della manipolazione delle menti più fragili da parte di alcuni individui opportunisti. Noi lombardisti siamo perciò a favore di un sistema presidenziale, dirigista, protezionista, nazional-sociale e corporativista incarnato dalla summenzionata aristocrazia (non in senso “nobiliare” ma etimologico) che sia guida stabile e affidabile per la nazione, senza il bisogno di optare per monarchie o teocrazie fuori dal tempo, le quali rischiano di divenire regimi parassitari lontanissimi dal popolo. I lombardi non sono sudditi di nessuno, e hanno solamente bisogno di uno Stato forte e autorevole, nonché sovrano, che rappresenti al meglio l’essenza etnoculturale della loro patria.

20) Rapporti con gli altri continenti

Partendo dal presupposto che il lombardesimo ha un’ottica euro-siberiana, mirata cioè alla creazione di un grande consesso confederale, imperiale, che raduni tutti i popoli europidi indigeni, dalla Galizia iberica a Vladivostok, si fa strada la questione dei rapporti con le realtà extraeuropee, a partire da quelle di retaggio indoeuropeo. La dottrina lombardista propugna un cameratismo etno-razziale volto alla difesa degli interessi comunitari delle genti bianche autoctone, pensando, per l’appunto, alla sterminata famiglia “eurussa”; al contempo, si sostiene la necessità di una sana collaborazione con il resto del mondo e dei Paesi emergenti, affinché gli vengano imposte eque condizioni di competizione economica (diritti dei lavoratori, inquinamento, uso delle risorse ecc.) e, considerata la massiccia sovrappopolazione del pianeta, la promozione di una perentoria politica di controllo delle nascite, anche nelle terre esotiche. Anche, esatto, perché un razionale orientamento demografico deve partire dall’Europa, affinché vi sia un salutare sviluppo eco- ed etno-sostenibile, unito ad un’intensa opera di respingimenti e rimpatri.

La posizione di Sizzi in materia di rapporti Europa-resto del globo è sicuramente più dura, rispetto a quella di altri lombardisti. Egli propone: fine dell’imperialismo atlanto-americano; salvaguardia del lignaggio caucasoide bianco sparso per la terra; isolazionismo nei riguardi del terzo mondo e delle aggressive economie emergenti (anche per scopi sanitari); condanna di sionismo ed internazionalismo, laddove il primo sia fiancheggiamento e giustificazione dell’esistenza dello Stato di Israele (auspicabile, anzi, è il costante flusso ebraico verso il Medio Oriente) e il secondo un ecumenismo politico prostrato di fronte al feticcio dell’umanitarismo; smantellamento delle basi atlantiste su suolo lombardo e cacciata dell’invasore americano (e del suo ascaro italico); gestione autarchica delle emergenze sanitarie. Fondamentalmente si è concordi su questi punti, ma in taluni tende a prevalere il pragmatismo. Ciò che è certo è che l’interesse nazionale della Lombardia viene prima di ogni cosa, e di conseguenza tutto quello che rappresenta un pericolo per la sicurezza, il benessere e l’equilibrio della nostra terra va combattuto.

19) Lotta alla globalizzazione

La globalizzazione si sta rivelando un disastro per il pianeta, a tutto vantaggio delle tasche di pochissimi pescecani. Per limitare lo spreco inutile di preziose risorse bisogna tornare verso una produzione di filiera domestica della maggior parte delle merci, in un’ottica di economia circolare. A questo proposito, ribadiamo la nostra ferma convinzione circa la necessità di un etnostato presidenziale e sovrano che sappia essere dirigista, protezionista, autarchico, corporativista, animato dal socialismo nazionale e dalla sua propaggine etnico-culturale: il comunitarismo. La lotta contro lo status quo mondialista va portata sino in fondo, e le ingerenze straniere negli affari nazionali della Grande Lombardia vanno azzerate. Non è solo una questione ideologica, ma anche scientifica: la ragione umana e il metodo scientifico sono i migliori strumenti per ottenere una conoscenza e una comprensione della realtà fisica più oggettive possibile (razionalismo), osservando e analizzando la natura per cercare di coglierne maggiormente i meccanismi di funzionamento ed edificare così quella che è la nostra Weltanschauung.

