
Pubblicherò, per qualche soledì, alcuni articoli sulla storia della Lombardia, soffermandomi in particolare sul cuore insubrico-orobico della nostra nazione. A seguire, degli scritti storici circa Bergamo e la Bergamasca.
La “Lombardia” del Pliocene (l’epoca più recente dell’era cenozoica o terziaria, fra i 5 e i 2 milioni di anni fa) aveva un’estensione territoriale differente da quella attuale.
Mentre l’arco alpino era ben definito, la Pianura Padana era ancora del tutto assente. Questa deve la sua formazione al deposito dei detriti portati a valle dal fiume Po e dai suoi affluenti nel corso dei milioni di anni successivi fino ad oggi; inoltre, alla spinta tettonica che la placca africana esercita contro la placca europea [1]. Tale spinta, nel corso delle centinaia di migliaia di anni, ha fatto sollevare la crosta terrestre dell’Europa, e in particolar modo dell’Appenninia e della Lombardia, di alcune decine di metri.
Questi due fattori combinati insieme hanno fatto sì che al posto dell’Adriatico, che occupava il Golfo Pliocenico Padano, abbiamo oggi una verdeggiante pianura tra le più fertili e ricche (purtroppo anche inquinate e cementificate, conseguenza, non da ultimo, della sovrappopolazione immigrata) d’Europa.
Durante l’ultima glaciazione (Würm), quella che interessò le Alpi tra i 110.000 e i 12.000 anni fa, la Lombardia alpina e prealpina presentava compatte calotte glaciali e ghiacciai montani. I ghiacciai montani e pedemontani modellavano il territorio asportando virtualmente tutte le tracce delle precedenti glaciazioni di Günz, Mindel e Riß, depositando morene di base e morene terminali di differenti fasi di ritrazione, e accumuli di löss (argille sabbiose finissime e giallastre di origine eolica), e spostando e ri-depositando le ghiaie attraverso i fiumi che scendevano dai ghiacciai. Al di sotto della superficie, essi ebbero un’influenza profonda e duratura sul calore geotermico e sulle tipologie di flusso delle acque sotterranee.
I celeberrimi laghi prealpini lombardi si formarono proprio in questo periodo, dalla ritirata dei ghiacciai.
Durante l’ultima glaciazione, va anche detto che la Val Padana appariva decisamente decentrata ed estesa rispetto ad oggi, tanto che il Po sfociava nell’Adriatico all’altezza di Ancona.
Le prime tracce circa la presenza dell’uomo nella Cisalpina rimontano al Paleolitico. La presenza dell’Uomo di Neanderthal è dimostrata da ritrovamenti risalenti a 50.000 anni fa, sebbene scarsi rispetti al resto d’Europa. La comparsa dell’uomo moderno, invece, è da attribuire a 34.000 anni fa (Paleolitico superiore), stando ai reperti.
Nel Neolitico (VI millennio avanti era volgare) si cominciano ad intravvedere le prime forme concrete di civiltà , grazie alla diffusione della ceramica impressa. Si affermano i manufatti di origine ligure anariana, e gli individui appartenenti a questo filone artigianale possono dirsi di tipo mediterraneo. La Cultura della ceramica cardiale si originò, però, nel Levante e giunse in Padania dai Balcani, innestando nella mediterranea, e arcaica (cromagnoide), valle del Po il tipo dinarico.
Il Neolitico è il fondamentale strato lombardo, da un punto di vista genetico, ed è quello che accomuna, in senso mediterraneo e (meno) levantino antico, l’Europa sudoccidentale. La principale differenza etno-razziale fra gli “italiani” deriva dal fatto che più si scende verso il Mediterraneo e più si riscontrano influssi egeo-anatolici e mediorientali, anche recenti (età romana imperiale e tardo-imperiale). Naturalmente, le componenti anatolico-caucasiche e levantine degli italiani etnici meridionali non fanno di essi fratelli di coloro che abitano oggi Asia Minore e Medio Oriente, perché recate da genti mescolatesi con gli indigeni; altresì, Arabi [2], Ebrei, Saraceni, Ottomani hanno influito superficialmente, a livello genetico, sull’Ausonia, poiché essa deve il suo genoma esotico principalmente a popolazioni greche e coloni levantini di età romana.
