A proposito di craniometria (e di “Zanzara”)

Pól

Nel giugno del 2015 ricevetti la prima telefonata (ne seguiranno altre 4 fra 2019 e 2023, tutte quante reperibili su YouTube) da quei due guitti de La Zanzara (nota trasmissione radiofonica demenziale in onda su Radio24), Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Avrei potuto benissimo sbattergli il telefono in faccia – pur non conoscendo bene il programma, all’epoca – ma la tentazione propagandistica è sempre troppo forte. E credo sia giusto affrontare il dibattito, anche a costo di venir irriso da minus habentes come quelli (il che, comunque, è un’attestazione di stima involontaria, visti i soggetti).

La loro chiamata era dovuta alla curiosità suscitata dalla craniometria, un interesse che coltivo da anni in qualità di amatore, nel più ampio contesto dell’antropogenetica, ma che nella testa di personaggi del genere (o dell’itaglione medio) sembra qualcosa di lombrosiano o nazista. Oltretutto, chissà come si procurò il mio numero, il duo romano-ebraico…

Cari amici, che cos’è la craniometria, scusate? Non è altro che una diramazione della più vasta branca antropometrica, una disciplina scientifica che tratta delle misurazioni del corpo umano (del cranio e dello scheletro, soprattutto) per scopi archeologici e antropologici, perno dell’antropologia fisica (o razziologia, ma tale termine so che provoca forte prurito nei benpensanti).

La craniometria, misurazione del cranio, si ricollega alla craniologia, vale a dire allo studio del cranio umano ai fini antropologici ed etno-razziologici. Tutto ciò, tengo a precisare, con Lombroso e la sua frenologia (o la fisiognomica) non ha nulla a che vedere. La craniometria è scienza, la frenologia è astrologia. Chiaro il concetto?

Ormai dovrebbe esser chiara – a chi frequenta i lidi sizziani – la preminenza delle misure cranio-facciali e corporee per gli scopi della tassonomia razziale, poiché la pigmentazione è un dato secondario e non è il principale discrimine tra razze umane, soprattutto tra sottorazze e varietà fenotipiche di una stessa razza.

Detto questo, non è che il sottoscritto sia un antropologo o uno scienziato, ma ha una passione per l’antropologia fisica (così come per la genetica delle popolazioni, pur non essendo un genetista), e dunque per l’approfondimento delle conoscenze riguardo la biodiversità razziale umana.

Ovviamente è uno studio da integrare, per forza di cose, con la suddetta genetica delle popolazioni ma che, evidentemente, agli occhi di gente come Cruciani o Parenzo suona poco più che una barzelletta. Beata ignoranza: costoro volevano far fare la figura dello scemo al sottoscritto ma, irridendo anche solo il concetto di ‘aplogruppo’, si sono tirati la classica zappa sui piedi. Chiunque può cercare informazioni su quanto sto dicendo ora (e che ho sempre detto più e più volte sui vari blog) e può così verificare se sia io ad essere “da ambulanza” (cit. Cruciani) o loro da asilo infantile. Io sono solo un appassionato, ma genetisti del calibro di Cavalli-Sforza, Piazza, Barbujani, Boattini, Francalacci, Cruciani (omonimo del conduttore), Boncinelli, Sazzini, Caramelli, Raveane, Sarno ecc., solo per rimanere sugli italofoni, non credo meritino di vedere sputacchiato il proprio campo scientifico d’indagine da due saltimbanchi.

La realtà “italiana”, fra le altre cose, è una delle più studiate al mondo, in fatto di genetica, per via della sua ben nota diversità etnica che le dà un aspetto alquanto eterogeneo, così peculiare da non avere eguali in Europa. E non solo in senso nord-sud ma anche ovest-est, per non parlare del caso sardo e delle varie minoranze.

Per carità, la trasmissione radiofonica incriminata, La Zanzara, è un tripudio di cattivo gusto e cialtroneria dove uno come Parenzo fa la parte del… leone, ma ogni occasione è buona per parlare di antropologia e amore per le proprie radici, con relativo studio approfondito in campo sia fisico che genetico.

Quanto dai due mandato in onda è stato il consueto taglia&cuci (l’intervista è durata 5-6 minuti, in cui ho parlato di svariate questioni) ma, francamente, ribadisco che la figura degli imbecilli l’hanno fatta Cruciani e Parenzo. Io mi sono limitato, senza sbottare per cadere nei loro tranelli e far la figura dell’idiota fanatico, a parlare brevemente di craniometria/craniologia e genetica, argomenti che come sapete ho affrontato con dovizia sui miei spazi virtuali precedenti, e che continuo a fare su Lombarditas.