L’opposizione alla globalizzazione, dunque, è dettata da ciò che noi chiamiamo etno-razionalismo, vale a dire il binomio tra etnonazionalismo völkisch e razionalismo (etnonazionalismo razionale, insomma), e questo perché non solo l’ideologia ma anche l’approccio scientifico ci inducono a contrastare le derive mondialiste, che vorrebbero portare ad un unico Stato globale sotto forma di sterminata multinazionale politica. Questo ordine di cose è ostile alla natura, e dunque allo stesso concetto – positivo – di umanità, poiché la globalizzazione a lungo andare porterà il pianeta terra al collasso, e in parte lo ha già fatto. Del resto, il mondialismo non è solo internazionalizzazione, esportazione di “valori” occidentali, tirannia del grande capitale apolide, imposizione di usi e costumi americani in nome di una libertà di cartapesta buona soltanto per rimpinzare l’epa del consumismo e del materialismo, industrializzazione selvaggia (con tutte le sue ricadute): è anche la globalizzazione delle nefaste idee collegate all’antifascismo, all’antirazzismo, al laicismo e all’anarco-individualismo, e cioè a quanto calpesta sangue, suolo, spirito creando quei tentacolari mostri inquinati, sovrappopolati, cementificati, multirazziali e appestati da criminalità e degrado che sono le metropoli statunitensi ed europee.

18) Irredentismo granlombardo

A seguito di diverse vicissitudini storiche, purtroppo alcuni dei territori granlombardi sono oggigiorno sotto il governo di entità straniere (fermo restando che anche la Repubblica Italiana è un’entità straniera, si capisce). Per tale ragione è necessario lavorare affinché vengano restituite alla loro madrepatria le seguenti terre: Moncenisio, Valle Stretta, Monginevro, Nizzardo, Briga e Tenda (sotto la Repubblica Francese), che ricadono nell’ambito piemontese e ligure; Montecarlo (MC), areale ligure; Sempione, Canton Ticino, Mesolcina, Val Bregaglia, Val Poschiavo, Val Monastero (sotto la Confederazione Elvetica), che fanno parte del dominio insubrico, orobico e tirolese primigenio, cioè retico cisalpino; Goriziano, Litorale, Carso, parte della Carniola interna (sotto la Repubblica di Slovenia), che ricadono nell’ambito giuliano così come Istria, Fiume e Quarnaro (sotto la Repubblica di Croazia); San Marino (RSM). Sono tutti territori geograficamente cisalpini, anzitutto, parte integrante del quadro padano-alpino che va dal fiume Varo al Monte Nevoso e dal San Gottardo al fiume Misa.

Hanno, inoltre, un carattere etnico primigenio granlombardo, anche se in taluni casi quasi del tutto sommerso dall’elemento etnico più recente. Sul versante occidentale, il dato ligure (o piemontese) si mescola con quello arpitano e, soprattutto, occitanico, subendo altresì la francesizzazione; sul versante centrale, persiste l’elemento indigeno insubrico-orobico, così come quello romancio (che, a ben vedere, appartiene etnolinguisticamente alla Cisalpina, anche se in parte distribuito su territori transalpini); infine, sull’orientale, elementi friulani e veneti sopravvivono alla pressione, che ormai è predominanza, dell’elemento slavo, contando soprattutto sul venetismo coloniale, e sullo sparuto idioma istrioto. San Marino è, ovviamente, un frammento di Romagna, per quanto indipendente, e ad essa va ricongiunto. Queste terre appartengono, oggi, a potentati stranieri, ma la madrepatria granlombarda non se la passa meglio, essendo sotto la Repubblica Italiana, espressione statuale di una nazione inesistente. Quindi l’irredentismo granlombardo, e panlombardo, deve anzitutto passare per la liberazione del grosso della Grande Lombardia, per poi puntare ad un’azione diplomatica che riporti i territori summenzionati nella sfera nazionale e politica cisalpina.