Gli uomini neolitici, dediti ad attività agricole, erano organizzati in società matriarcali incentrate su figure femminili, non solo a livello gerarchico e sociale ma anche culturale: culti ctoni, lunari, legati alla fertilità , al ciclo delle stagioni e alla Madre Terra, la Dea Madre: tutto da lei nasceva e a lei ritornava (quindi, rito funerario dell’inumazione) [3].
Erano società pacifiche, imbevute di artisticità , artigianato, raffinatezza, ricchezza e benessere. Per quei tempi, si capisce.
Gli oscuri Liguri, popolo di base preindoeuropea che si estendeva dalla Francia sudoccidentale alla Toscana settentrionale, erano eredi di questa temperie culturale, anche se nel tempo furono indoeuropeizzati. Il loro endoetnonimo, secondo gli storiografi antichi, era Ambrones, palesemente indoeuropeo, e facilmente accostabile a quello degli italici Umbri e degli omonimi Ambrones germanici. Dovrebbe ricollegarsi al celtico *ambr- e al latino imber, che significano ‘acqua, pioggia’, e quindi anche ‘fiume, torrente’. Â
Durante l’Età dei metalli, comparve nel cuore della Lombardia la Cultura di Remedello (III millennio a.e.v.). In questa fase (Età del rame), abbiamo i prodromi delle prime vere grandi civiltà protostoriche cisalpine. Elementi caratteristici del periodo sono i megaliti (statue stele, statue-menhir in Lombardia) e il vaso campaniforme.
La protostoria europea cominciò proprio col Calcolitico e arrivò fino all’Età del ferro, passando per quella del bronzo.
L’Età del rame, di Remedello, vide il fiorire del megalitismo anche in area padana, dove la Val Camonica cominciò ad emergere culturalmente grazie alle stele antropomorfe; sul finire del Calcolitico, comparve la Cultura del vaso campaniforme, che portò in Lombardia elementi di origine franco-iberica e centro-europea (delle avanguardie indoeuropee, in questo caso). La fase finale di Bell Beaker (all’inglese) fu infatti indoeuropeizzata nel Centro Europa, entrando in contatto con le ondate ariane provenienti dalle steppe ponto-caspiche. Pare che il tipo fisico di questa cultura fosse brachicefalo, sul dinarico.
La civiltà camuna esplose nell’Età del bronzo (II millennio a.e.v.), producendo le celeberrime incisioni rupestri (principiate comunque nel Mesolitico), dove cominciarono a comparire i primi simboli solari e guerrieri di origine ariana penetrati in Padania dalle Alpi Centro-Orientali. I Camuni erano, di base, un popolo alpino reto-ligure (i Reti erano dei tirrenici al pari degli Etruschi, ma senza influssi anatolico-caucasici recenti), certamente arianizzato soprattutto nel Ferro. A sud della Camunia, erano attestati gli Euganei, una popolazione ligure, o alpina [4]. Altro popolo alpino del Bresciano erano i Triumplini.
Reti erano pure i Vennoneti della Valtellina, e non a caso parte delle suddette incisioni sono state trovate anche nel settore orientale della provincia di Sondrio.
All’Età del bronzo appartiene pure la Cultura di Polada, che interessò soprattutto la Lombardia orientale, intrisa di elementi “mittel” di filiazione indoeuropea.
Finalmente, nella tarda Età del bronzo (XIII secolo a.e.v.), ecco la Cultura dei campi di urne, indoeuropea, proveniente dall’area centro-orientale dell’Europa, che in Lombardia trovò linfa vitale grazie a Canegrate e al proto-Golasecca, in Insubria. Nella Bassa lombarda, invece, si fece sentire l’influenza protovillanoviana, e poi villanoviana (etrusca), di culture collegate ai proto-Italici e ai proto-Latini, senza dimenticare le terramare, fra Regione Lombardia e Regione Emilia-Romagna.