La misurazione del cranio è assai ricorrente presso archeologi, paleontologi, anatomopatologi, medici forensi, ricercatori antropologici e fino a che non è stato un reato (per gli antirazzisti) parlare liberamente di razze e loro studio antropologico e fisico, a livello accademico, fior fior di autori se ne sono avvalsi per spiegare al meglio la differenziazione tra gruppi razziali umani (per citarne qualcuno ricordiamo Broca, Boas, Ripley, Lapouge, Deniker, Sergi, Livi, Biasutti, von Eickstedt, Hooton, Coon, Günther, Lundman, Baker, Schwidetzky, Knussmann). Tra l’altro, va detto che l’antropologia fisica è una disciplina scientifica e si studia nelle università (a Bologna e Ferrara, ad esempio), e a questo proposito va fatto il nome dell’accademico fiorentino Brunetto Chiarelli, tuttora in vita.

Pure Cavalli-Sforza si avvaleva di studi antropometrici ed antroposcopici parlando di genetica delle popolazioni (citando lavori contemporanei), proprio perché non siamo tutti uguali, e sensibili differenze fisiche intercorrono tra le principali razze umane e relativi sottogruppi. Questi studi sul corpo umano in senso etno-razziale corroborano poi, ovviamente, la genetica delle popolazioni, che mostra anch’essa la biodiversità tra etnie e razze.

Peraltro, se teniamo conto di antropologia fisica e genetica, più che di sottorazza, oggi come oggi, conviene parlare di fenotipi, e la craniometria di cui tratto io (le misurazioni, le tassonomie, l’inquadramento etnico e geografico) non è altro che questo. Le sottorazze vere e proprie, infatti, riguardano le suddivisioni geografiche della razza caucasoide e delle altre, caratterizzate dai vari tipi fisici regionali.

Sulla rete c’era un interessante calcolatore per caucasoidi (Racial analysis calculator) messo a punto da Dienekes Pontikos, personaggio greco noto anche per lo studio della genetica delle popolazioni (vedi il Dodecad Project); una versione pensata per i maschi e una per le femmine. In mancanza di craniometri, e di altri strumenti professionali, era un valido supporto per avere una classificazione indicativa circa il proprio fenotipo, basandosi sui punti craniometrici.

Non essendo più online appare superfluo parlarne, ma la misurazione andava effettuata correttamente, utilizzando strumenti come calibro, morsa, riga rigida, bindella, compasso, squadra metallica e il responso prodotto andava messo in relazione con il supplemento fotografico dell’opera fondamentale di Coon The Races of Europe, che potete ancor oggi trovare qui. Il sito in oggetto, sebbene di taglio nordicista, è una fonte assai preziosa di informazioni, e potete reperirvi tantissimo materiale interessante, tra cui un utilissimo glossario, tavole, mappe e la bibliografia del caso.

Un altro sito alquanto degno di nota è Human Phenotypes, frutto dell’eccellente lavoro di un utente tedesco un tempo presente sull’antro-forum The Apricity (che, tra le altre cose, mi classificò come “southern Celt“, ossia Atlanto-Mediterranid + North Atlantid, da intendersi come il Keltic Nordid di Coon).

Una precisazione: il sottoscritto è noto per saper classificare, fenotipicamente, un individuo partendo anche solo da poche fotografie (basate sulle classiche tavole craniologiche: visione frontale, di tre quarti, laterale); è evidente che la mia classificazione non potrà che essere indicativa, per quanto basata sulla cultura fenotipica, perché la craniometria vera e propria necessita, ovviamente, di valori numerici.

Con il calcolatore razziale di cui sopra ho misurato me stesso e pochi altri individui, ma come capirete, o saprete, chiunque poteva misurarsi e misurare per avere un responso di massima circa la propria natura sub-subrazziale. Ovviamente, alle misurazioni va unita l’osservazione antroposcopica (e la conoscenza, dunque, dei raggruppamenti razziali umani) e la già citata genetica delle popolazioni.

A questo proposito vi inviterei a farvi un bel test dell’ADN, che reputo soldi ben spesi se una persona ha a cuore l’approfondimento del proprio lignaggio. Ai tempi (2013), io e il mio “giro” lombardista ci testammo con 23andMe, ottimo ed economicamente abbordabile per avere una prima infarinatura, circa il proprio genoma. Stesso discorso per Living DNA e MyHeritage. Come ulteriore approfondimento, per chi volesse, ci sono anche AncestryDNA, FTDNA e Full Genomes, per citare qualche test.

Studiare, anche solo per passione, le razze umane è semplicemente amore per le proprie radici e per la biodiversità, e non è nulla di sbagliato, di criminale, di razzista o di folle, con buona pace di chi irride, con arrogante ignoranza, le discipline – scientifiche – che si occupano della questione.

Ma forse è giusto così, poiché il disprezzo di chi è parte integrante del sistema segna la via da non seguire per finire dritti dritti nelle fauci dell’omologazione, che è poi eradicazione e distruzione della propria identità e del proprio retaggio, anche biologici, non solo culturali. Chi ha invece due dita di cervello e del buonsenso, si tolga le fette di salame oscurantiste dagli occhi e si lasci avvincere dalla razziologia. Conoscere se stessi e la propria stirpe, ma anche quelle altrui (partendo dall’Europa), è una marcia in più, non una in meno, soprattutto in questi tempi di relativismo distruttore e di gioventù dal cranio vuoto infarcito di spazzatura americana.

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