17) Uscita dalla Nato

Con la fine della guerra fredda, la Nato è passata da teorica alleanza difensiva contro il blocco sovietico a palese strumento di azione aggressiva dell’imperialismo americano, in Europa e in Medio Oriente. Per giunta, la grottesca giustificazione di questa banda di guerrafondai è quella di voler esportare la libertà, tentando goffamente di nascondere sotto al tappeto le evidenti malefatte dell’organizzazione atlantista. Bisogna dunque uscire dallo sciagurato Patto Atlantico, che del resto è al servizio di un unico padrone, quello americano, e riportare il controllo delle basi militari su suolo lombardo a favore delle forze armate granlombarde. L’occupante statunitense va cacciato, assieme al suo ascaro italico, e la sovranità militare sulla Grande Lombardia va restituita ai legittimi proprietari di questa terra, che sono i lombardi. I “nazionalisti” tricolori ritengono che l’indipendenza della Lombardia sia un favore al mondialismo e alle organizzazioni sovranazionali; peccato che sia proprio la loro Italietta ad essere pedina di Usa, Nato, Ue, in quanto stato-apparato di matrice giacobino-massonica che di nazionale non ha alcunché.

La Nato è espressione dell’Occidente a trazione yankee, e di tutti i suoi disvalori. Il “mondo libero” di cui parlano non è altro che una società pervertita e degenerata animata dall’ossessione per il denaro, il consumo, il progresso e lo sviluppo – quindi per il capitalismo – in cui i popoli sono schiavi dell’affarismo e dell’alta finanza, e privati della vera sovranità nazionale. Il concetto di libertà euro-atlantico è soltanto una patetica menzogna frutto dello sfrenato individualismo all’americana, poiché le nazioni europee occidentali non sono affatto libere. I padroni dell’Europa ridotta ad Unione Europea si inventano, di volta in volta, dei nemici che incarnerebbero il peggio del pianeta, e questo solamente perché fieri avversari del marasma variopinto, tenuto assieme dal feticcio del grande capitale, che viene rappresentato dalla società occidentale. Oggi come ieri il “mostro” è la Russia, e l’attualità ci illustra alla perfezione la campagna d’odio mossa dagli atlantisti contro Mosca. Ma noi lombardisti sappiamo bene dove e a chi guardare, per il nostro futuro geopolitico, e questo qualcuno non si trova oltreoceano: la nostra vocazione è l’Euro-Siberia, e la Russia ne è parte fondamentale.

16) Europa dei popoli

Sarebbe auspicabile una riforma dell’Unione Europea che la trasformi da mera accozzaglia di Stati autoreferenti, gravitanti attorno a Francia e Germania contemporanee, a vera e propria confederazione di popoli, di vere nazioni, che possano collaborare tra di loro per difendersi dalle ingerenze esterne e affrontare le sfide poste dagli altri continenti. Nel caso ciò non sia possibile – ed è estremamente probabile che non lo sia – meglio abbandonare senz’altro la Ue piuttosto che rimanere pedine al servizio dei tecnocrati di Bruxelles. Il lombardesimo crede nell’Europa come grande famiglia di genti europidi, non come ammucchiata di entità senza nazione tenute assieme dall’idolatria per l’alta finanza, e dal culto per le fantomatiche radici illuministe del nostro continente. In questo senso guardiamo alla Russia, non oltreoceano, perché anch’essa parte dell’Europa (almeno fino agli Urali), e perché imprescindibile alleato al fine di dare vita ad un formidabile consorzio imperiale euro-siberiano che inglobi tutta la Federazione Russa. Naturalmente Mosca deve abbandonare la visione asiatista e concentrarsi sulla razza bianca, sentendosi appieno Europa. Va altresì detto che la Lombardia etnonazionalista deve farsi promotrice di questo salutare cameratismo razziale, badando anzitutto alla sua dimensione naturale, che riguarda le realtà dell’arco alpino.