La Cultura di Golasecca (prima Età del ferro, preceduta dalla fase protogolasecchiana del Bronzo finale) andava dal fiume Sesia al Serio ed era proto-celtica/celtica, emanazione di quella di Hallstatt; riunì elementi delle precedenti Culture di Polada (Liguri palafitticoli indoeuropeizzati), della Scamozzina (Liguri indoeuropeizzati) e di Canegrate (Celto-Liguri) nascendo attorno al XII secolo avanti era volgare, e vide come protagonisti gli Insubri pre-gallici, gli Orobi che fondarono Como, Lecco e Bergamo, e i Leponzi stanziati nel Ticino [5]. Costoro, fondendo caratteristiche mediterranee e preindoeuropee liguri con l’identità indoeuropea, virile, solare, guerriera, nordica, gettarono le basi della Lombardia preromana, irrobustite poi dai Galli storici, dai Gallo-Romani e da Goti e Longobardi, popoli germanici originari, si dice, della Svezia meridionale.
Fortificazioni, armi e oggetti in bronzo e in ferro (usati anche come corredo funebre), campi di urne [6], culti solari e celesti, monili ariani e solari, allevamento di cavalli, uso del carro da guerra, cittadelle, classici toponimi in -ate e tracce della varietà linguistica del celtico parlato allora nella Lombardia insubrica centro-occidentale (leponzio), erano alcune delle principali peculiarità della celtica civiltà di Golasecca, che svolgeva, oltretutto, un importante ruolo di mediazione culturale e commerciale fra i Celti continentali e il mondo mediterraneo, specie etrusco.
Le migrazioni ariane in Padania andarono dalla media Età del bronzo (metà del II millennio a.e.v.) al V-IV secolo a.e.v. (Età del ferro, iniziata nel I millennio avanti era volgare). E proprio in questo periodo irruppero i Galli storici.
Le invasioni storiche dei Galli continentali resero di fatto Gallia Cisalpina il territorio compreso tra la fascia alpina meridionale e l’Appennino settentrionale e tra le Alpi Occidentali e Orientali, soprattutto la cosiddetta Gallia Transpadana (rispetto a Roma [7]), che andava dal Piemonte al fiume Oglio e dallo spartiacque alpino al fiume Po.
Le ondate galliche portarono i Biturigi del mitico Belloveso alla fondazione di Milano [8], la nostra capitale, e occuparono lo spazio geografico che già fu dei golasecchiani; i Cenomani del, parimenti, leggendario Elitovio fondarono Brescia e occuparono il suo contado e quello di Cremona, Mantova, Trento (?) e Verona; i Boi si stanziarono in Emilia, ma anche nel Lodigiano, e liquidarono gli Etruschi (un impasto mediterraneo-villanoviano, preindoeuropeo-indoeuropeo, con una tarda fase culturale orientalizzante), che precedentemente erano arrivati a lambire la Bassa lombarda transpadana, sfruttandola più che altro per motivi commerciali (vedi il famoso emporio mantovano del Forcello).
I Galli trovarono una realtà transpadana occidentale già in parte celtizzata, instaurando un continuum etnico che sarebbe poi quello leponzio-gallico continentale che ha fatto da sostrato linguistico ai dialetti gallo-italici.
Prima che i Romani conquistassero gradualmente la Lombardia, annettendola all’organismo italico, i Galli cisalpini suddivisi in tribù celtizzarono il territorio – continuando l’opera dei proto-celtici predecessori – da un punto di vista culturale e razziale, trovandosi a loro agio tra alture, colline, pianure, in riva ai nostri laghi di origine glaciale e in mezzo alla sterminata foresta planiziale di farnie, carpini e frassini che ricopriva la Pianura Padana.
Il Celta, come si sa, amava immergersi nella continentale natura circostante, una caratteristica che comunque ritorna nella tipica religiosità indoeuropea, fondata com’è sul sangue della stirpe e il suolo della patria.
