La gentilità: alle radici dell’Europa

Ormai il punto di vista lombardista sulla questione religiosa e metafisica è chiaro: la linea ufficiale è l’etno-razionalismo, e cioè l’unione di etnonazionalismo e razionalismo, poiché la patria viene prima di ogni cosa, e la ragione è il faro che ci deve guidare lungo il cammino della nostra esistenza. Il lombardesimo crede fortemente nel valore della natura, della scienza, della razionalità, inquadrando lo spirito come dato umanistico e culturale di un popolo, frutto dell’unione comunitaria delle “anime” degli individui, e concependo una forma di materialismo assennato, al netto delle esagerazioni giacobine, che metta al centro di tutto il valore del sangue e del suolo, dunque di etnia e razza.

Il lombardista reputa la religione fatto alquanto secondario, e non intende perdersi in dispute circa l’aria fritta e il sesso degli angeli. Tendenzialmente, l’ottica è dunque atea e/o agnostica, distaccandosi comunque dalle posizioni squallide e banali del relativismo e del progressismo, ed è chiaro che l’etno-razionalismo riassuma alla perfezione la nostra visione del mondo, laica ma non laicista in senso “acido”. Detto questo, come già avemmo modo di affermare, nulla ci impedisce di simpatizzare per i veri culti tradizionali dell’Europa, che sono quelli pagani, assai preferibili al monoteismo semitico che ha generato lo stesso cristianesimo. Comprendiamo i bisogni spirituali che il popolo lombardo potrebbe avere – per quanto una rieducazione atea sia l’ideale -, e per tale ragione sosteniamo una soluzione gentile.

Il paganesimo ci parla della più intima essenza del nostro continente, dei nostri padri, della genuina identità indoeuropea che anima le nostre nazioni. A differenza del giudeo-cristianesimo, o dell’islam, esso ha una stretta connessione con il sangue e il suolo – e per noi questo elemento è basilare – e ripudia le fole universaliste, egualitariste, umanitariste. Solo il paganesimo può essere un accettabile mezzo spirituale, che assecondi le mire del lombardesimo e contribuisca a rafforzare il credo e la fedeltà alla Grande Lombardia, una terra ariana le cui radici celtiche, gallo-romane e longobarde depongono a favore del culto primigenio.

Siamo d’accordo: la nostra identità è anche cristiana, cattolica, e certamente abbiamo ereditato un importante patrimonio culturale e spirituale dall’evangelizzazione. Tuttavia, il cristianesimo non coincide con gli obiettivi del nazionalismo völkisch, e resta pertanto un corpo estraneo, incistato nell’Europa, volto all’adorazione di un inesistente dio ebreo, del suo sedicente figliuolo e di un mondo profondamente alieno all’ethos indoeuropeo. Per quanto la religione di Cristo sia rimescolata con elementi di origine pagana, è inutile prendersi in giro: essa è un prodotto del Medio Oriente, sorella di giudaismo e maomettismo.

Alla luce della matrice ebraica, della vocazione universalistica, e della natura parassitaria della Chiesa (lo avremo alfine imparato, dopo circa 2.000 anni!) è d’uopo recidere il nefasto legame che ci congiunge ai culti del deserto, anche per via di una morale da masochisti che mortifica la solarità ariana e gli attributi eroici della prisca Europa. Il cristianesimo? Incompatibile con etnonazionalismo e lombardesimo, sebbene radicato nel nostro territorio. Ma, pur non sposando una traiettoria anticristiana in chiave empia, siamo dell’idea che il cattolicesimo vada abbandonato, considerando, oltretutto, la mortale connessione con Roma, sostituendolo, per chi ne senta l’esigenza, col paganesimo. I lombardi possono soddisfare, grazie alla riscoperta e alla rinascenza della gentilità, l’ipotetica sete di spiritualità, e il lombardesimo può contare su di un valido alleato etnicista che non tradisca mai la patria. La religione, mero prodotto culturale dell’uomo, diviene tollerabile soltanto se promuove la coscienza patriottica e comunitaria, e non mostra vincoli di sorta con un pensiero estraneo alla schietta civiltà aria.