
Quale futuro per la nostra amata nazione?
Oggi la Lombardia tramutata in regione artificiale dello stato italiano, e priva dei suoi restanti territori etnici e storici, versa in condizioni critiche per colpa del sistema-Italia e del sistema-mondo che l’hanno ridotta ad una babele, barbaricamente sovrappopolata, inquinata e cementificata.
Avanti di questo passo non ci può che essere l’ecatombe di quel che rimane del nostro povero popolo, soprattutto nelle zone peggiori che ruotano attorno alle grandi città come Milano, Brescia, Monza e Bergamo.
Del tutto inutili partiti e movimenti d’opinione di matrice vetero-leghista o autonomista, perché la loro attenzione cade esclusivamente su questioni economiche e sociali che alla lunga risultano banali, piccole piccole, irritanti, come se il problema globalista si riducesse a faccende pecuniarie e di benessere materiale; non serve a nulla quel soggetto politico che se ne frega del sangue e del suolo, dello spirito della nostra patria, appiattendo tutto sul piano del capitale. E poi, ovviamente, l’autonomismo è soltanto una farsa propagandistica e finanziaria: la vera Lombardia ha bisogno di indipendentismo.
Diversamente, l’accento va posto proprio sul problema etnico, ambientale e culturale della Lombardia, che ogni giorno che passa viene lentamente divorata dagli agenti internazionalisti del cosmopolitismo genocida, dell’egualitarismo, del terzomondismo, del pietismo, del capitalismo sfrenato, del progressismo, del liberalismo dei neo-con e degli schiavi dell’eresia giudaica vaticana.
Calci nel sedere a chi ci consegna nelle grinfie del mondialismo, svendendoci per denari imbrattati dal sangue del nostro innocente popolo, macellato dai burattinai dello status quo; tenetevi il vostro progresso, la vostra ricchezza, la vostra democrazia, la vostra tecnologia se questi comportano la distruzione della terra cisalpina e l’inesorabile genocidio dei granlombardi, sacrificati dai sacerdoti abramitici sull’altare del moloc finanziocratico, in nome dei peggiori disvalori modernisti tutti basati sul culto del soldo, sul consumismo, sull’edonismo, sul rovesciamento dell’ordine e della moralità di stampo indoeuropeo (di quella cristiana ce ne freghiamo altamente).
Non ci può essere alcun roseo futuro per la Lombardia, avanti di questo passo.
Si prefigurano scenari desolati e desolanti in cui a farla da padrone saranno gli allogeni, gli squali, i rossi contemporanei, i banchieri, e tutte le marionette del politicamente corretto e dell’ideologia woke sul libro paga della sovversione universalista, dunque gente come i preti postconciliari.
La nostra nazione, anche solo nella sua versione monca, sarà letteralmente sbranata dall’industrializzazione selvaggia, zavorrata dall’immigrazione incontrollata e dal dilagante meticciamento, avvelenata dall’inquinamento di ogni tipo e dalla cementificazione, oppressa dallo squilibrio demografico rappresentato da milioni di immigrati che schiacciano quella che oggi è ancora maggioranza, ma un domani? Che poi, in certe zone insubriche, maggioranza non è più.
La Lombardia, come il resto dell’Europa avanzata, finirà stritolata dal “progresso”, e non solo nelle città e nei loro hinterland, ma anche nelle loro province, financo nei territori collinari, montani, selvaggi, oggi incontaminati quasi del tutto. Ma ancora per quanto?
Se continueremo a lasciarci prendere pel naso dall’Italietta repubblicana, dallo stellato panno della Ue, degli Usa, di Israele, dalla Chiesa e dal cristianesimo e da ogni nefasta ideologia relativista, il nostro destino apparirà inevitabilmente segnato, e per la Lombardia sarà la fine: ogni traccia di identità e tradizione sparirà col suo popolo e lo stesso suolo patrio cambierà nome e connotati per sempre, ridotto a succursale delle agenzie apolidi che spacciano globalizzazione per benessere eco- ed etno-sostenibile.
Nel medesimo modo anche Lega Italia, leghe patacca e finti indipendentisti servi della Ue e dei suoi principali scagnozzi contribuiscono al genocidio (o auto-genocidio?) lombardo, perché ormai totalmente disinteressati alla questione etnica, e tutti indirizzati alle ben più comode e quiete mene economiche; la Lombardia deve assolutamente liberarsi da Roma ma cambiare bandiera senza cambiare, parimenti, la condizione delle genti, equivarrebbe comunque a rimanere tra gli artigli dei nemici atlantisti e mondialisti. Diffidate di chi vi spaccia autonomie e secessioni, prive di autoaffermazione identitaria, per libertà, poiché la stirpe viene prima dei quattrini.
Non mi stancherò mai di dirlo: più urgente dell’azione politica è quella culturale, dottrinaria, filosofica, metapolitica, in chiave lombardista, perché solo così abbiamo l’opportunità di rigenerare, in direzione völkisch, la res publica. Una politica lombarda che la faccia finita col cialtronesco fenomeno leghista e, soprattutto, con quella stucchevole concezione fascio-nazionalista, in senso tricolore, spesso e volentieri veicolata dagli allogeni italiani. La Lombardia non è Italia, Roma è una capitale straniera, ed è tempo di battersi, senza più equivoci, per l’affrancamento identitario, tradizionale e comunitario delle plaghe alpino-padane.