La toponomastica lombarda divenne fortemente gallica [9]; il carattere celtico della lingua indigena si rafforzò; sorsero sempre più abitati fortificati posti in collina (i famosi “duni”); inumazione e incinerazione dei cadaveri, a seconda della tribù gallica, caratterizzarono i riti funebri della popolazione; la costruzione di santuari e la dedicazione di boschi sacri costellò le contrade padano-alpine; la produzione di manufatti celtici, stavolta soprattutto in ferro (armi in particolar modo), accompagnò la Cisalpina sino alla piena romanizzazione. L’Età del ferro è l’epoca celtica per antonomasia, nella Grande Lombardia.
La schiatta gallica, composta – soprattutto a livello elitario – da nordidi del tipo Keltic, biondi, fulvi, castani, con occhi verdi o azzurri, con lunghi mustacchi e lunghi capelli, alti e robusti, bellicosi e pervasi dal furore, nordicizzò la Lombardia, contribuendo, assieme ai popoli germanici, al concreto apporto nordeuropeo che contraddistingue l’identità della terra fra Alpi e Po, con l’appendice cispadana.
In termini antropologici, però, la Lombardia si basa primariamente sull’elemento alpino e atlanto-mediterraneo, con un importante contributo dinarico che si irrobustisce procedendo verso est; il dato alpino viene erroneamente definito “celtico” perché assai diffuso nelle Gallie e nell’Europa centrale, dove la civiltà celtica/gallica si sviluppò grazie a Hallstatt e La Tène, per poi irradiarsi in buona parte dell’Europa.
L’identità della Lombardia, specie occidentale, è fortemente celtica, e affonda le radici nel periodo di Canegrate, mille anni prima della calata dei Galli di Cesare, fiorendo durante il golasecchiano ed esplodendo grazie all’apporto dei transalpini. Ma merita considerazione anche il sostrato ligure, anariano e ariano, e quello reto-etrusco su Alpi e pianura. Non abbiamo trattato del contesto venetico, essendoci concentrati sulla Lombardia etnica segnatamente insubrico-orobica, ma risulta evidente, a partire dal dato archeologico, che la presenza celtica abbia interessato eziandio l’area della Grande Lombardia orientale.
Note
[1] La Padania nasce dalla collisione fra la parte settentrionale della massa africana distaccatasi, la zolla adriatica, e la massa eurasiatica. Dire, dunque, che il nostro territorio è figlio tout court della placca africana è una sciocchezza pressapochistica.
[2] Nel genoma siciliano è stato tuttavia individuato un lascito nordafricano medievale.
[3] Questa è la lettura tradizionale, alla Gimbutas, della cosiddetta Old Europe. Oggi la posizione degli archeologi è decisamente più sfumata.
[4] Termini come ‘ligure’, ‘alpino’, o anche ‘mediterraneo’, nel contesto archeologico tradizionale, indicano il sostrato indigeno, anariano, delle nostre terre.
[5] Altri popoli antichi associati al golasecchiano, secondo l’archeologo Raffaele De Marinis – ai cui scritti rimando -, sono Levi, Marici, Libui o Lebeci, Vertamocori, Agones.
[6] Urnfield, nel mondo anglosassone, indica il peculiare rito funerario del mondo indoeuropeo, l’incinerazione, che si ricollega a precisi schemi e modelli della spiritualità ariana, come il culto del fuoco, della purificazione e degli antenati, e la liberazione dell’anima dalla “prigione” del corpo.
[7] Se adottassimo il criterio “milanese” la Cispadana sarebbe la Transpadana romana, e viceversa.
[8] In realtà , è più probabile che la fondazione di Mediolanum sia avvenuta in epoca golasecchiana; la vicenda dei Galli Insubri va così a sovrapporsi a quella degli Insubri golasecchiani, stando ad un’omonimia non certo singolare, vista la comune appartenenza etnica al mondo celtico.
[9] Tipici suffissi gallici come -aco, -ago, -uno, -uco, -ugo accompagnarono la penetrazione dei conquistatori, prosperando anche in epoca gallo-romana e medievale.