La Grande Lombardia, ad ogni modo, ha il dovere di uscire da ogni ente sovranazionale mondialista e da qualsiasi organo cosmopolitico nemico della sovranità popolare ed economica delle nazioni europee, a partire da Ue, Nato, Onu. Contestualmente, i lombardi devono espellere banche internazionali, multinazionali e lobby, abbandonando oltretutto il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. La Lombardia è parte del cuore dell’Europa, e cioè dell’ambito continentale celto-germanico (o gallo-teutonico), nonché terminale meridionale della cosiddetta Banana blu¹; questo fulcro, anche etno-razziale, europeo ricorda l’Europa carolingia e il Sacro Romano Impero e va da sé che abbia tutte le carte in regola per costituire la classe dirigente, il cervello, dell’Euro-Siberia. Il baraccone blu-stellato del Benelux va sostituito da una confederazione di popoli che si regga sulla civiltà imperiale del nostro continente, sui valori immortali di identità e tradizione, sulla sacrale triade di sangue-suolo-spirito. Lo spazio euro-siberiano sarebbe, così, una sterminata famiglia europide (la subspecies è sempre fondamentale) avente il necessario peso geopolitico e la basilare autarchia sulle materie prime e sui componenti per le tecnologie di produzione dell’energia.

¹ Per chi non lo sapesse, dorsale di sviluppo demografico ed economico dell’Europa occidentale, in gergo giornalistico.

15) Bandiera, stemma e inno

Adozione delle Croci padano-alpine (Sangiorgio e Sangiovanni), unite allo Swastika camuno, quale bandiera nazionale e del Ducale visconteo (Biscione e Aquila imperiale) quale stemma nazionale. Per i pregevoli richiami alla nostra patria, l’inno migliore per la Grande Lombardia è il brano O Signore, dal tetto natio, tratto dall’opera I Lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi, ovviamente tradotto in milanese classico volgare emendato. La simbologia lombardista offre spunti molto interessanti per poter rappresentare al meglio la nostra nazione, e il suo Stato, lasciandosi così alle spalle il piattume astorico e anti-identitario italiano. I simboli lombardi sono potentissimi e meritano la giusta riscoperta e valorizzazione, senza inventarsi a tavolino soluzioni prive di ragione, storia e identità. La Croce di San Giorgio, emblema guelfo, simboleggia la secolare anima comunale delle Lombardie, nonché la Lega Lombarda e città di primissimo piano quali la capitale Milano, Genova, Bologna, Padova e molte altre; la Croce di San Giovanni Battista, simbolo ghibellino, incarna icasticamente il prestigio imperiale, ed è insegna di altrettante città quali la capitale morale Pavia, Como, Novara, Lugano e così via.

Le Croci granlombarde sono un tipico esempio di simbologia e vessillologia cisalpine, unite al classico cromatismo nostrano bianco-rosso, perché insegna di una moltitudine di comuni padani. Ad esse uniremmo più che volentieri il citato Swastika camuno, simbolo del lombardesimo, in quanto riflesso delle nostre radici indoeuropee, basato su plurimillenari petroglifi della Val Camonica. Il Ducale visconteo è, invece, il miglior stemma perché unisce le due identità storiche granlombarde, nazionale ed imperiale (cioè europea, segnatamente gallo-teutonica, centrale), riecheggiando il potentato milanese dei Visconti e la dimensione del Sacro Romano Impero, cui la Lombardia ha sempre appartenuto. Il Biscione è emblema etnico del popolo lombardo, e deve assumere dimensione panlombarda. Ci sarebbero altri simboli gloriosi da citare: la Scrofa semilanuta insubrica, il Sole delle Alpi celto-ligure (e anche longobardo), il Leone di San Marco e poi tutti gli altri vessilli e stemmi locali, rivestiti di splendente concretezza e antichità e preferibili a qualsiasi trovata alla tricolore. E per quanto concerne l’inno nazionale, lasciateci dire che il capolavoro del Verdi menzionato sarebbe la soluzione ideale, migliore anche del Va, pensiero, che sa un po’ troppo di giudaismo.