Solo con una salutare rieducazione dei lombardi alla presa di coscienza etnicista, specie dei più giovani, si può pensare seriamente di salvare il salvabile sconfiggendo i diuturni nemici delle vere nazioni, perché anche se tutto pare contro di noi nulla è perduto finché vi saranno lombardi e lombarde pronti a combattere per la vittoria e la salvazione di sé stessi e della comunità nazionale cisalpina.
Ci sono centinaia di associazioni che si occupano di (innocua) cultura, ambiente, flora e fauna, beni artistici, cibo, volontariato ecc., ma ce ne fosse una che si batte per la cosa più importante di tutte: la consapevolezza di avere nelle proprie vene sangue lombardo, con tutte le ovvie implicazioni in termini di spirito d’appartenenza.
Eh no, sarebbe “razzismo”, perché chi comanda ci vuole divisi, rimescolati, smemorati, privi di identità e tradizione, senza lingua e cultura, e dunque deboli e sradicati: solo l’identitarismo etnico, dunque l’etnonazionalismo, avversa il mondialismo e i suoi diabolici scherani.
Insubrici, orobici, emiliani, piemontesi, uniti a romagnoli, liguri, tirolesi, veneti, friulani, giuliani (in una parola cisalpini) fanno tutti parte della medesima inclita nazione, che è la Grande Lombardia; appartenervi non è mica una vergogna sapete? O preferite davvero svendere una delle regioni storiche che è parte del cuore della civiltà europea per lasciarvi lavare il cervello dalla retorica e dalla propaganda italianiste, incentrate su caratteristiche che appartengono solo ed esclusivamente agli italiani etnici, al centrosud?
Non siamo italiani, svizzeri, austro-ungarici, francesi periferici, tedeschi di serie B, bensì lombardi e abbiamo il diritto, ma soprattutto il dovere, di combattere a spada tratta contro ogni nemico che ci impedisce di realizzarci e di liberare la Lombardia dal giogo forestiero, pseudo-nazionale o internazionale che sia, il quale alla lunga ci conduce alla tomba per sfinimento.
Viva l’Italia? Ci può stare, ma senza di noi, per il semplice fatto che non siamo italiani (se non, purtroppo, politicamente, ad oggi); l’attuale stato italiano rappresenta soltanto la Saturnia tellus, e dunque il centrosud genuinamente italico, e nella Cisalpina ha posto in essere una sorta di occupazione e colonizzazione, a scapito dell’elemento indigeno. A Roma sanno benissimo che la Padania non sia sorella della penisola, ma a certe latitudini fa indubbiamente comodo poter mungere l’antica Gallia a sud delle Alpi…
Vogliamo essere lombardi in tutto o per tutto o continuare a fungere da muli che pensano solo a sgobbare e a fare soldi, in nome del catastrofico mito del fatturato?
Se la Lombardia si vuole salvare ha unicamente una via, da dover percorrere, ed è quella dell’etnonazionalismo, logicamente indipendentista, che mediante comunitarismo e pensiero völkisch, nonché razionalismo mai sganciato dal Blut und Boden, si batta per l’autodeterminazione etnica del popolo lombardo, magari all’interno di una sacrosanta cornice confederale euro-siberiana, la nostra grande famiglia imperiale. Una nazione è un insieme di popoli relativamente omogenei e compatibili, e non si può negare che dopo 4.000 anni di storia esista una nazionalità padano-alpina plasmata dal Mediterraneo settentrionale, dalle Alpi, dagli indoeuropei Celti e Veneti, dalla romanità assorbita dai Galli di Cesare, e infine dai Longobardi del Regno. Da cui la Lombardia medievale, storica.
Quella suindicata è una via irta di ostacoli, certo, ma quale cammino che valga la pena di battere non lo è?
Ciò che è facile il più delle volte è anche fallace; ciò che invece è difficile è meritevole di essere affrontato e di essere domato, grazie ad una incrollabile fame e sete di verità, libertà, sicurtà. I separatismi alla leghista, farseschi e meramente dettati da questioni economiche e di welfare, si macchiano di meretricio progressista o liberista. Ma qui non si tratta di separare alcunché, dal momento che la nazione lombarda non è il nord di un bel nulla.
Lottiamo per una Lombardia lombarda, non italiana o europea in senso artificiale, libera da Roma e da ogni altro ente mondialista. Solo così potremo garantire ai nostri figli e ai posteri un avvenire radioso fatto di identitarismo, tradizionalismo, nazionalismo etnico, sotto l’egida della vera Europa dei popoli, delle reali nazioni indoeuropee, che non è la caricaturale Europa degli stati-apparato ottocenteschi, o dei francobolli libertari cari a leghisti e “handipendentisti”.
Lombardia aria, gentile, unita in tutte le sue parti, e ovviamente europide, fino alla vittoria e alla palingenesi patriottica!
